L'incontro tra Odisseo e Nausicaa, favorito da Atena |
Nel
VI canto dell'Odissea Ulisse augura a
Nausicaa quello che secondo lui è il bene più grande che le possa capitare.
Versi
180-185 in greco
soˆ d qeoˆ tÒsa do‹en, Ósa fresˆ sÍsi menoin´j,
¥ndra te kaˆ okon, kaˆ ÐmofrosÚnhn Ñp£seian
™sql»n·
oÙ mn g¦r toà ge kre‹sson kaˆ ¥reion,
À Óq'
Ðmofronšonte no»masin okon œchton
¢n¾r ºd gun»· pÒll' ¥lgea dusmenšessi,
c£rmata d'
eÙmenštVsi· m£lista dš t' œkluon aÙto….”
Traduzione
"A
te gli dèi concedano tanto quanto tu desideri nel tuo cuore,/
181un
uomo e una famiglia e la concordia degli animi vi diano/
nobile:
infatti non c'è nulla di più forte e prezioso di questo,/182
di
quando concordi nei pensieri reggono la casa/183
l'uomo
e la donna: molto dolore per i malevoli,/ 184
e
gioie per i benevoli; ma soprattutto ne hanno buona fama loro"(vv. 180-185
).
-
181 a[ndra : ho
preferito tradurlo con "uomo" invece del tradizionale
"marito"; infatti una donna non potrebbe augurarsi un marito che non
fosse anche un uomo, e in effetti tanti mariti sono uomini apparenti.
Ecco
perché Temistocle dei due
pretendenti alla mano della figlia scelse quello che era buono a quello ricco
disse di preferire un uomo senza denaro al denaro senza uomo[1].
tîn d mnwmšnwn aÙtoà t¾n
qugatšra tÕn ™pieikÁ
toà plous…ou prokr…naj, œfh zhte‹n ¥ndra crhm£twn
deÒmenon m©llon À cr»mata ¢ndrÒj.
Similmente
la Giovanna
amata da Federigo degli Alberighi,
riconosciuta la grandezza dell'animo di quell'uomo che aveva perso tutto il suo
patrimonio per corteggiarla, volle sposarlo dicendo:"ma io voglio avanti
uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno
d'uomo"[2]. Del resto
poi lo sposo prescelto divenne pure "miglior massaio".
-181
oJmofrosuvnhn: indica
lo stesso modo di sentire e pensare che è imprescindibile per l'accordo di una
coppia; anzi, quando c'è questa condizione invidiabile, nessuna opposizione,
nessun incidente, può sciuparla o mortificarla. In questo caso l'amore non è
volgare. Non solo: tale similitudine e concordia di anime (oJmov" e frhvn) arriva
alla fusione reciproca o alla trasfusione dell'una nell'altra.
Nel
Simposio di Platone, Pausania
distingue l'amore volgare, figlio di Afrodite Pandemia, da quello celeste,
figlio di Venere Celeste appunto; ebbene l'amante volgare (oJ ejrasth;" oJ
pavndhmo"
) si innamora piuttosto del corpo che dell'anima (oJ tou' swvmato"
ma'llon hj; th'" yuch'" ejrw'n, ) e non è costante, poiché ama
una cosa che non è costante: non appena appassisce il fiore del corpo, vola via
lontano, disonorando le sue parole e le sue promesse; quello invece che si
entusiasma per un carattere nobile ne resta innamorato per tutta la vita ,
poiché si è fuso con qualche cosa di stabile ( ejrasth;" dia; bivou mevnei, a{{te monivmw/
suntakeiv" 183e).
Tiziano dipinse nel 1514 un'opera neoplatonica
che raffigura Amor sacro e amor profano in due donne, una vestita e una
quasi nuda; ebbene la Venere
volgare è quella vestita e adorna di effimeri orpelli terreni, mentre la
svestita rappresenta la
Venere Celeste : la sua nudità infatti significa la bellezza
eterna, universale, e la verità filosofica, mentre una fiamma tenuta alta nella
mano sinistra simboleggia l'amor di Dio.
Il
dipinto, a olio su tela, si trova a Roma nella Galleria Borghese.
Platone
tende alla pianura della verità iperurania, Aristotele è piuttosto volto alla
terra.
Rimanendo
sulla pittura italiana del Cinquecento, ne La scuola di Atene [3] di Raffaello, dove sono raffigurati i
maggiori filosofi dell'età classica, Platone con la mano destra indica il cielo
e Aristotele la terra.
La
trasfusione delle anime
Il passaggio dall'uno all'altro amore viene
sentito e dichiarato dal passionale Dimitri Karamazov:"questo amore mi
tortura, mi tortura!...Prima, mi facevano languire soltanto le flessuosità del
suo corpo infernale, ma adesso tutta la sua anima l'ho trasfusa nella mia, e
grazie a lei anch'io sono diventato un uomo!"[4].
Esiste una versione latina di questa
trasfusione di anime che, pur se prelude a un tradimento, e quindi, dentro il
contesto, può far pensare a una "cinica autoironia"[5] del
narratore, rievoca in endecasillabi faleci una notte d'amore, omosessuale
oltretutto, comunque con una delicatezza e una profondità degna della migliore
poesia amorosa latina:"qualis nox fuit illa, di deaeque,/quam mollis
torus. haesimus calentes/et transfudimus
hinc et hinc labellis/errantes animas.
valete, curae/mortales. ego sic perire coepi " (Satyricon, 79),
che notte fu quella, dei e dee, che morbido letto. ci stringemmo ardenti e ci
trasfondemmo con le labbra a vicenda le anime deliranti. addio, affanni
mortali. così io cominciai a morire.
Si
tratta di una mezza nottata di amore tra Encolpio e Gitone che però viene
sottratto a Encolpio da Ascilto iniuriae
inventor…oblitus iuris umani (79)
Anche
quando non si arriva alla fusione, l'accordo e l'intesa costituiscono la forza
e la coesione inscindibile della coppia.
Nell'Andria di Terenzio, Panfilo, parlando
con Miside, la serva dell'amata Glicerio, le chiede di riferire alla padrona
che non la abbandonerà mai:" conveniunt
mores. Valeant/ qui inter nos discidium
volunt: hanc nisi mors mi adĭmet nemo "(696-697), i nostri caratteri
vanno d'accordo. Vadano a farsi benedire quelli che vogliono una rottura tra
noi: questa non me la strapperà nessuno tranne la morte.
Del
resto il termine discidium , dal
verbo scindere , significa lo
spezzarsi, o il taglio (cfr. discindere, tagliare) di un filo troppo
teso in due parti i cui capi si possono riannodare; mentre il divortium
implica il volgersi altrove (divertere
) e non incontrarsi più.
Similmente
Kierkegaard afferma:" sincerità, apertura di cuore, rivelarsi,
intendendersi, ecco il principio vitale del matrimonio, senza le quali cose
esso è contrario alle regole della bellezza e, propriamente, amorale, perché
così si separa ciò che l'amore congiunge, il sensuale e lo spirituale... L'intesa, ecco dunque il principio vitale del
matrimonio"[6].
Analoga
riflessione si trova in Svevo:"Se il giovine ama la ragazza, l'affare è
certamente buono; se non l'ama, pessimo"[7].
CONTINUA
[1] Plutarco, Vita di Temistocle,
18.
[2] Boccaccio, Decameron, V, 9.
[3] Palazzi Vaticani, Stanza
"della Segnatura", 1509-1511.
[4]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov (del 1880), p. 709.
[5] M. Bettini, La letteratura
latina, 3, p. 178.
[6]Enten-Eller (Aut-Aut) , Validità estetica del matrimonio , trad. it. Adelphi, Milano, 1981,
p. 163 del Tomo Quarto.
[7] Una vita , p. 208.
Giovanna Tocco
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