Polina Oshmyanskaya, autoritratto |
Premetto che da otto anni ho una relazione con un’ebrea.
La più lunga,
seria e duratura della mia vita.
Ma capisco gli
antisemiti. Capisco che il loro odio per gli Ebrei è una forma di
rifiuto della cultura ebraica, se non anche della cultura tout
court. Gli Ebrei sono un popolo sacerdotale e libresco, che ha la
coscienza formata in buona parte sullo studio di testi sacri. Chi non
ha idea di che cosa significhi leggere, ricordare, pensare, chi si
diletta di circenses e coca cola non considera sani quelli che
hanno l’abitudine di studiare.
Gli Ebrei hanno
inventato il monoteismo padre del cristianesimo e, con Carlo Marx, il
comunismo, due filosofie troppo esigenti per chi vive in balia delle
mode, della propaganda e della pubblicità disordinatamente e a
casaccio.
Freud, per
togliere agli Ebrei la reputazione di inventori del duro monoteismo,
l’ha attribuita a un Mosé egiziano, seguace del faraone eretico,
adoratore del Sole.
“Si trattava
di un rigoroso monoteismo, il primo tentativo del genere nella storia
mondiale, per quanto ne possiamo sapere; e con la fede in un unico
dio nacque inevitabilmente l’intolleranza religiosa, sconosciuta
all’antichità prima di allora e per molto tempo dopo.
Ma il regno di Amenofi durò solo diciassette anni; subito dopo la
sua morte, avvenuta nel 1358, la nuova religione fu spazzata via, e
la memoria del re eretico proscritta…Vorrei adesso arrischiare una
conclusione: se Mosè fu Egizio e se egli trasmise agli Ebrei la
propria religione, questa fu la religione di Ekhanatòn, la religione
di Atòn”1.
Gli Ebrei,
avvertendo per primi questa loro diversità, non si sono mai
assimilati del tutto agli altri popoli.
Leggo che un
professore di liceo di Sanremo è accusato di antisemitismo.
Non so come lo
manifesti, ma so che non sono pochi quanti credono che i mali
dell’Europa siano l’effetto di una congiura giudaica sul tipo di
quella immaginata dal falso Protocollo dei savi anziani di Sion.
Hitler, il
tanghero sanguinario che ha incendiato l’Europa ha avuto un seguito
di altri milioni di tangheri, finché non ha perso la guerra.
Quanti sono
stati in Italia i professori che al tempo degli orrendi trionfi del
nazifascismo non hanno giurato fedeltà al regime delle leggi
razziali? Pochi assai, mi dicono.
La mia compagna
ebrea passa il tempo libero a studiare. Non va a vedere partite di
calcio. Quale movente se non un’ignoranza bestiale può spingere i
cosiddetti tifosi a insultare i giocatori neri durante una partita?
Qualche giorno
fa, mentre sostavo a un semaforo con la mia bicicletta,
una ragazzina
negra mi ha guardato e mi ha fatto: “Buuu!”.
“Brava”,
gli ho risposto, “brava, noi bianchi ce lo meritiamo!”
Il movente del
razzismo è sempre quello, l’odio per la diversità.
Vero è che
“buona parte della storia ufficiale è menzognera”, come afferma
Antonio Marcianò, il professore in questione.
Committenti
della storiografia infatti sono ogni volta i vincitori ed essa appare
come un palinsesto più volte raschiato e scritto di nuovo.
La storia è
sempre un giudizio di Dio contro chi ha perso.
Dopo la
sconfitta di Hitler, scrivere e parlare male degli Ebrei è quasi un
tabù. Eppure l’ebreo rimane inquietante nel sentimento e
nell’approccio con gli ignoranti che trovano destabilizzante la
vicinanza, il colloquio con le persone abituate a riflettere. Non
dico che gli Ebrei siano tutti degli intellettuali, altrimenti farei
del razzismo, se pur paradossale, a mia volta, ma certamente esistono
tratti tipici o caratteristici di ciascun popolo, come di ogni
individuo. Io affermo che la diffidenza nei confronti degli Ebrei,
non poche volte acutizzatasi in odio nella storia d’Europa, deriva
dalla loro quidditas e differenza sostanziale dalla massa dei
cosiddetti ariani, insomma dei più qui in Italia.
Non è una mia
trovata: di una profonda diversità dei Romani dai Giudei si era
accorto Tacito alla fine del I secolo dopo Cristo, e non ne mancano
cenni in Orazio già un secolo prima.
Sentiamo dunque
lo storiografo latino che presenta il popolo ebraico, la sua cultura,
perfino il suo ambiente geografico, in modo del tutto malevolo,
prendendo , appunto, in malam partem ogni cosa che lo riguardi
.
La Giudea viene
descritta in un celebre excursus delle Historiae, come
una regione corrotta abitata da gente corrotta: “Moyses quo sibi
in posterum gentem firmaret, novos ritus contrariosque ceteris
mortalibus indidit. Profana illic omnia quae apud nos sacra, rursum
concessa apud illos quae nobis incesta” (Historiae, V,
4), Mosè, per tenere legato a sé il popolo nell’avvenire,
introdusse riti inauditi e contrastanti con quelli degli altri
mortali. Empio è là tutto quanto da noi è sacro e, viceversa,
lecito tutto quanto da noi è impuro.
Tacito ricorda
alcune usanze e riti giudaici giustificati dalla loro antica
tradizione, come il panis Iudaicus nullo fermento, il pane
azzimo, il riposo del settimo giorno e del settimo anno, dedicato
alla pigrizia (ignaviae datum). Già questa parte non è priva
di malevolenza.
Quindi lo
storiografo rincara la dose e aggiunge: “cetera instituta,
sinistra, foeda, pravitate valuere” (V, 5), altre costumanze,
sinistre, ripugnanti, si affermarono per la depravazione. I Giudei
sarebbero solidali tra loro, sed adversus omnis alios ostile
odium, ma nutrirebbero un odio da popolo nemico nei confronti di
tutti gli altri. Per distinguersi da gli altri popoli e riconoscersi
tra loro, si circoncidono.
Nel testo non
mancano le contraddizioni, come sempre quando si hanno pregiudizi e
si fa propaganda.
Questo popolo,
oltre a disprezzare gli dèi, non ama la patria, né i genitori, né
i figli, né i fratelli. Tuttavia, per accrescere il proprio numero,
i genitori non sopprimono la prole. In conclusione di capitolo,
Tacito respinge l’analogia che si è voluta trovare tra Libero,
latore della religione dionisiaca e alcuni aspetti della cultura
giudaica: “Quippe Liber festos laetosque ritus posuit, Iudaerom
mos absurdus sordidusque” (Historiae, V, 5), Libero
infatti ha istituito riti festosi e lieti, mentre il costume dei
Giudei è assurdo e squallido.
La stessa terra di
questa gente presenta aspetti sinistri: il Mar Morto e il territorio
circostante sembra corrispondere al carattere malsano e degenerato di
questo popolo. Tacito descrive un lago grande quanto un mare ma
sapore corruptior (Historiae, V, 6), molto
guasto al sapore, e portatore di peste agli abitanti con la
pesantezza del cattivo odore. Non c’è vita in quel sudiciume quasi
solido dove le cose gettate non vanno a fondo, e nemmeno gli uomini,
anche se non sanno nuotare: periti imperitique nandi perinde
attolluntur. Vicino a quest’acqua orrenda ci sono campi ora
desolati, ma una volta popolosi con grandi città che si dice,
fulminum ictu arsisse (V, 7), bruciarono colpite dal fulmine.
Un fulmine che,
secondo la storia sacra degli Ebrei, colpì l’ingiustizia.
Nella Genesi
(19, 24) si legge di due città bruciate dall’ira divina poiché
nemmeno dieci giusti vi si trovavano: “ Il signore fece piovere dal
cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco”. Gli abitanti di
Sodoma volevano abusare dei due angeli ospiti di Lot. Una storia che
ha avuto larga risonanza nella letteratura europea.
Proust
premette queste parole al IV volume della sua Ricerca:
“ Prima apparizione degli uomini-donne, discendenti da quegli
abitanti di Sodoma che furono risparmiati dal fuoco celeste”2.
Di queste città
distrutte ictu fulminum resta qualche traccia ma la terra
stessa, dall’aspetto bruciato, ha perduto la forza di produrre
frutti: “terramque ipsam, specie torridam, vim frugiferam
perdidisse” (Historiae, V, 7).
Tutto quello che
viene alla luce spontaneamente (cuncta sponte edita) o è
seminato (manu sata), divenuto nero e vuoto, svanisce come in
cenere (atra et inania velut in cinerem vanescunt).
Il fuoco celeste
(ignis calestis), commenta Tacito, può esserci anche stato,
ma è a causa del cielo e del suolo ugualmente guasti che
imputridiscono i frutti delle messi e dell’autunno: “eoque
fetus segetum et autumni putrescere reor, solo caeloque iuxta gravi
”.
Il determinismo
geografico presente nella letteratura antica trova delle
corrispondenze tra il clima, il suolo e le forme dell’esperienza
umana.
Tanta malevolenza
non può che derivare dalla constatazione della diversità e
stranezza della cultura di questa gente.
Tacito procede
facendo la storia dei Giudei e aggiungendo altre maledizioni: sotto
gli Assiri, i Medi e i Persiani furono despectissima
pars servientium
(V, 8), i più disprezzati tra gli assoggettati; quindi, dopo
Alessandro Magno, il re Antioco3
tentò di sradicarne4
il fanatismo et
mores Graecorum dare,
e dare loro dei costumi Greci. Ma quella taeterrima
gens,
quella razza davvero ripugnante, non poté essere emendata a causa
della guerra dei Parti. In seguito i Giudei si diedero dei re che si
dedicarono a distruzioni di città, stragi di fratelli, spose,
genitori mentre favorivano la superstizione. Le Storie
di Tacito proseguono con la sottomissione dei Giudei da parte di
Pompeo (63 a. C.). Segue la rivolta sotto Vespasiano e la repressione
operata dai Flavi.
Il racconto si
interrompe con l’assedio di Tito a Gerusalemme che poi si concluse
con centinaia di migliaia di Ebrei uccisi. Tacito però fa in tempo a
ricordare che il popolo giudaico, gens superstitioni obnoxia,
religionibus adversa (V, 13), soggetta alla superstizione,
contraria alla religione, considera empio scongiurare i prodigi con
sacrifici e preghiere (neque hostiis neque votis piare fas
habet).
C’è un
rovesciamento fazioso, malevolo nei confronti degli Ebrei, dei
termini religio e superstitio.
Concludo: è la
forte cultura di questo popolo che suscita
tanta incomprensione e tanto odio. Si tratta infatti di una gens
restia a farsi assimilare, incapace di
"tener l'occhio fisso ai calzari dei Romani che sono al di sopra
del capo", come consiglia Plutarco ai Greci5.
Dedico questo pezzo alla mia compagna Polina, ebrea
ottima e tipica, degna di amore , stima e assoluto rispetto.
Giovanni Ghiselli
-------------------------------------------------
1
S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, ,
secondo saggio (del 1937) p. 353.
2
Sodoma e Gomorra, p. 5.
3
IV Epifane, 175-163 a. C.
4
Con violenza e distruzioni sulle quali Tacito sorvola.
5
Consigli politici, 813E
Nessun commento:
Posta un commento