Catone è
l’eroe, Pompeo è un personaggio amato meno dell’Uticense (9, 598 - 600). Di
Cesare, Lucano riconosce la grandezza malvagia cui il suo poema darà fama
eterna: “O sacer et magnus vatum labor. Omnia fato/ eripis et populis donas
mortalibus aevum” (9, 980 - 981), o fatica sacra e grande dei poeti. Tutto
strappi al fato e doni l’eternità a popoli mortali
La cultura
di Lucano è quella di Seneca. Lucano descrive luoghi lontani con coloriture
orride: è la geografia della Weltkrieg cui partecipano tutti i
popoli destinati a cadere sotto il giogo di Roma. Lucano aggrava in tutti i
modi l’orrore degli avvenimenti.
I personaggi
sono attori del destino che è il regista
(cfr.
Epitteto, Tolstoj).
Lucano pensa
che l’autorità dello Stato si esercita solo dove c’è il Senato che offre a
Pompeo crismi di legalità. Cesare indica ai soldati senatori da uccidere perché
sa bene che il Senato è cruor imperii, viscera rerum, libertas ultima
mundi (7, 579 - 580). Pompeo fa parte del partito del Senato, mentre
Cesare lo odia e ne vuole la morte, anticipando certi Cesari suoi discendenti
(Caligola per esempio). Dopo la battaglia di Farsalo magna pars del
senato saturat thessalicas volūcres (8, 506 - 507), nutre (con
i cadaveri) gli uccelli della Tessaglia
Sarà
dunque giusta la vindicta senatus (10, 340) nei confronti di
Cesare
Catone è
il civis Romanus esemplare, Egli si farà pompeianus dopo
Farsalo (9, 24). Catone fa l’elogio funebre di Pompeo dicendo che era salva
libertate potens (9, 192 - 193) fu rector senatus, sed regnantis (194
- 195), guida del senato che continuava a regnare. Non si abbassò al lusso: “Casta
domus luxuque carens corruptaque numquam/fortunā domini” (9, 201 - 202) mai
corrotta dalla buona fortuna del padrone. La pietas verso la
patria e la difesa della libertas pongono Catone sopra i due
contendenti. Catone corrisponde al saggio stoico senecano (securus,
invictus, durus). Egli non ha vita privata, come vir vere romanus è
devoto solo ai doveri della politica: rifiuta il consiglio di Bruto (tranquilla
sine armis - otia solus agere, 2 266 - 267. cfr. Pindaro Olimpica I ).
Catone è
provocatore della fortuna, al contrario di Enea.
Catone poco
prima di uccidersi si mise a leggere il Fedone di Platone
sull’immortalità dell’anima. Poi sguainò la spada e disse: “nihil egisti,
fortuna, omnibus conatibus meis obstando” (Seneca, Ep.,
24, 7).
Catone nuda
fusus harena - excubat atque omni Fortunam provocat hora (9, 882 - 883),
sdraiato sulla sabbia fa il turno di guardia e ad ogni ora sfida la fortuna.
Seneca
scrive: ecce par deo dignum, una coppia degna di Dio, vir fortis
cum fortuna mala compositus, utique si ei et provocavit, De
providentia, 2, 9, uomo forte opposto alla cattiva fortuna soprattutto se
l’ha sfidata.
Catone è
pieno di patientia e abstinentia ed è l’esatto
contrario di Enea.
L’Uticense
fa una marcia di due mesi in Libia e Lucano conia l’aggettivo harenivǎgus (9,
941) che vaga per le sabbie. La sua virtù è strettamente congiunta ai labores.
Mentre sta per entrare nelle sabbie sterili dice ai suoi soldati: “componite
mentes/ad magnum virtutis opus summosque labores” (9, 380 - 381) disponete
le menti.
Bruto
aspettò di vedere chi sarà ilvincitore, per salire sul carro del vinto:
sarà hostis victoris (283 - 284).
Cfr.
viceversa l'Oreste di Euripide dove il messo
racconta il comportamento dell'araldo Taltibio durante l’assemblea di Argo:
“E dopo
questo si alza
Taltibio che
con tuo padre razziava i Frigi.
E parlò, lui
sempre sottoposto ai potenti,
in modo
ambiguo, da una parte ammirando il padre tuo
però senza
approvare tuo fratello, belli e malvagi
discorsi
intrecciando: che aveva stabilito usanze
non belle
verso i genitori; e occhiate sempre
sorridenti
lanciava agli amici di Egisto
infatti tale
genìa è siffatta: su chi ha successo - ejpi; to;n eujtuch` 895
saltano
sempre gli araldi - phdw`s j ajei; khvruke". Questo è loro amico
chi ha
potere sulla città e si trova tra le autorità” (vv. 887 - 897).
Un poco come i giornalisti di oggi, quasi tutti.
Bisogna
seguire il destino. Catone dice a Bruto che civilia bella costituiscono
un summum nefas; sed quo fata trahunt virtus secura sequetur (2,
286 - 287), ma la virtù seguirà senza preoccupazioni il destino che trascina.
L’anima accoglie il movimento (kivnhsi") dalla divinità.
Catone dà
l’esempio ai soldati: monstrat tolerare labores,/non iubet, 9, 616
- 617. Porta i suoi giavellotti e precede i soldati a piedi.
Cfr.
Alessando Magno e Annibale
Seneca lo
definisce maximum moriendi vivendique exemplum, l’esempio che è più
efficace del praeceptum (Ep. 94, 42). Il suo
comportamento è l’opposto di quello dei crapuloni: “huic epulae vicisse
famem, magnique penates/summovisse hiemem tecto, pretiosaque vestis/hirtam
membra super Romani more Quiritis/induxisse togam, Venerisque hic maximus
usus/progenies: urbi pater est urbique maritus” 2, 384 - 387, un banchetto
per lui era avere vinto la fame, sontuosi penati avere tenuto lontano la bufera
con un tetto, una veste preziosa avere steso una ruvida toga sulle membra al
modo di un Quirite, massimo uso di Venere questo: la prole, per Roma padre, per
Roma marito.
Catone parla
in modo degno di un oracolo (9, 565). E’ lui il parens verus patriae,
dignissimus aris (9, 601), non certo Cesare e Augusto divinizzati per
via delle guerre civili (7, 457). Una Tuvch adirata, di stampo ellenistico, ha provocato le
guerre civili.
Gli dèi non
esistono: Sunt nobis nulla profecto/numina (…) mentimur
regnare Iovem 7, 445 e 447
Catone è
superiore agli dèi che hanno permesso la vittoria di Cesare: victrix
causa deis placuit, sed victa Catoni (I, 128). Catone si uccide
sottraendosi anche alla clemenza di Cesare.
giovanni
ghiselli Pesaro 27 luglio 2020 ore 11, 20
p. s.
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