lunedì 27 luglio 2020

Introduzione a Lucano. Terza parte del poema "Pharsalia". Catone


Catone è l’eroe, Pompeo è un personaggio amato meno dell’Uticense (9, 598 - 600). Di Cesare, Lucano riconosce la grandezza malvagia cui il suo poema darà fama eterna: “O sacer et magnus vatum labor. Omnia fato/ eripis et populis donas mortalibus aevum” (9, 980 - 981), o fatica sacra e grande dei poeti. Tutto strappi al fato e doni l’eternità a popoli mortali
La cultura di Lucano è quella di Seneca. Lucano descrive luoghi lontani con coloriture orride: è la geografia della Weltkrieg cui partecipano tutti i popoli destinati a cadere sotto il giogo di Roma. Lucano aggrava in tutti i modi l’orrore degli avvenimenti.
I personaggi sono attori del destino che è il regista
 (cfr. Epitteto, Tolstoj).
Lucano pensa che l’autorità dello Stato si esercita solo dove c’è il Senato che offre a Pompeo crismi di legalità. Cesare indica ai soldati senatori da uccidere perché sa bene che il Senato è cruor imperii, viscera rerum, libertas ultima mundi (7, 579 - 580). Pompeo fa parte del partito del Senato, mentre Cesare lo odia e ne vuole la morte, anticipando certi Cesari suoi discendenti (Caligola per esempio). Dopo la battaglia di Farsalo magna pars del senato saturat thessalicas volūcres (8, 506 - 507), nutre (con i cadaveri) gli uccelli della Tessaglia
 Sarà dunque giusta la vindicta senatus (10, 340) nei confronti di Cesare

Catone è il civis Romanus esemplare, Egli si farà pompeianus dopo Farsalo (9, 24). Catone fa l’elogio funebre di Pompeo dicendo che era salva libertate potens (9, 192 - 193) fu rector senatus, sed regnantis (194 - 195), guida del senato che continuava a regnare. Non si abbassò al lusso: “Casta domus luxuque carens corruptaque numquam/fortunā domini” (9, 201 - 202) mai corrotta dalla buona fortuna del padrone. La pietas verso la patria e la difesa della libertas pongono Catone sopra i due contendenti. Catone corrisponde al saggio stoico senecano (securus, invictus, durus). Egli non ha vita privata, come vir vere romanus è devoto solo ai doveri della politica: rifiuta il consiglio di Bruto (tranquilla sine armis - otia solus agere, 2 266 - 267. cfr. Pindaro Olimpica I ).
Catone è provocatore della fortuna, al contrario di Enea.

Catone poco prima di uccidersi si mise a leggere il Fedone di Platone sull’immortalità dell’anima. Poi sguainò la spada e disse: “nihil egisti, fortuna, omnibus conatibus meis obstando” (Seneca, Ep., 24, 7).

Catone nuda fusus harena - excubat atque omni Fortunam provocat hora (9, 882 - 883), sdraiato sulla sabbia fa il turno di guardia e ad ogni ora sfida la fortuna.

 Seneca scrive: ecce par deo dignum, una coppia degna di Dio, vir fortis cum fortuna mala compositus, utique si ei et provocavitDe providentia, 2, 9, uomo forte opposto alla cattiva fortuna soprattutto se l’ha sfidata.

Catone è pieno di patientia e abstinentia ed è l’esatto contrario di Enea.
L’Uticense fa una marcia di due mesi in Libia e Lucano conia l’aggettivo harenivǎgus (9, 941) che vaga per le sabbie. La sua virtù è strettamente congiunta ai labores. Mentre sta per entrare nelle sabbie sterili dice ai suoi soldati: “componite mentes/ad magnum virtutis opus summosque labores” (9, 380 - 381) disponete le menti.
Bruto aspettò di vedere chi sarà ilvincitore, per salire sul carro del vinto: sarà hostis victoris (283 - 284).
Cfr. viceversa l'Oreste di Euripide dove il messo racconta il comportamento dell'araldo Taltibio durante l’assemblea di Argo:
“E dopo questo si alza
Taltibio che con tuo padre razziava i Frigi.
E parlò, lui sempre sottoposto ai potenti,
in modo ambiguo, da una parte ammirando il padre tuo
però senza approvare tuo fratello, belli e malvagi
discorsi intrecciando: che aveva stabilito usanze
non belle verso i genitori; e occhiate sempre
sorridenti lanciava agli amici di Egisto
infatti tale genìa è siffatta: su chi ha successo - ejpi; to;n eujtuch` 895
saltano sempre gli araldi - phdw`s j ajei; khvruke". Questo è loro amico
chi ha potere sulla città e si trova tra le autorità” (vv. 887 - 897).
 Un poco come i giornalisti di oggi, quasi tutti. 

 Bisogna seguire il destino. Catone dice a Bruto che civilia bella costituiscono un summum nefassed quo fata trahunt virtus secura sequetur (2, 286 - 287), ma la virtù seguirà senza preoccupazioni il destino che trascina. L’anima accoglie il movimento (kivnhsi") dalla divinità.
Catone dà l’esempio ai soldati: monstrat tolerare labores,/non iubet, 9, 616 - 617. Porta i suoi giavellotti e precede i soldati a piedi.
Cfr. Alessando Magno e Annibale
Seneca lo definisce maximum moriendi vivendique exemplum, l’esempio che è più efficace del praeceptum (Ep. 94, 42). Il suo comportamento è l’opposto di quello dei crapuloni: “huic epulae vicisse famem, magnique penates/summovisse hiemem tecto, pretiosaque vestis/hirtam membra super Romani more Quiritis/induxisse togam, Venerisque hic maximus usus/progenies: urbi pater est urbique maritus” 2, 384 - 387, un banchetto per lui era avere vinto la fame, sontuosi penati avere tenuto lontano la bufera con un tetto, una veste preziosa avere steso una ruvida toga sulle membra al modo di un Quirite, massimo uso di Venere questo: la prole, per Roma padre, per Roma marito.
Catone parla in modo degno di un oracolo (9, 565). E’ lui il parens verus patriae, dignissimus aris (9, 601), non certo Cesare e Augusto divinizzati per via delle guerre civili (7, 457). Una Tuvch adirata, di stampo ellenistico, ha provocato le guerre civili.
Gli dèi non esistono: Sunt nobis nulla profecto/numina (…) mentimur regnare Iovem 7, 445 e 447
Catone è superiore agli dèi che hanno permesso la vittoria di Cesare: victrix causa deis placuit, sed victa Catoni (I, 128). Catone si uccide sottraendosi anche alla clemenza di Cesare.

giovanni ghiselli Pesaro 27 luglio 2020 ore 11, 20

p. s.
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