Ritratto del 1872 a opera di Vasilij Perov |
Fëdor Dostoevskij (1821
- 1881)
Prima parte della conferenza su Delitto e castigo
che terrò il 22 luglio a Bologna, in piazza Verdi,
dalle ore 19
Argomenti Ambivalenza dei sentimenti e dei personaggi. Prevalenza
dell’irrazionale. La ratio non è naturae imitatio (cfr.
Seneca Ep.66, 39). I romanzi di Dostoevkij smontano il logos come
fanno le tragedie di Sofocle e le Baccanti di Euripide.
La dialettica cede nelle cuciture: ad essa deve subentrare la vita.
I tre
romanzi più noti sono Delitto e castigo (1866); L’idiota (1869); I
fratelli Karamazov (1880)
D. ha
contribuito a scoprire il principio più importante della psicologia
moderna: l’ambivalenza dei
sentimenti: Marmeladov gode della propria sofferenza, come pure
Alexej - del Giocatore. Ci sono zone psichiche incontrollate dall’impotentia dei
personaggi.
Coesistono
in Raskòlnikov criminalità e spirito di sacrificio, egoismo e generosità.
Alexej, il giocatore:
“Noi Russi siamo dotati di una personalità multiforme.
Svidrigàjolov
è un pervertito e un benefattore, Sonja è la prostituta santa, l’idiota è un
genio. Come Socrate, Cristo, Seneca i suoi personaggi sono segni di
contraddizione, amati e odiati.
Aggiungo il
Napoleone di Manzoni con i sentimenti contraddittori che suscita.
“Segno
d’immensa invidia
E di pietà
profonda
D’inestinguibil
odio
E d’indomato
amor” ( Il 5 maggio) vv. 57 - 60)
Cristo quale
segno di contraddizione
Cfr. N.
T. Luca 2, 35: Simeone homo iste iustus et timoratus et
spiritus sanctus erat in eo. aspettava di vedere il Cristo del
Signore prima di morire. E quando vide puerum Iesum portato
nel tempio dai genitori disse : “Nunc dimittis servum tuum Domine, secundum
verbum tuum in pace”.
Aveva
infatti visto il lumen ad rivelationem gentium, la luce che
illumina le genti
Poi disse a
Maria: “ecce positus est hic in ruinam et in resurrectionem multorum in
Israel et in signum cui contradicetur, ut revelentur ex multis
cordibus cogitationes segno cui si contraddirà perché siano svelati i
pensieri da molti cuori. Anche a te, aggiunge Simone a Maria Simone, anche a te
una spada trafiggerà l’anima (Luca, 2, 34 - 35)
I suoi
personaggi sembrano sempre in attesa del giudizio universale.
“Vogliamo
sfidare la sorte, darle uno schiaffo e mostrarle la lingua” (Alexej)
Regna una
tensione terribile, spesso si scatena il caos. Il dionisiaco prevale
sull’apollineo: la conclusione è irrazionalistica poiché la soluzione non viene
dalla forza e dal rigore dell’intelletto ma piuttosto dal sacrificio della
ragione, dalla vita stessa che prevale sulla dialettica.
La ratio per
questi personaggi, non è, come per Seneca, naturae imitatio[1] ma
semmai una limitazione o addirittura una contraffazione della natura.
Nel 1849 D.
fu condannato a morte per la sua appartenenza a cerchie radicali e
socialisteggianti. Poi la pena fu ridotta a 4 anni di lavori forzati. Ne uscì
cambiato e divenne un difensore dell’autorità, mistico, reazionario.
Comunque
nella sua arte ha grande importanza la solidarietà con gli umiliati e gli
offesi, una solidarietà fatta di compassione senza auspici rivoluzionari. Cfr.
Giovanni Pascoli.
Si sente
solidale soprattutto con il proletariato intellettuale come Raskolnikov; egli
stesso si definiva “cavallo da posta” poiché lavorava sempre sotto l’assillo
del contratto. La gente colta dovrebbe congiungersi con il popolo ingenuo e
credente.
I suoi
personaggi “eccezionali” come Myskin o Raskòlnikov sono esclusi da ogni classe
sociale
“Noi non
abbiamo contrasti di classe - scrisse - poiché l’anima russa è più grande dei
contrasti di classe”.
La tipicità
di alcuni popoli europei (il Giocatore):
I Russi sono
sregolati e tendono allo sperpero.
gli Inglesi
sono per lo più goffi e ineleganti.
I Francesi
sono commedianti, artefatti. Sono del resto capaci di forma, una forma
ereditata, come un vestito. Cfr. le smorfiette e le leziosaggini di Blanche in
confronto alla durezza di Polina. I Francesi avevano già la forma quando i
Russi erano ancora degli orsi
I Tedeschi
sono soggetti all’autorità del Vater, poi dei vari capi (cfr.
la Germania di Tacito). Tendono ad accumulare denaro e a
giustiziare quelli diversi da loro.
In Delittio
e castigo abbiamo una rappresentazione naturalistica della città
moderna: un luogo di cupa miseria con le bettole come nature morte.
Eppure manca la polemica sociale.
D ha una
passione maniacale per lo studio dell’anima umana: “mi chiamano psicologo - scrive
- ma non è esatto; io sono
realista nel senso più alto: rappresento tutte le profondità dell’anima umana”. I suoi personaggi sono pensatori maniacali,
in lotta con le loro idee, come Eracle con i mostri giganti.
La
loro attività incoercibile è il pensare e il dialogare. La critica mette in
rilievo la struttura drammatica
dei suoi romanzi, contrapponendoli all’ampio flusso epico di quelli di Tolstoj.
Questo
descrive con ritegno costumi e atteggiamenti aristocratici (cfr. la sui
neglegentia di Anna Karenina), mentre D ama situazioni estreme, allucinate, caratteri esasperati, e rifugge dalla rappresentazione del normale,
del quotidiano. Un sottoproletariato, diverso rispetto a quello di
Pasolini.
Cerca il demoniaco, l’anormale, lo spettrale, il patologico anticipando
vari aspetti del decadentismo. E’ una rivolta contro la visione scientifica, contro l’illuminismo che
non salva e non valorizza le differenze, contro la dialettica di Hegel cui deve
succedere la vita.
Come aveva
già fatto Sofocle, D smonta il logos.
Nell’epilogo
di Delitto e castigo leggiamo di Rask. in Siberia, condannato
a 8 anni di lavori forzati e finalmente innamorato di Sonia dopo molte
resistenze mentali e tanto rimuginare: “Quella sera non gli era possibile
pensare a lungo ad una sola cosa né concentrarsi in un solo pensiero; non
riusciva a ragionare su nessun problema: poteva soltanto sentire. Alla dialettica era subentrata la vita e nella sua coscienza
si preparava ormai qualcosa di completamente, oscuramente diverso” (p. 620,
Garzanti, 1973,
Intanto
“Sonja era così felice da avere quasi paura della sua stessa felicità” (p. 621)
Quanto al
“poteva soltanto sentire” di R, è una ripresa di quello che aveva detto
Marmeladov ubriaco nella bettola di S Pietroburgo, quando dice a Raskolnikov
che lo osserva: “Signor mio, forse tutto questo vi farà ridere, come gli altri,
e io non faccio che infastidirvi con la stupidità di questi miserabili
particolari della mia vita domestica; ma il fatto è che a me non fanno ridere! Poiché queste sono tutte cose
che io sento” (p. 24)
Rodiòn Raskòlnikov
viveva a San Pietroburgo in uno stambugio
che sembrava più un armadio che una stanza.
Era sempre
in arretrato con l’affitto e temeva di incontrare la padrona che viveva al
piano di sotto. Il ragazzo attraversava uno stato di irritabilità e di tensione
simile all’ipocondria[2].
Si era isolato dal resto del mondo. Era afflitto dalla miseria e non poteva
pagare. Non temeva la padrona di casa ma non voleva darle spiegazioni. Era in
una certa confidenza con lei poiché era stato fidanzato con la figlia, poi
morta, di lei.
D dà
piena cittadinanza all’ejnantivon, il contrario, mentre Hegel accettava solo l’ e[teron l’alterità
superabile nella sintesi.
Cfr. Moosbrugger
in Musil e la diversità in Erodoto.
D riconosce
non solo le diversità tra gli uomini ma anche le anomalie, le deviazioni, le
mostruosità dei singoli individui. E’ doveroso ma non difficile difendere i
diversi come i negri o le donne. D
difende il ragazzo che massacra le vecchie e spiana la strada ai mostri del
decadentismo, a Moosbrugger che quando sentiva dire di una ragazza bocca
di rosa, vedeva il volto della ragazza come una rosa da recidere con il
coltello.
“Aveva detto
a una ragazza bocca di rosa ma a un certo punto la parola cedeva nelle
cuciture, il viso si trasfigurava e diventava una rosa; allora diventava
irresistibile la tentazione di prendere un coltello e reciderla o di darle un
colpo perché tornasse al suo posto” (L’uomo senza qualità, p. 232)
Il peggiore dei mali è l’individualismo che porta al caos e all’anarchia, il principium
individuationis è la negazione dell’idea divina che si manifesta nel
popolo. Raskòlnikov vuole provare a se stesso che può diventare un Napoleone, e
la sua azione criminale è prima di tutto un esperimento mentale. La solitudine
e la povertà l’hanno portato alla mania. Comunque l’arzigogolare che occupa
mezzo libro non è volgare né stupido. Vuole ammazzare una vecchia usuraia e con
i soldi di lei aiutare se stesso e i poveri. Una morte in cambio di cento vite: questa non è morale ma matematica.
R è una vittima non solo dell’ingiustizia sociale ma anche delle suggestioni
che provengono dalla cultura occidentale.
Il muro di
Berlino, diceva Adriana Zarri, andrebbe rialzato.
L’invasione dell’Occidente è la tragedia vera. Dall’Occidente trabocca
infelicità.
I Demoni hanno
avuto un cattivo maestro francofilo: Stepan Trofimovič Verchovenskij , il
tutore di Nikolaj quando questi era un bambino, Nikolaj (Nikolas) Vsevolodovič
Stavrogin.
La posizione
di Raskolnikov quando vuole assimilarsi agli “straordinari” è il rovescio di
quella del coro delle menadi di Euripide le quali affermano di volere
tenere
la mente e l’anima lontane
dagli uomini
straordinari;
ciò che la
massa
più semplice
crede e pratica,
questo io
vorrei accettare (Baccanti, vv. 428 - 432).
Ci arriverà
anche questo ragazzo dopo avere sofferto e compreso.
Napoleone,
il cattivo modello di Rask, è uno squallido individuo anche in Guerra e
pace (1869) di Tolstoj
Seneca
scrive su questi presunti grandi: Non sono invidiabili i ricchi, i potenti né
i grandi duci che
vincono i nemici. Hi quoque ut vincerent hostem, cupiditate victi
sunt (…) tunc cum agere alios visi
sunt, agebantur. Agebat
infelicem Alexandrum furor aliena vastandi et ad ignota
mittebat. (Ep. 94,
61), lo mandava verso l’ignoto che sarebbe stato meglio non conoscere
(cfr. Alexandros di Pascoli)
Ai grandi
duci massacratori di popoli mancano le caratteristiche che rendono umano un
uomo: il dubbio filosofico, la sensibilità artistica, la comprensione, la
compassione.
Pesaro 5
luglio 2020
giovanni
ghiselli
[1] Quid est ergo ratio?
Naturae imitatio. Quod est summum hominis bonum? Ex naturae voluntate
se gerere (Ep. 66, 39).
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