Ivano Dionigi |
Un altro spunto ricavato dal libro
di Dionigi per la mia conferenza di oggi
Un altro aspetto del libro di Ivano Dionigi che tocca e fa vibrare le mie
corde è la sua devozione nei confronti della parola e la competenza che rivela
nello spiegarle. Cito un paio di frasi della Premessa a Parole che allungano la
vita per poi commentarle: “E’ fin troppo evidente che noi parliamo male; e
l’incuria delle parole è una delle cause principali della volgarità dei nostri
giorni. Non sono più parole, ma vocaboli, verba
obvia, quelli che troviamo sulla “via”, che tutti usano e calpestano:
parole anonime, inanimate, cadaveriche” Contrappongo a queste parole svigorite
e ai loro nessi altrettanto ovvi il suggerimento che dà Frontone (100-166) di
impiegare verba significantia piene
di significato, ossia insperata atque
inopinata, le parole “insperate” e “impensate” che contraddicono l’opinione
di chi ci ascolta o ci legge (4, 3, 3, praeter
spem atque opinionem audientium aut legentium). Per giungere a tale
capacità sono necessarie disciplina e fatica. Orazio nell’Ars poetica
prescrive: “vos exemplaria Graeca/nocturna versate manu, versate diurna” (vv.
268-269), voi leggete e rileggete i modelli greci, di notte e di giorno.
Nell’Ars poetica (vv. 47-48) il poeta di Venosa suggerisce la callida iunctura
l’accostamento accorto che rinnoverà le parole. Tale rinnovamento oltretutto
può suscitare quello stupore dal quale secondo Aristotele nasce la filosofia:
"dia; ga;r to; qaumavzein oiJ
a[nqrwpoi kai; nu'n kai; to; prw'ton h[rxanto filosofei'n". Dallo
qaumavzein non nasce solo la filosofia ma anche la poesia e tutta la cultura.
Il filovsofo~ infatti è anche filovmuqo~ poiché il mito è composto da
elementi che suscitano meraviglia oJ ga;r
mu'qo~ suvgkeitai ejk qaumasivwn (Metafisica, 982b). Allora, tornando a
Dostoevkij sul quale andrò a parlare tra poco, nei suoi romanzi l’inopinatum ha
la funzione di cavare le maschere e i camuffamenti non solo alle persone ma
anche alle cose. Un suggerimento che si trova pure in una delle Lettere di
Seneca: non hominibus tantum sed rebus
persona demenda est et reddenda facies sua (Ep. 24, 13). Ora esco e vado a
parlare, spero in maniera non ovvia.
giovanni ghiselli
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