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martedì 29 maggio 2018

Giovani innamorati nel Mondo antico. Parte 4

L'incontro tra Odisseo e Nausicaa, favorito da Atena


Nel VI canto dell'Odissea Ulisse augura a Nausicaa quello che secondo lui è il bene più grande che le possa capitare.

Versi 180-185 in greco
soˆ d qeoˆ tÒsa do‹en, Ósa fresˆ sÍsi menoin´j,
¥ndra te kaˆ okon, kaˆ ÐmofrosÚnhn Ñp£seian
™sql»n· oÙ mn g¦r toà ge kre‹sson kaˆ ¥reion,
À Óq' Ðmofronšonte no»masin okon œchton
¢n¾r ºd gun»· pÒll' ¥lgea dusmenšessi,
c£rmata d' eÙmenštVsi· m£lista dš t' œkluon aÙto….”

Traduzione
"A te gli dèi concedano tanto quanto tu desideri nel tuo cuore,/
181un uomo e una famiglia e la concordia degli animi vi diano/
nobile: infatti non c'è nulla di più forte e prezioso di questo,/182
di quando concordi nei pensieri reggono la casa/183
l'uomo e la donna: molto dolore per i malevoli,/ 184
e gioie per i benevoli; ma soprattutto ne hanno buona fama loro"(vv. 180-185 ).

- 181 a[ndra : ho preferito tradurlo con "uomo" invece del tradizionale "marito"; infatti una donna non potrebbe augurarsi un marito che non fosse anche un uomo, e in effetti tanti mariti sono uomini apparenti.

Ecco perché Temistocle dei due pretendenti alla mano della figlia scelse quello che era buono a quello ricco disse di preferire un uomo senza denaro al denaro senza uomo[1].
 tîn d mnwmšnwn aÙtoà t¾n qugatšra tÕn ™pieikÁ
toà plous…ou prokr…naj, œfh zhte‹n ¥ndra crhm£twn
deÒmenon m©llon À cr»mata ¢ndrÒj.

Similmente la Giovanna amata da Federigo degli Alberighi, riconosciuta la grandezza dell'animo di quell'uomo che aveva perso tutto il suo patrimonio per corteggiarla, volle sposarlo dicendo:"ma io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d'uomo"[2]. Del resto poi lo sposo prescelto divenne pure "miglior massaio".

-181 oJmofrosuvnhn: indica lo stesso modo di sentire e pensare che è imprescindibile per l'accordo di una coppia; anzi, quando c'è questa condizione invidiabile, nessuna opposizione, nessun incidente, può sciuparla o mortificarla. In questo caso l'amore non è volgare. Non solo: tale similitudine e concordia di anime (oJmov" e frhvn) arriva alla fusione reciproca o alla trasfusione dell'una nell'altra.

Nel Simposio di Platone, Pausania distingue l'amore volgare, figlio di Afrodite Pandemia, da quello celeste, figlio di Venere Celeste appunto; ebbene l'amante volgare (oJ ejrasth;" oJ pavndhmo" ) si innamora piuttosto del corpo che dell'anima (oJ tou' swvmato" ma'llon hj; th'" yuch'" ejrw'n, ) e non è costante, poiché ama una cosa che non è costante: non appena appassisce il fiore del corpo, vola via lontano, disonorando le sue parole e le sue promesse; quello invece che si entusiasma per un carattere nobile ne resta innamorato per tutta la vita , poiché si è fuso con qualche cosa di stabile ( ejrasth;" dia; bivou mevnei, a{{te monivmw/ suntakeiv" 183e).

Tiziano dipinse nel 1514 un'opera neoplatonica che raffigura Amor sacro e amor profano in due donne, una vestita e una quasi nuda; ebbene la Venere volgare è quella vestita e adorna di effimeri orpelli terreni, mentre la svestita rappresenta la Venere Celeste: la sua nudità infatti significa la bellezza eterna, universale, e la verità filosofica, mentre una fiamma tenuta alta nella mano sinistra simboleggia l'amor di Dio.
Il dipinto, a olio su tela, si trova a Roma nella Galleria Borghese.

Platone tende alla pianura della verità iperurania, Aristotele è piuttosto volto alla terra.
Rimanendo sulla pittura italiana del Cinquecento, ne La scuola di Atene [3] di Raffaello, dove sono raffigurati i maggiori filosofi dell'età classica, Platone con la mano destra indica il cielo e Aristotele la terra.

La trasfusione delle anime
 Il passaggio dall'uno all'altro amore viene sentito e dichiarato dal passionale Dimitri Karamazov:"questo amore mi tortura, mi tortura!...Prima, mi facevano languire soltanto le flessuosità del suo corpo infernale, ma adesso tutta la sua anima l'ho trasfusa nella mia, e grazie a lei anch'io sono diventato un uomo!"[4].

 Esiste una versione latina di questa trasfusione di anime che, pur se prelude a un tradimento, e quindi, dentro il contesto, può far pensare a una "cinica autoironia"[5] del narratore, rievoca in endecasillabi faleci una notte d'amore, omosessuale oltretutto, comunque con una delicatezza e una profondità degna della migliore poesia amorosa latina:"qualis nox fuit illa, di deaeque,/quam mollis torus. haesimus calentes/et transfudimus hinc et hinc labellis/errantes animas. valete, curae/mortales. ego sic perire coepi " (Satyricon, 79), che notte fu quella, dei e dee, che morbido letto. ci stringemmo ardenti e ci trasfondemmo con le labbra a vicenda le anime deliranti. addio, affanni mortali. così io cominciai a morire.
Si tratta di una mezza nottata di amore tra Encolpio e Gitone che però viene sottratto a Encolpio da Ascilto iniuriae inventor…oblitus iuris umani (79)

Anche quando non si arriva alla fusione, l'accordo e l'intesa costituiscono la forza e la coesione inscindibile della coppia.
Nell'Andria di Terenzio, Panfilo, parlando con Miside, la serva dell'amata Glicerio, le chiede di riferire alla padrona che non la abbandonerà mai:" conveniunt mores. Valeant/ qui inter nos discidium volunt: hanc nisi mors mi adĭmet nemo "(696-697), i nostri caratteri vanno d'accordo. Vadano a farsi benedire quelli che vogliono una rottura tra noi: questa non me la strapperà nessuno tranne la morte.
Del resto il termine discidium , dal verbo scindere , significa lo spezzarsi, o il taglio (cfr. discindere, tagliare) di un filo troppo teso in due parti i cui capi si possono riannodare; mentre il divortium implica il volgersi altrove (divertere ) e non incontrarsi più.

Similmente Kierkegaard afferma:" sincerità, apertura di cuore, rivelarsi, intendendersi, ecco il principio vitale del matrimonio, senza le quali cose esso è contrario alle regole della bellezza e, propriamente, amorale, perché così si separa ciò che l'amore congiunge, il sensuale e lo spirituale... L'intesa, ecco dunque il principio vitale del matrimonio"[6].
Analoga riflessione si trova in Svevo:"Se il giovine ama la ragazza, l'affare è certamente buono; se non l'ama, pessimo"[7].


CONTINUA



[1] Plutarco, Vita di Temistocle, 18.
[2] Boccaccio, Decameron, V, 9.
[3] Palazzi Vaticani, Stanza "della Segnatura", 1509-1511.
[4]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov (del 1880), p. 709.
[5] M. Bettini, La letteratura latina, 3, p. 178.
[6]Enten-Eller (Aut-Aut) , Validità estetica del matrimonio , trad. it. Adelphi, Milano, 1981, p. 163 del Tomo Quarto.
[7] Una vita , p. 208.

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