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martedì 1 maggio 2018

La Commedia antica. Aristofane: "I Cavalieri". Parte 2




Droysen dà il via a una rivalutazione del demagogo ateniese tanto infamato da Tucidide e da Aristofane: “Si può dire quel che si vuole del carattere di Cleone, ma in ogni modo egli era l’anima del sistema democratico ateniese in quel periodo…Frattanto le eterie dovevano impegnarsi non poco nelle trattative allacciate con Sparta; un accenno contenuto nelle Vespe ci fa capire che in quei circoli si pensava seriamente già allora di limitare la democrazia…Cleone appariva il vero difensore contro tali intrighi; ecco perché il coro delle Vespe lo chiama subito in sua difesa, non appena crede di fiutare qualche congiura”[1].
Tucidide tende a infamarlo
Tucidide presenta il demagogo dicendo che era il più violento dei cittadini ("biaiovtato" tw'n politw'n", III, 36, 6) e quello più capace di persuadere ("piqanwvtato"") la massa.
Mitilene nel 327 si ribellò, la rivolta venne repressa e, dopo la resa, Cleone propone di uccidere tutti i Mitilenesi e gli Ateniesi in un primo momento lo approvano. Poi Diodoto li persuase a punire solo i colpevoli: così i sostenitori di Atene sarebbero stati incoraggiati. Il partito di Diodoto vinse:"ejkravthse de; hJ tou' Diodovtou" (III, 49, 1) e Mitilene scampò alla distruzione. Comunque un poco più di mille ("ojlivgw/ pleivou" cilivwn", III, 50, 1) ribelli furono uccisi, le mura di Mitilene vennero abbattute, le navi portate via e il territorio dell'isola (tranne quello di Metimna) diviso in lotti per i cleruchi ateniesi.
Torniamo ai Cavalieri. I due servi non sanno come fare. Il servo II propone il suicidio bevendo sangue di toro (ai\ma tauvreion piei'n, 83, come fece Temistocle (Plutarco, Vita, 31, 6 e Cicerone Brutus 43). Il toro del resto è un animale collegato al culto dionisiaco
nelle Rane, Aristofane renderà omaggio al collega già morto chiamandolo:"Cratino il divoratore del toro"(Taurofavgo" v. 357), per esaltare la sua vocazione dionisiaca con un epiteto che veniva attribuito allo stesso Dioniso.
Il toro è l’animale da sacrificare: (cfr. Virgilio, Georgiche, II,146-147:"et maxima taurus/victima).
Nell’ Edipo re prefigura la fine del re di Tebe:"Infatti va e viene sotto foresta/selvaggia e su per le grotte, proprio/il toro delle rupi/inutile con inutile piede bandito in solitudine/cercando di allontanare i vaticini/dell'ombelico della terra; ma questi sempre/vivi gli volano addosso (Edipo re, 477-482)
Qui il toro del sacrificio potrebbe essere Cleone-Paflagone
Il servo I invece suggerisce un altro elemento del culto dionisiaco: il vino.
"Il sesso, l'alcool, il sangue. I tre momenti dionisiaci della vita umana: non si sfugge, o l'uno o l'altro"[2].

Il vino, dice servo I (Demostene), stimola l’inventiva e spinge all’azione.
Chiede al compare un boccale di vino per annaffiare il cervello e dire qualcosa di intelligente to;n nou'n i{n j a[rdw kai; levgw ti dexiovn (96)
Il servo II non sa cosa possa combinare l’altro con il vino
Il portiere del castello di Macbeth, una specie di portiere dell'inferno come ipotizza di essere con ironia sofoclea[3], disquisisce, intorno agli effetti del bere sulla libidine: la provoca e la sprovoca; provoca il desiderio ma ne porta via l'esecuzione. "Therefore, much drink may be said to be an equivocator with lechery", perciò bere molto si può denominare colui che rende equivoca la lascivia: la crea e la distrugge; la spinge innanzi e la tira indietro; la persuade e la scoraggia; "makes him stand to, and not stand to", la mette in piedi e non la tiene su, insomma la equivoca col sonno e dandole una smentita la pianta (II, 3).
Il servo II torna con il vino e dice che ha rubato il vino senza essere visto: Paflagone dorme uptio" mequvwn, supino, ubriaci e russa (rjevgkei, 104), steso sulle pelli.
I due bevono alla salute del buon genio ajgaqou' daivmono" (106)
Il servo manda il II a rubare gli oracoli di Paflagone
Nicia va e torna con gli oracoli. Paflagone russava come prima e per giunta scorreggiava sicché non se ne è accorto.
L’oracolo elenca i demagoghi: dopo la morte di Pericle (429) prima uno stuppeiopwvlh", un mercante di corde (Eucrate) governava la città, poi un probatopwvlh" (132), un mercante di pecore. E sono due mercanti fa Nicia. Poi il terzo, più schifoso del secondo, bdelurwvtero" (134), bursopwvlh" oJ Paflagwvn, a{rpax, un rapace che strilla kekravkth" con la voce del Cicloboro (137)

La commedia i Cavalieri di Aristofane completa l’opera riducendo Cleone a “una caricatura “ripugnante”[4]
Cicerone nel Brutus scrive: “Cleonem etiam temporibus illis turbulentum illum quidem civem, sed tamen eloquentem constat fuisse” (28), si sa che in quei tempi visse anche Cleone, uomo politici certo sedizioso[5] ma eloquente.
Ma ce n’è un altro mercante (pwvlh"), uno che esercita un mestiere straordinario, un ajllantopwvlh~ (143) -ajlla`~ -a`nto~ oj salsiccia. Questo mercante farà fuori Paflagone.
Proprio in quel momento, forse per destino, compare un salsicciaio
Servo I lo chisms_________________________________________________________________________________________________________________ swth;r salvatore della città e di loro due (148) _______________________________________________________________________________________________________________________________


FINE



[1] Op. cit., p. 140.
[2] C. Pavese, Il mestiere di vivere, 2 luglio 1945.
[3] Egli esordisce dicendo: questo si chiama bussare per davvero! Se un uomo fosse portiere dell'inferno (if a man were porter of hell-gate) avrebbe l'abitudine antica di girare la chiave (II, 3). Non "possiamo fare a meno di sentire che nel far finta di essere il portiere dell'inferno egli è terribilmente vicino alla verità" (Bradley, op. cit., p. 424).
[4] Droysen, Op. cit., p. 177.
[5] Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane Cleone-Paflagone è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola-fango; egli si comporta come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il fango,: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città, gli fa il salsicciaio.

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