Mentre raccolgo e metto
insieme le parole della conferenza che terrò questa sera in piazza Verdi, trovo
una pagina bella e utile del recentissimo libro di Ivano Dionigi edito da
Raffaello Cortina, Parole che allungano
la vita. Mi consente di ampliare il mio repertorio. Si tratta di una delle
84 riflessioni di cui è composto il libro: è la quarantesima intitolata “Non
basta mai”. Questa pagina verte sul dolore: “una riflessione che non basta mai,
e che si iscrive nel più ampio orizzonte del problema del male (…) e’ il grido
rivolto a Dio da Giobbe, il primogenito di tutti i giusti ingiustamente
oppressi (…) E’ la crux filosofica che, secondo Leibniz - l’inventore della
parola teodicea, ovvero la “giustificazione di Dio” - , mette in imbarazzo
l’intero genere umano” Dionigi, che si avvale magistralmente del metodo
comparativo, conclude citando lo scrittore russo sul quale terrò la mia
conferenza tra poche ore. “E’ l’accusa di Dostoevskij, il quale nei Fratelli
Karamazov ci ha ammutoliti con la ben nota confessione e rinuncia: “Se lo
spettacolo dell’armonia del mondo richiede la sofferenza dei bambini, io dico
che il prezzo fissato è troppo alto, e allora con la massima deferenza
restituisco il biglietto”. E’ l’esodo dei popoli dalla fame, dalla guerra e
dalla persecuzione. E’ la violenza su bambini, donne e anziani. E’ la
solitudine di una figlia che, smarrita per la perdita della giovane madre, non
trova il senso dei suoi giorni a venire” (pagina 64). Riferisco anche la parte
conclusiva della riflessione 58 che mi è particolarmente congeniale. Tratta
della maggior bravura delle ragazze rispetto ai ragazzi negli studi e delle
minori gratificazioni ricevute dalle donne nel mondo del lavoro dove prevalgono
gli uomini. “Non è neppure una questione di quote rosa e di parità di genere,
che si risolverebbe in un conflitto di “opposte volontà di potenza” ma di un
diverso sapere (…) Il sapere degli uomini è “disincarnato”, il sapere delle
donne “sta piantato nell’esistenza”. Se la vita viene di lì, ci sarà ben un
motivo” (pagina 82). Si può pensare ai saperi di Raskolnikov e di Sonja in
Delitto e castigo. Diversi, molto diversi, anche se alla fine si coniugano
attraverso la conversione e la convergenza nella carità, nella pietas, e
nell’amore reciproco. Concludo citando alcune parole di Euripide a proposito
dei saperi diversi degli uomini e delle donne: "to; sofo;n d j ouj
sofiva" (Baccanti, v.
395), il sapere non è sapienza. La sapienza si tuffa nel fiume della vita. Il
sapere al contrario è il fine dell'uomo teoretico il quale "non osa più
affidarsi al terribile fiume dell'esistenza: angosciosamente egli corre su e
giù lungo la riva” (Nietzsche La nascita della tragedia, cap. 18) Aggiungo che hJ sofiva è femminile e produttiva, creativa; to; sofovn è neutro e sterile. Quando il Verbo si è
incarnato - Et Verbum caro factum est - Kai; oj lovgo" savrx ejgevneto - (N. T. Giovanni, 1, 14) questo è
avvenuto nel corpo di una donna.
Bologna, 22 luglio 2020, ore
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giovanni ghiselli
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