Rubini e Lo Cascio in Delitto e castigo Teatro Creberg di Bergamo |
Delitto e castigo. Lùžin
Argomenti:
Dialoghi nello stambugio di Raskolnikov.
Arriva, sussiegoso, Lùžin,
il fidanzato della sorella aborrito da Raskolnikov che lo fa allontanare
trattandolo con scortesia, poi se ne va In giro per le strade di San Pietroburgo.
Alla sua festa, dice Razumichin, ci
sarà Porfirij Petròvič, il giurista, il giudice istruttore, poi un ufficiale
Zamëtov che prende le bustarelle.
Ha dei lati buoni dice e può essere
corretto siccome è giovane
“Respingendo un uomo non lo
correggi e tanto meno un ragazzo. Con un ragazzo ce ne vuole il doppio di
prudenza, Non capite niente voi, teste di rapa progressiste! Non rispettate gli
altri e finite con non rispettare voi stessi” (150)
Razumichin e il medico Zosimov
parlano del crimine e dell’imbianchino incriminato. Razumichin è critico con i
metodi polizieschi: “si può arrivare in base ai soli dati psicologici a
individuare la traccia giusta
L’imbianchino Nikolàj è andato da
un contadino gestore di una bettola e gli ha portato una scatoletta con due
orecchini d’oro e delle pietruzze. Ha detto di averla trovata sul marciapiede e
ha chiesto due rubli lasciandola in pegno. Razumichin racconta che hanno fatto
confessare l’imbianchino a furia di pressioni. In questura ha detto di avere
trovato la scatoletta nell’appartamento che imbiancava, dietro la porta. In
effetti dietro quella porta si era nascosto Raskolnikov.
Razumichin considera inoppugnabili
i fatti a discolpa: che subito dopo il delitto l’imbianchino si azzuffò in
maniera monellesca con un collega, tra le risate e in mezzo alla gente. C’è una
impossibilità psicologica e un fatto inoppugnabile che distrugge tutte le prove
materiali (158)
Razumichin ricostruisce la storia
come davvero è avvenuta per quanto riguarda la parte dell’imbianchino.
Arriva Luzin, un signore non più giovane, di bella presenza (160).
Indugiò sulla soglia con aria manierata circospetta e schizzinosa guardandosi
intorno con palese e offensiva meraviglia, come se si stesse domandando: dove
sono andato a finire? Esaminava la cabina con una certa affettazione di
spavento e quasi di sdegno. Poi si rese conto che con quel piglio
esageratamente sostenuto non poteva ottenere niente, allora si ammansì un poco
e in tono cortese, seppure velato di sussiego, si rivolse al dottore e domandò:
Rodion, Romànič Raskòlnikov?
Si vede la persona carica di
volgare affettazione.
Razumichin disse: eccolo lì,
disteso sul divano. E voi che volete?
La domanda smontò del tutto
l’altezzoso signore che si volse di nuovo al dottore.
R si sollevò di scatto a sedere sul
letto e disse: “sono io”.
Allora il visitatore lo guardò con
attenzione e disse: “Pëtr Petròvič Lùžin , oso sperare che il mio nome non vi
sia del tutto sconosciuto” (161)
R non rispose. Razumichin si
presentò come ex studente e invitò Luzin a sedere. Questo riprese coraggio per
l’invito. R disse che era al corrente del fidanzamento.
Lo osservava: il suo abbigliamento
era elegante e gli stava bene, tranne che per un piccolo particolare: era
troppo nuovo e tendeva con troppa evidenza a un determinato scopo. Teneva in
mano non infilati guanti color lillà di marca autentica perché venissero
ammirati. Portava molto bene i 45 anni. I capelli per la verità erano un
pochino brizzolati e arricciati dal barbiere ma non avevano nulla di ridicolo o
di sciocco come appaiono di solito i capelli arricciati che fanno spesso
somigliare il volto a quello di un tedesco che vada all’altare. Insomma la sua
fisionomia era abbastanza bella e seria
Era avvocato alla corte suprema.
Dice che c’è molto da imparare dai giovani. Elogia i progressi degli ultimi
tempi “C’è un progresso, se non altro in nome della scienza e della verità
economica”
R risponde che è un luogo comune.
E Luzin ribatte: la scienza dice:
ama innanzitutto te stesso, se ti amerai, potrai fare bene i tuoi affari. Più
attività private organizzate ci sono, più si svilupperà il bene comune e ci
saranno caffetani interi invece che laceri.
E’ una lunga veste con
apertura anteriore e larghe maniche.
Razumichin gli chiede chi sia,
poiché diffida dei trafficanti e dei chiacchieroni.
Parlano del delitto. Rask dice che
i delitti sono conseguenti alla teoria economica presentata da Luzin cui
rinfaccia di avere voluto truccare le carte, partendo in vantaggio “Ma non è
forse vero che voi,” disse con una voce tremante d’ira in cui si sentiva il
gusto di offendere, “non è forse vero che alla vostra fidanzata…proprio nel
momento in cui ricevevate il suo consenso…voi avete detto che più di tutto
eravate lieto che fosse povera…perché è più vantaggioso togliere la moglie
dalla miseria in cui vive, per poi poterla dominare…e poterle rinfacciare
d’averla beneficata?” (p. 171)
Lo aveva già detto Marziale (40 ca - 104
d.C.) nella clausula di un suo epigramma:" Inferior matrona suo
sit, Prisce, marito:/non aliter fiunt femina virque pares "
(VIII, 12, 3 - 4), la moglie, Prisco, stia sotto il marito: non altrimenti
l'uomo e la donna diventano pari.
Luzin risponde che l’idea è stata
snaturata probabilmente anche per l’intervento della mamma esaltata e romantica
nelle idèe.
R lo minaccia di buttarlo giù dalle
scale se nominerà ancora la madre.
Luzin se ne andò offeso. Poi Rodiòn
caccia tutti. Quindi prende i soldi mandati dalla madre, 25 rubli ed esce,
Erano le otto con il sole al tramonto.
Girava per luoghi degradati quando
si sentiva disgustato per sentirsi ancora più disgustato: ubriachi, straccioni,
puttane
Una belloccia lo invita a entrare
in un locale e lui le fa: come sei carina!
E lei: anche voi siete molto
bellino!
Un contadino sbronzo dal gabbano
sbottonato e una faccia furba ridanciana disse: a guardarle sembrano tante
figlie di generali, ma poi hanno il naso a patata! Un nonsense!
R ricorda di avere letto che un
condannato a morte un’ora prima dell’esecuzione dice o pensa che pur di vivere
si adatterebbe a stare in cima a uno scoglio con l’oceano intorno, nella
solitudine, nella tenebra eterna e nell’eterna procella. Pur di vivere, vivere,
vivere! (p. 178).
Una storia simile anche nell’Idiota.
Poi entra nel palazzo di cristallo,
un ambiente spazioso e pulito. Cerca i giornali. Al suo tavolo si siede
Zamëtov, l’ufficiale di polizia che prendeva le bustarelle. R lo provoca fino a
dirgli: “E se fossi stato io ad ammazzare la vecchia e Lizavèta? (p. 185).
Quindi paga il cameriere e fa vedere i 25 rubli all’ufficiale e gli chiede: da
dove vengono? E da dove viene il mio vestito nuovo?
Uscì tremando per una tremenda
sensazione isterica non priva di voluttà
Incontra Razumichin e gli chiede di
lasciarlo in pace: non voleva nessun aiuto. Parlava con calma, godendo del
veleno che lasciava schizzare fuori.
Razumichin lo attacca: “tutti voi,
nessuno escluso, siete dei chiacchieroni. Se appena vi piglia una piccola sofferenza, cominciate a covarla come fa
la gallina con l’uovo! Perfino in questo plagiate gli autori stranieri.
Tu sei una semplice traduzione da una lingua straniera!
Anche io, come te ho sputato mille
volte su tutto il resto dell’umanità., poi sono tornato indietro di corsa. Ti
vergognerai e tornerai tra la gente!
Poi lo invita all’naugurazione del
suo appartamento, ma R dice di no (188). Di nuovo il dolore come prava voluptas.
Rask Si appoggiù sul parapetto di
un ponte, stava per svenire quando sopraggiunse una donna che si gettò nel
canale. Aveva un volto giallo, oblungo, marcato dall’alcol. Una guardia di
città si gettò in acqua e la tirò fuori. Era una merciaiola Afrosìniuška,
ubriaca non al primo tentativo.
R pensò che non si sarebbe
suicidato: “l’acqua fa schifo. Non ne farò nulla, è inutile”. Aveva perso l’energia di quando era uscito di
casa per farla finita. Valori capovolti, energia tesa alla morte (cfr. acta retro cuncta nell’Oedipus di
Seneca)
Rimuginava: è davvero una via
d’uscita? Farà lo stesso: vivrò in un metro quadrato di spazio.
Se
la vita non è degna patet exitus. Si
pugnare non vultis, licet fugere (Seneca, De providentia, VI, 7), la via
d’uscita è aperta: l’ultimo dono della provvidenza all’uomo, la suprema
garanzia della libertà. Anche Epitteto (1. 24, 20; 4.10, 22) e Plotino (1, 4,
16) guardano alla morte come a una possibile liberazione dai mali.
Cfr.
invece Leopardi Dialogo di Plotino e
Porfirio: " Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non
ricusiamo di portare quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali
della nostra specie. Sì bene attendiamo a tenerci compagnia l'un l'altro; e
andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere
nel miglior modo questa fatica della vita".
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