Torno a leggere con piacere e con profitto Curzio Maltese che non trovavo
da tempo, con rammarico. Sono contento che sia tornato. E’ uno dei bravi.
Nel quotidiano “la Repubblica” di oggi, 27 luglio, scrive sulla scuola.
Riferisco alcune frasi: “Con tutto l’affetto per la ministra Azzolina (…) è
evidente quanto sta annaspando nella contingenza del momento.Occorre un
ministro dell’Istruzione di vero spessore (…) e che conosca i più fruttuosi
metodi di insegnamento”
Voglio provare a suggerire un metodo ai tanti insegnanti che mi leggono.
Il metodo più fruttuoso a parer mio è quello comparativo. Significa
presentare un autore o un argomento solo dopo averlo studiato a fondo e averne
acquisito una visione d’insieme. Voglio dire che non si può fare lezione su una
parola, un verso o un episodio dell’Odissea senza conoscere bene
tutto questo poema e pure l’Iliade. E’ necessaria
poi la conoscenza storica della civiltà di cui scrive l’autore. Né può mancare
lo studio della critica a questi poemi quale preliminare alla lezione.
Un passo di un autore va commentato con altri passi dello stesso autore,
secondo il criterio del filologo Aristarco di
Samotracia[1] per il quale bisogna spiegare Omero
con Omero : “ {Omhron ejx JJOmhvrou
safhnivzein"[2]; poi vanno considerati i
commenti degli autori ottimi agli autori precedenti. Si possono
utilizzare, per fare solo pochi esempi, Platone, Quintiliano, Leopardi, Hegel e
Nietzsche come critici.
Insomma la filologia deve sapersi avvalere della letteratura e anche della
filosofia. I grandi autori hanno una dimensione per lo meno europea oltre che
nazionale.
L’istruzione del resto deve essere anche formazione, educazione al bene e
al bello. Allora il punto d’arrivo del nostro insegnamento sarà la
crescita morale ed estetica dei nostri allievi[3].
Per concludere questa sintesi estrema della mia proposta metodologica mi
affido ad alcune citazioni che convalidano quanto ho sempre pensato della
deontologia professionale e di educatore
Parto dall’ Alcibiade II di Platone dove Socrate
domanda ad Alcibiade: “ quando dicevo che il possesso delle altre
scienze se uno non possiede la scienza di quanto è ottimo
(l'idea del Bene[4]), di rado giova, mentre per lo più danneggia chi ce
l'ha, non ti sembra che io parlavo dicendo quanto è sostanzialmente
corretto?”
Alcibiade dà ragione a Socrate il quale aggiunge: “e chi possiede la cosiddetta conoscenza
enciclopedica e politecnica , ma sia privo di questa scienza (del Bene), e
venga spinto da ciascuna delle altre, non farà uso sostanzialmente di una
grande tempesta senza un nocchiero, continuando a correre sul mare, non a lungo
del resto? Sicché mi sembra che anche qui capiti a proposito quello che
dice il poeta criticando uno che effettivamente sapeva molte
cose ma le sapeva tutte male" (147b)
Infine due autori moderni:
"Ogni altra scienza è dannosa a colui che non ha la scienza della
bontà (…) Il profitto del nostro studio è esserne divenuto migliore e più
saggio"[5].
giovanni ghiselli
p. s
letture: Sempre1010626
Oggi498
Ieri236
Questo mese11986
Il mese scorso27662
[1] 217 ca-145 a. C.
[3] Quello dei Greci era : “un popolo che, eziandio nella lingua, faceva
pochissima differenza dal buono al bello” (Leopardi, Detti memorabili
di Filippo Ottonieri
[5]Montaigne, Saggi , p. 185 e p. 199.
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