lunedì 5 luglio 2021

Amiamo il bello con semplicità.

 


Amiamo la delicatezza e la cortesia

 

La semplicità  si associa alla bellezza e all’onestà

Nel logos epitafios il  Pericle di Tucidide dice:"filokalou'mevn te ga;r met j eujteleiva" kai; filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) in effetti amiamo il bello con semplicità e amiamo la cultura senza mollezza.  

 

Più avanti Tucidide indica la semplicità come il nutrimento di quell'anima nobile che venne negata dalle guerre civili: a causa di queste ("dia; ta;" stavsei""), fu sancito ogni genere di malizia nel mondo greco e sparì, derisa, la semplicità cui di solito la nobiltà partecipa:"kai; to; eu[hqe", ou| to; gennai'on plei'ston metevcei, katagelasqe;n hjfanivsqh" (III, 83, 1).

In questo contesto la semplicità è “bontà di carattere, bontà d’animo” (eu\ h\qo~).

 

La eujtevleia della citazione precedente è  frugalità, parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\, tevloς) per le cose necessarie, è la bellezza preferita dai veri signori, quelli antichi, e incompresa dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti costosi.

Augusto  dava un esempio di frugalità mangiando secundarium panem et pisciculos minutos et caseum bubulum manu pressum et ficos virides ( Svetonio, Augusti Vita, 76), pane ordinario, pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi.

 Giorgio Bocca commentò tale abitudine dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una tendenza da ultimi giorni di Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il caso di rivolgersi, più che agli uomini di buona volontà, a quelli di buon gusto, forse è il caso di tornare a scrivere sulle buone maniere, sulla buona educazione, sui buoni costumi. L’Augusto più ammirevole è quello che nel Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero padrone del mondo”  G. Bocca, Contro il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, "Il venerdì di Repubblica", 27 giugno 2008, p. 11

Senza risalire a tempo di Augusto, penso alla mia infanzia e alla mia adolescenza, quando, per apprendere e capire,  ascoltavo con avidità, alla radio, o anche andando  a vederli nella piazza del Popolo di Pesaro, i politici di razza di quell'era lontana, quali  Togliatti e De Gasperi. Imparavo da loro in termini di idee, di parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi, rappresentante dell'Italia vinta: " "Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me". Pensate ora alla "personale cortesia" di un Matteo Salvini.

 

 

Nelle Fenicie di Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la giustizia e con la verità:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva" e[fu,-kouj poikivlwn dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di rimedi artificiosi:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

 

Seneca cita questo verso traducendolo così: “ut ait ille tragicus ‘veritatis simplex oratio est’, ideoque illam implicari non oportet” (Ep. 49, 12), come dice quel famoso poeta tragico “il linguaggio della verità è semplice”, e perciò non deve essere complicata.

 Degna di nota questa considerazioni di Aristotele sul linguaggio poetico: "Levxew~ de; ajreth; safh' kai; mh; tapeinh;n ei\nai” (Aristotele, poetica, 1458a, 18 ),   pregio del linguaggio  è essere chiaro e non pedestre.

 

giovanni ghiselli

 

 

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