Giulio Cesare, dopo la strage di Farsalo e il
pellegrinaggio alle tombe di Achille e di Aiace, a Troia e sull’Ellesponto,
insegue Pompeo verso l’Egitto. Giunto ad Alessandria, riceve dai sicari di
Tolomeo XIII la testa mozzata dell’ex genero nemico. Quindi si reca sulla tomba
di Alessandro “Magno”.
“Illic Pellaei proles
vesana Philippi,-felix praedo, iacet, terrarum vindice fato-raptus” (20-22)
lì giace il figlio pazzo di Filippo di Pella, trascinato via dal
destino vendicatore del mondo. I suoi resti non dovrebbero stare sacratis adytis in
una cella consacrata ma spargenda totum per
orbem avrebbero dovuto essere sparsi per tutto il mondo. Però la Fortuna pepercit-
manibus risparmiò il cadavere (23-24)
Il Macedone è “non utile
mundo-editus exemplo, terras tot posse sub uno-esse viro” (25-27), un non
utile esempio per il mondo di come tante terre possano sottostare a un solo
uomo.
Alessandro disertò le spelonche dei suoi avi, despexit Athenas,
disprezzò Atene vinta da suo padre, “perque Asiae populos fatis urguentibus
actus” (30) spinto dal destino che lo incalzava, humana cun strage
ruit (31) si precipitò in mezzo ai popoli dell’Asia con
strage di uomini.
Cfr. Napoleone in Guerra e pace di
Tolstoj.
Tolstoj
spiega i successi di Napoleone che era "un uomo senza convinzioni, senza
consuetudini, senza tradizioni, senza nome, e che non è neppure francese"
come necessari perché potesse compiersi "il movimento di
carattere militare dei popoli europei da oriente a occidente"[1].
Poi
doveva esserci il movimento inverso, allora "improvvisamente, al posto di
quei casi e di quella genialità , che in modo così progressivo lo
hanno guidato finora, con una serie ininterrotta di successi, verso lo scopo
prestabilito, si profilano una quantità incalcolabile di casi contrari,
dal raffreddore di Borodino al gelo e alla scintilla che incendia Mosca; e
invece della genialità , appaiono una stupidità e una viltà senza ragioni"[2].
“Napoleone
è uno dei soggetti classici di biografia in quanto reputato personaggio
sicuramente ‘decisivo’, eppure per il Tolstoj di Guerra e pace è
quasi una marionetta perché la storia è fatta dalla somma degli infiniti e
contraddittori voleri delle masse”[3].
Non credo
tanto delle masse quanto piuttosto delle “astuzie della ragione”, della
“vecchia talpa”, insomma del destino, o della Storia che ci usa per i suoi fini
Alessandro Magno dunque fu Terrarum fatale
malum (Pharsalia X,
34) mescolò fiumi ignoti, l’Eufrate dei Persiani e il Gange degli Indiani con
il sangue - e fu sidus iniquum -
gentibus (36-37), stella ostile al genere umano.
Il Macedone, se fosse vissuto più a lungo, sarebbe andato
verso i tramonti del globo seguendo la curvatura della terra - “isset in occasus
mundi devexa secutus” (39) ma occurrit suprema dies (41)
gli andò contro l’ultimo giorno e la natura potuit finem vaesano
ponere regi (42), potè imporre un termine al re pazzo.
Non migliore è il giudizio di Lucano su Giulio Cesare,
altro massacratore di genti, compresa la propria, finito male pure lui.
giovanni ghiselli
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