NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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domenica 19 luglio 2020

Pubblico e privato


https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2020/07/18/news/autostrade_liberismo_cdp-262303589/

Leggo sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, 19 luglio 2020, un articolo di Nadia Urbinati intitolato “Quando il pubblico fa bene” (p. 26).
Lo segnalo alla lettura dei miei lettori siccome credo che il pubblico faccia bene quasi sempre, e anzi, voglio aggiungere una postilla relativa alla necessità che un popolo fruisca della chiarezza dei significati delle parole diffuse dagli annunci, parlati o scritti, dei media.
 Con la crescita della reputazione del privato avvenuta in questi anni si è arrivati al punto che ognuno pronuncia le parole come gli pare e attribuisce ai vocaboli che usa significati arbitrari e spesso discrepanti non solo dall’uso corretto della lingua, ma pure dai fatti.
Un solo esempio: lo scorretto uso invalso di “piuttosto che”.
Corredo questa mia modesta osservazione con una serie di citazioni tratte dai miei autori - accrescitori.

Il cambiamento del significato delle parole. Una delle tante metabolaiv privatistiche e arbitrarie.

Nei conflitti interni molti valori si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della stavsi" di Corcira[1], quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole cambiarono il loro significato originario: "Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw`n ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito.

"Le lotte civili degli anni 427 - 425 a Corcira rappresentano, a giudizio di Tucidide, un salto di qualità nella storia della lotta e della violenza politica in Grecia: la sequenza dei fatti è presentata intenzionalmente, nelle sue pagine, con le espressioni e i toni della patologia"[2].

"Un'audacia - ajlovgisto" - prende il nome di coraggio, la prudenza si chiama pigrizia, la moderazione viltà, il legame di setta viene prima di quello di sangue, e il giuramento non viene prestato in nome delle leggi divine, bensì per violare le umane. Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82 - 84)"[3].

 Nel Bellum Catilinae di Sallustio, Catone , parlando in senato dopo e contro Cesare, il quale aveva chiesto di punire i congiurati "solo" confiscando i loro beni e tenendoli prigionieri in catene nei municipi, denuncia questo cambiamento del valore delle parole:"iam pridem equidem nos vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur, eo res publica in extremo sita est " (52, 11), già da tempo veramente abbiamo perduto la verità nel nominare le cose: poiché essere prodighi dei beni altrui si chiama liberalità, l'audacia nel male, coraggio, perciò la repubblica è ridotta allo stremo.

Il cambiamento di valore delle parole viene messo in rilievo anche da Platone quando, nell'VIII libro della Repubblica, passa in rassegna le forme costituzionali: nello stato democratico gli appetiti (ejpiqumivai) prendono possesso dell'acropoli dell'anima del giovane, poi questa viene occupata da parole e opinioni false e arroganti (yeudei'" dh; kai; ajlazovne"… lovgoi te kai; dovxai 560c) le quali chiamando il pudore stoltezza (th;n me;n aijdw' hjliqiovthta ojnomavzonte"), lo bandiscono con disonore; chiamando la temperanza viltà (swfrosuvnhn [4] de; ajnandrivan), la buttano fuori coprendola di fango (prophlakivzonte" ejkbavllousi), e mandano oltre confine la misura e le ordinate spese (metriovthta de; kai; kosmivan dapavnhn) persuadendo che sono rustichezza e illiberalità (ajgroikivan kai; ajneleuqerivan 560d). E non basta. I discorsi arroganti con l'aiuto di molti inutili appetiti transvalutano pure, ma in positivo, i vizi, immettendoli nell'anima e chiamano la prepotenza buona educazione (u{brin me;n eujpaideusivan kalou'nte" ), l'anarchia libertà (ajnarcivan de; ejleuqerivan), la dissolutezza magnificenza (ajswtivan de; megaloprevpeian), e l'impudenza coraggio (ajnaivdeian de; ajndreivan 560e - 561). L’uomo così corrotto vive a casaccio, e la sua vita non è regolata da ordine (tavxi") né da alcuna necessità (ajnavgkh). Si capovolgono pure i rapporti umani: il padre teme il figlio, il maestro lo scolaro, i vecchi imitano i giovani, per non sembrare inameni e autoritari ( i{na dh; mh; dokw'sin ajhdei'~ mhde; despotikoiv, 563b). 

 Il significato delle parole dunque può essere ribaltato e pure quello delle persone: nella tragedia il re si capovolge spesso in farmakov~ : nell’Edipo re di Sofocle, per esempio, e l’Oedipus di Seneca. E non solo nella tragedia: nelle Historiae Alexandri Magni di Curzio Rufo, il re Dario III, più volte sconfitto da Alessandro Magno, captivus servorum suorum in sordidum vehiculum imponitur (5, 12, 16), prigioniero dei suoi servi[5], viene messo su una lurida carretta. Quindi i traditori lo incatenarono con ceppi d’oro “nova ludibria subinde excogitante fortuna ” 5, 12, 20 la fortuna trovava sempre nuove beffe.
Un ribaltamento del genere subisce Ludwig II di Baviera nel film di Luchino Visconti.

giovanni ghiselli


[1] 427 - 425 a. C.
[2] D. Musti, Storia greca , p. 411.
[3] M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, pp. 42 - 43.
[4] Nelle Nuvole di Aristofane il Discorso Giusto dà inizio alla sua parte del disso;" lovgo" ricordando che la swfrosuvnh una volta era tenuta in conto come la quintessenza dell'educazione antica (vv. 961 sgg.). . Al tempo dell'ajrcaiva paideiva (v. 961) infatti la castità (swfrosuvnh, v. 962) era tenuta in gran conto: nessuno modulando mollemente la voce andava verso l'amante facendo con gli occhi il lenone a se stesso (980).
[5] I satrapi felloni Besso e Nabarzane. Siamo nel luglio del 330 a. C.

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