Delitto e castigo compagnia Mauri-Sturno |
Delitto e castigo
Raskolnikov dal
giudice istruttore. Uomini ordinari e uomini straordinari
Rodiòn non
ne poteva più di quella compagnia e ripete alla sorella “o me o Luzin”,
Dunja
ribatte che si sposa per se stessa, perché si trova in situazione difficile, il
che non toglie che potrà essere utile ai suoi cari.
“Io scelgo
il male minore e non inganno perché farò con onestà quanto mio marito si
aspetta da me”. I suoi occhi lampeggiavano d’ira.
Il fratello
ribadisce: “tu ti vendi per denaro”.
Dunja accusa
il fratello di dispotismo e prepotenza “se a qualcuno farò del male, lo farò a
me stessa. Non ho ancora ammazzato nessuno in fin dei conti” (p. 261)
Rask
impallidì e quasi svenne. Ma si riprende e gli fanno leggere la lettera di
Luzin: stile curialesco, dice, da leguleio, non troppo sgrammaticato ma certo
nemmeno letterario; lo stile delle comparse.
Dunja dice
che il suo fidanzato si vanta di essersi fatto da sé, un po’ offesa dal tono
del fratello.
Rask
nota la deformazione dei fatti nel racconto di Luzin: i soldi li ho dati alla
vedova non alla ragazza “di cattiva condotta”.
Quindi
decidono che all’incontro con Luzin andranno anche Ras e Razumichin.
In quel
momento nella stanza - armadio di entra Sòfja Semënovna Marmeladova, cioè Sonja
(264).
Adesso era
una ragazza vestita modestamente e quasi poveramente, ancora molto giovane,
poco più di una bambina dai modi modesti e compìti, con un viso sereno ma come
un po’ spaurito,
Vedendo
tante persone si smarrì e stava per andarsene. A Rask quella creatura parve
talmente avvilita che ne provò pietà. La trattenne dallo scappare via
La ragazza
porta a R l’invito al funerale e alla refezione successiva
“Cercherò di
esserci ad ogni costo, ad ogni costo”. Poi le chiede di fermarsi per poterle
parlare
R la
osservava: era un visetto, il suo, magro magro e pallido, abbastanza irregolare
e aguzzo, e aguzzi erano il nasino e il mento. I suoi occhi celesti in compenso
erano così limpidi e quando si animavano l’espressione del viso diventava così
buona e semplice che ci si sentiva attratti. Inoltre aveva l’aria della
bambina.
Le due donne
di R. escono dallo stambugio
La madre non
riuscì a salutare Sonja, mentre la sorella lo fece con un inchino, premuroso,
gentile e profondo.
Le due parlano
per strada: la madre teme che Luzin si tiri indietro ma per la figlia è una
prova: nel caso mostrerà di non valere niente, disse in tono brusco e
sprezzante.
Pulcheria
teme che Sonja faccia del male a R, mentre Dunja difende la ragazza.
R chiede a
Razumichin se conosce Porfìrij
Petròvič. Sì è mio parente, risponde, e conduce l’inchiesta su quell’assassinio (271).
Decidono di
andare da lui per gli oggetti dati in pegno da R.
Nell’uscire
Rodiòn non chiude la porta: “Gente felice quella che non ha nulla da chiudere a
chiave!” dice (272). Orgoglio della propria miseria.
Sonja torna
a casa da sola e viene seguita da un uomo, un cinquantenne ben conservato, di
bell’aspetto.
Mentre va da
Porfirji, Rask pensa di sé: la farfalla vola da sé sulla candela.
Cfr. Edipo
re di Sofocle: è come una farfalla che gira intorno alla fiamma
finché questa la brucia e dà luce.
Da Porfirj
Ma L’assasssino, a costo di perdersi, vuole
scoprire se è sospettato.
Rask provoca
Raz dandogli del Romeo alto quasi due metri, a proposito dell’effetto che gli
ha fatto la sorella, poi si mette a ridere fragorosamente davanti alla porta di
Porfirj perché vuole che il giudice lo senta di ottimo umore. Quindi i due
entrano, Rask con l’aria di chi trattiene le risate, Raz invece è sconvolto e
truce, rosso come una peonia, tanto buffo da giustificare le risa di
Raskolnikov. Sembrava tutto molto naturale. Nella stanza c’era pure Zamëtov,
cosa che non piacque a Rask.
Raz dà del
porco a Rask dopo che l’amico ha detto a Porfirj: gli ho dato del Romeo.
Porfirj
era un uomo sui 35, più basso della media, grasso e con un po’ di pancetta.
Aveva il naso rincagnato (vedi Socrate) e un colore malsano, giallastro ma era
piuttosto vivace. La figura aveva qualcosa di donnesco.
Rodion ebbe
l’impressione che il giudice sapesse già tutto.
Rask recita
una parte, e Porfirij lancia frasi inquietanti tipo: “è già da un pezzo che vi
attendo al varco” (282). Era per gli oggetti impegnati, precisa: un anello e un
orologio dall’usuraia con tanto di nome.
Rask.
trasalì. Pensò che gli stavano dietro come una muta di cani. E’ tentato di
confessare per mostrare il suo disprezzo.
Razumichin critica i socialisti: per loro il delitto è una protesta contro
l’ingiustizia dell’ordinamento sociale, per loro tutto dipende dall’ambiente
che corrompe e basta! La natura non la prendono in considerazione, la natura
viene cancellata. Sospettano dell’anima vivente perché non obbedisce alla
meccanica, perché sarebbe retrograda.
Il
falansterio è pronto per la falange dei lavoratori (utopia del socialista
Fourier morto 1837), ma la natura non è ancora pronta per il falansterio, essa
vuole la vita. Con la sola logica non si può scavalcare d’un salto la natura.
La logica può prevedere tre casi mentre sono milioni. Tutto il mistero della
vita trova posto in due fogli di stampa! Non c’è più bisogno di pensare!
Come
Sofocle, Dost smonta il logos inteso solo come logica.
La
vita è logos sì, ma non è logica.
Cfr.
Schopenhauer: "la natura è aristocratica, più aristocratica di qualsiasi
società feudale basata sulle caste"[1].
Ma Porfirij
ribadisce che l’ambiente ha una grande importanza nei delitti
Anche un
delitto contro una bambina si può spiegare con l’ambiente.
Il giudice
istruttore poi tira fuori il ricordo di un articoletto di Rask. Era intitolato Del delitto
“se ben
ricordate si allude al fatto che al mondo esistono certi individui i quali
hanno pieno diritto di compiere ogni specie di iniquità e di delitti, e la
legge per loro è come se non fosse mai stata scritta”.
Poi risponde
a Raz che ha domandato sgomento: “come, diritto al delitto?”
“No, nel suo articolo tutto sta nel fatto che
gli uomini si dividono in ordinari e straordinari. Quelli ordinari devono
vivere nell’obbedienza e non hanno diritto di violare la legge, appunto perché
sono ordinari. Gli straordinari invece hanno il diritto e la forza di violare
la legge proprio perché sono straordinari.
Rask decise
di accettare la sfida. Lo corregge di poco: io ho semplicemente formulato
l’ipotesi che un uomo straordinario abbia il diritto di permettere alla propria
coscienza di scavalcare certi ostacoli, se lo richieda un suo progetto magari
salutare per l’umanità
Se alla
conoscenza delle scoperte di Keplero o di Newton si fossero opposte dieci o
cento persone, gli inventori avrebbero avuto il diritto o perfino il dovere di
eliminare quelle persone per far conoscere quelle scoperte all’umanità.
Da questo
non deriva che Newton potesse rubare al mercato o uccidere chi voleva. La mia
idea era che i legislatori e i fondatori della società umana come Licurgo, Solone, Maometto, Napoleone e
via discorrendo, sono stati tutti fino all’ultimo dei delinquenti, già per il
fatto che ponendo una nuova legge infrangevano una legge antica venerata dalla
società, e non si arrestarono nemmeno davanti al sangue, se il sangue era loro
d’aiuto. La maggior parte di questi benefattori e fondatori della società
umana furono dei terribili
spargitori di sangue. Chi esce dalla comune carreggiata e sa dire
qualcosa di nuovo deve essere per forza un criminale.
Gli uomini dunque si dividono in due categorie: una inferiore che è
quella degli uomini ordinari, del materiale che serve unicamente a procreare
altri individui simili, e un’altra
che è quella degli uomini veri e propri, i quali, cioè, hanno il dono e il
talento di dire una parola nuova (292). I primi sono i funzionari della specie.
Gli ordinari sono le persone conservatrici e per bene che vivono
nell’obbedienza e amano obbedire. (cfr. il Grande Inquisitore dei Fratelli
Karamazov)
E’ il loro
compito.
Gli straordinari invece sono dei distruttori: essi chiedono la
distruzione del presente in nome di qualcosa di meglio. La massa si oppone a questi
innovatori e compie la sua missione conservatrice uccidendoli. Poi magari nella
generazione successiva li colloca sul piedistallo e li venera. Gli ordinari sono i signori del presente, gli
straordinari dell’avvenire. I primi conservano il mondo e si moltiplicano, gli
altri lo fanno avanzare,
Se non
finiscono giustiziati, gli straordinari giustiziano gli altri. Capita che degli
ordinari credano di essere straordinari per una capricciosità della natura che non è negata nemmeno a una mucca. Ma
basta sculacciarli, anzi essi si sculacciano da soli o si sculacciano a vicenda
Quelli
capaci di pensare in modo nuovo sono pochissimi. La massa serve a mettere
insieme un uomo indipendente attraverso mille incroci. Più è elevato il grado
di creatività più rara è la persona. Di uomini geniali ce n’è uno su milioni. I
grandi geni, coronamento dell’umanità sono uno ogni centinaia di milioni.
Possono uccidere ma non ne sono felici: “gli uomini veramente grandi, secondo
me, devono provare una grande tristezza su questa terra” (p. 297).
P chiede a
Ras se si sia sentito straordinario e capace di scavalcare certi ostacoli; e in
tal caso “potreste avere deciso di uccidere o di rubare?”
E sembrava
ammiccare con l’occhio sinistro.
“Anche se
l’avessi deciso, non verrei certo a dirvelo” (p. 297).
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