NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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domenica 14 giugno 2015

"Medea" di Seneca, versi tradotti da Giovanni Ghiselli

George Romney, Lady Hamilton as Medea
Versi tradotti da Giovanni Ghiselli che verranno recitati nel convegno di Siracusa la sera del 19 giugno sulle tragedie Ifigenia in Aulide di Euripide e Medea di Seneca rappresentate nel teatro greco le sere precedenti

Traduzione dalla Medea di Seneca vv. 116-167


Medea
Siamo finiti. Il canto nuziale ha colpito le mie orecchie.
A stento io, tuttora a stento, credo a un male tanto grande.
Questo ha potuto fare Giasone, dopo avermi sottratto il padre,
la patria e il regno: lasciarmi sola in terra
straniera, spietatamente? Ha disprezzato i miei meriti 120
lui che aveva visto le fiamme e il mare vinte da me con il delitto? 
Crede davvero che ogni crimine sia stato impiegato?
Furente, dissennata vengo trascinata da tutte le parti
 con mente indecisa; da  dove posso trarre vendetta?
Magari avesse un fratello! Ha una moglie: contro costei 125
si scagli il ferro. Questo basta per i miei mali?
Se qualche scelleratezza conoscono le città greche, 
o le barbare, che le tue mani ignorano,
ora questo abominio va preparato. I tuoi delitti devono istigarti
e che tornino tutti insieme: l’onore illustre del regno 130
rapito, il piccolo compagno della vergine empia
fatto a pezzi dalla spada, lo scempio gettato in faccia al padre,
il cadavere sparso a pezzi nel mare e le membra del vecchio 
Pelia cotte nella caldaia di bronzo. Quante volte 
ho sparso empiamente sangue di morte, e nessun delitto 135
ho compiuto con ira: adesso infuria l’amore infelice.
Che cosa però avrebbe potuto fare Giasone, divenuto soggetto
al potere arbitrario di un altro? Avrebbe dovuto offrire il petto
incontro al ferro. Meglio, ah parla meglio, dolore
Che infuri. Se può, viva Giasone, mio 140
come è stato; se no, viva lo stesso,
e ricordandosi di noi, abbia riguardo del dono mio. 
La colpa è tutta di Creonte che con potere tirannico
scioglie i matrimoni, lui che strappa la madre 
ai figli e  spezza un patto di fedeltà legato da stretto 145
impegno: sia preso di mira lui, solo lui paghi le pene
che deve. Ridurrò il palazzo a un alto mucchio di cenere;
vedrà il fosco vortice portato dalle fiamme
il capo Malea che impone alle navi fuorviate lunghi  ritardi.

Nutrice
Taci, ti prego, e i lamenti affidali di nascosto 150
Al dolore segreto. Chi ha sopportato gravi ferite 
 in silenzio e con animo paziente,
ha potuto contraccambiarle: nuoce l’ira che si nasconde;
gli odi dichiarati perdono l’occasione della vendetta.

Medea
Leggero è il dolore che può fare progetti 155
e dissimularsi: i grandi mali non restano nascosti.
Mi va di andare contro.

Nutrice
Ferma l’assalto furibondo,
figlia, a stento ti difende la calma silenziosa.

Medea
La fortuna teme i coraggiosi, calpesta i codardi.

Nutrice
La capacità va messa alla prova se afferra l’occasione. 160

Medea 
Non può mai non esserci occasione per la capacità.

Nutrice
Nessuna speranza concreta  mostra la via agli abbattuti.

Medea 
Chi non può sperare in nulla, di nulla disperi.

Nutrice
Sono passati i Colchi,  la lealtà del marito non esiste,
e niente ti rimane di tanti mezzi 165

Medea
Rimane Medea: qui vedi mare e terre
ferro e fuochi e dèi e fulmini 167



trad. giovanni ghiselli

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