Marco Anneo Lucano |
Dei
due fratelli di “Seneca morale”, “ovvero il toreador della virtù” , il
primogenito si chiamava Anneo Novato, il nostro autore era il secondogenito, e
il minore, Lucio Anneo Mela, è il padre del poeta Lucano Lucano in Dante. NEL
canto IV canto dell’Inferno di Dante, il poeta con Virgilio sono stati
traghettati sull’Acheronte e si trovano nel limbo dei non battezzati. A un
certo punto vedono un fuoco che vinceva un emisfero di tenebre. Dante discerne
“ch’orrevol gente possedea quel loco” (72). Sono i magnanimi corrispondenti al
greco megalovyucoi. L’orrevole, onorevole, gente degna di onore. La timhv
è il premio
che l’eroe omerico, il magnanimo si aspetta in cambio dell’ajrethv. Achille piange quando
Agamennone gli toglie Criseide e l’onore. Tetide chiede a Zeus di onorargli il
figlio. Achille si rifiuta di combattere constando che l'uomo codardo e il
valoroso sono tenuti nello stesso onore: "ejn de; ijh'/ timh'/
hjme;n kako;" hjde; kai; ejsqlov" . Allora sua madre implora Zeus di
onorargli il figlio: "tivmhsovn moi uiJovn", onora mio figlio
- prega - , poiché è di vita più breve degli altri, e il signore di genti
Agamennone lo disonorò ("hjtivmhsen" ) : gli ha preso
il suo dono e lo tiene. Quindi Dante torna sull’onore chiedendo a Virgilio: “O
tu ch’onori scïenzïa e arte,/questi chi son ch’hanno cotanta onranza,/che dal
mondo de li altri li diparte?” (73 - 75) E Virgilio torna sulla stessa parola
trasformata in aggettivo: “E quelli a me: ‘L’onrata nominanza/che di lor suona
su ne la tua vita,/grazïa acquista in ciel che sì li avanza” (76 - 78).
Nel
Convivio la magnanimitade è definita “moderatrice e acquistatrice de’ grandi
onori e fama” (IV, 17, 5) Quindi si sente una voce: “Onorate l’altissimo
poeta;/l’ombra sua torna, ch’era dipartita”. Cfr. Purgatorio XXI, 85. “il nome
che più dura e onora” è quello di poeta. Poi Dante vede “a noi venire” “quattro
grand’ombre” le quali “sembianz’ avean né triste né lieta” (84). E’
l’atteggiamento riflessivo del saggio che non si altera mai: “Maximum indicium
malae mentis est fluctuatio. Magnam rem puta unum hominem agere (Seneca, Ep.
120, 22) considera grande cosa rappresentare sempre la stessa parte. Mentre noi
uomini mutamus subinde personam, cambiamo maschera spesso et contrariam ei
sumimus quam exuimus. Di uno visto ieri è difficile domandarsi a ragione hic
qui est? Tanta mutatio est. Vale Quindi Virgilio nomina i componenti della
“bella scola” : Mira colui con quella spada in mano,/che vien dinanzi ai tre sì
come sire:/ quelli è Omero poeta sovrano;/l’altro è Orazio satiro che vene;/
Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano”. A parte Omero non conosciuto direttamente,
sono i poeti più letti nella scuola medievale. Omero comunque tiene il primato
ne “la bella scola/ di quel segnor de l’altissimo canto/ che sovra l’altri
com’aquila vola” (94 - 96). Secondo la retorica del Medio Evo la poesia epica
era la più alta. Lo stile epico e tragico. I cinque poeti parlano tra loro, poi
fanno onore a Dante salutandolo e cooptandolo nella loro schiera: “volsersi a
me con salutevol cenno/ e il mio maestro sorrise di tanto; /e più d’onor ancora
assai mi fenno,/ch’e’ ssì mi fecer de la loro schiera,/sì ch’io fui sesto tra
cotanto senno”. Lucano è di nuovo ricordato, pur senza essere nominato nel
terzo girone del VII cerchio dove c’è la landa desertica dei bestemmiatori: Lo
spazzo era una rena arida e spessa,/non d’altra foggia fatta che colei/ che fu
da’ piè di Caton già soppressa” (Inferno, XIV, 13 - 15).
Nella Pharsalia,
Catone fa una marcia di due mesi in Libia e Lucano conia l’aggettivo arenivagus
(9, 941) che vaga per le sabbie. Lucano viene di nuovo nominato nel XXV canto
dell’Inferno che descrive la settima bolgia dell’ottavo cerchio, quella dei
ladri sottoposti a metamorfosi orrende: “Taccia Lucano omai là dov’e’ tocca
/del misero Sabello e di Nasidio,/e attenda a udir quel ch’or si scocca” (94 - 96).
Il riferimento è ancora al nono canto della Pharsalia dove un Sabello morso da
un serpente fu annichilito, la ferita allargata in caverne, rimase senza corpo
(sine corpore vulnus (9, 769), mentre Nasidio si gonfiò fino a divenire una
massa informe. Miscens cuncta tumor (793) un gonfiore che tutto confonde gli
tende la pelle (tendit cutem) la misura umana viene superata e ipse latet
penitus (796), l’uomo è nascosto nel profondo, immerso nel corpo accumulato - congesto
corpore mesto (796). Dante a parer mio non è più bravo di Lucano. Non lo è nel
disvelamento e denuncia dei segreti e misfatti del potere.
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