Rondine Nera Illustrazione Del Fumetto Rondine Dell'inchiostro |
Polisemia
degli animali Seconda parte
Argomenti
La rondine nera che annuncia la morte e quella che invece
svolazza amichevolmente sul capo dell’uomo (Bettini). Il corvo nerissimo del resto entra in una similitudine con l’uomo che
porta bene l’età (Satyricon). Gli uccelli non cantano quando stanno male
(Platone, Fedone). Il cane e la cagna, simboli tanto di fedeltà
quanto di sfacciataggine e dissolutezza. La cagna può essere una nutrice
sostitutiva della madre o pure indicare una prostituta della nostra specie.
Romolo e Ciro. La Sfinge: figura ibrida. Il classico secondo alcuni iconizza un
sistema di valori, secondo altri, quorum ego, presenta ogni persona e cosa in
modo problematico.
Maurizio Bettini dedica
un capitolo (il IV "Turno e la rondine nera") del suo Le
orecchie di Hermes alla rondine come uccello dal doppio significato. A
una nigra hirundo viene paragonata Giuturna mentre si sposta
tra i nemici alla guida del carro e trascina il fratello Turno verso la morte
cui è già consacrato:"Nigra
velut magnas domini cum divitis aedes - pervolat et pennis alta
atria lustrat hirundo - pabula
parva legens nidisque loquacibus escam, - et nunc porticibus vacuis, nunc umida
circum - stagna sonat: similis medios Iuturna per hostis - fertur" (Eneide,
12, 473 sgg.), come quando nera una rondine vola attraverso la grande casa di
un uomo ricco e con le ali percorre gli alti atri raccogliendo piccoli alimenti
e il cibo per il garrulo nido, e garrisce ora per i portici vuoti, ora intorno
agli umidi stagni: similmente Giuturna si muove in mezzo ai nemici.
Questa
similitudine risulta "molto virgiliana (…) per una certa atmosfera
sottilmente inquieta, ambigua, che la pervade tutta. La rondine è creatura
lieta, si dice, porta la primavera e ama le case degli uomini[1].
Eppure, questo suo correre di rondine nigra attraverso
l'edificio (aedes) e gli alta atria, il grido che risuona
dalle vacuae porticus, suscitano in chi legge un imprecisabile
senso di angoscia (…) quel nigra, trascurando il dato ornitologico,
ha soprattutto la funzione di preannunziare il cupo destino che incombe su
Turno (…) E poi c'è nigra. La similitudine si apre con questo
aggettivo, e il sostantivo hirundo compare solo alla fine del
verso successivo, in una tensione lunghissima. Due interi versi in cui una
macchia nera, indefinita, attraversa volando la casa dell'uomo ricco, fra le
colonne del portico: e quando, finalmente, questa macchia - epiteto si
riaggancia al suo sostantivo, hirundo, l'impressione di
"nero" è già troppo profondamente marcata in chi legge. Scoprire che
si tratta della rondine - l'amica degli uomini, si dice - è sollievo limitato
(…) Ma l'esempio forse più interessante è costituito da una storia che si
narrava di Alessandro Magno[2].
Il generale stava dormendo , "a mezzogiorno", quando una rondine
cominciò a volteggiare sulla sua testa. Alessandro, ancora nel sonno, tentò di
scacciarla con una mano, ma la rondine non voleva saperne di andarsene. Si
allontanò solo quando il Macedone, destatosi, la colpì con forza - ma prima
lasciò cadere su di lui i suoi escrementi[3].
Alessandro si spaventò molto del prodigio, e mandò a chiamare l'indovino
Aristandro di Telmisso, che abilmente lo rassicurò. L'indovino volse il
prodigio in bonam partem appellandosi al carattere di
"amica dell'uomo" posseduto dalla rondine. Si tratta di uno dei
tipici casi in cui, di fronte a una credenza di tipo bipolare, la dialettica
fra dark side e bright side viene utilizzata
per fini di carattere "contestuale": sfruttandone le intrinseche
possibilità di manipolazione."[4].
Un esempio
di lato luminoso e positivo di uccello nero, del tuttonero, si trova nel Satyricon:
“aetatem bene ferebat, niger tamquam corvus” (43, 7), portava bene
l’età, nero come un corvo.
Socrate
nel Fedone platonico nega la possibilità che un uccello possa
cantare per dolore: gli uomini - dice - non tengono conto che nessun uccello
canta quando ha fame o ha freddo o soffre qualche altro dolore, “oujde; aujth;
h{ te ajhdw;n kai; celidw;n kai; oJ e[poy, a} dhv fasi dia; luvphn qrhnou'nta
a[/dein” (85a),
neppure lo stesso usignolo e la rondine e l’upupa, dei quali dicono che cantino
lamentando il dolore.
Il cane può essere un simbolo di
fedeltà. Tale è quello accucciato ai piedi di Ilaria del Carretto nel monumento
funebre commissionato a Jacopo della Quercia da Paolo Guinigi, signore di
Lucca, per la moglie morta di parto nel 1405. Ma la cagna può significare la
femmina dissoluta, quindi anche la moglie infedele. Quando Clitennestra nell'Agamennone "afferma
che il re ritrova in lei gunai'ka pisthvn, dwmavtwn kuvna, essa dice in realtà il contrario
di ciò che sembra: gunai'k j a[piston, "una moglie infedele", che si è comportata
come una cagna (606 - 7). Come nota lo scoliaste, kuvwn (la cagna) significa una donna
che ha più di un uomo"[5].
Tito Livio narra che una lupa offrì la mammella a
Romolo e Remo i quali poi vennero raccolti dal pastore Faustolo che li portò
nella sua capanna perché li allattasse la moglie Larenzia. Quindi aggiunge una
spiegazione razionalistica della leggenda:"Sunt qui Laurentiam vulgato
corpore, lupam inter pastores vocatam putent; inde locum fabulae ac miraculo
datum." (I, 4, 7) Ci sono quelli che pensano che Laurenzia fosse
chiamata lupa tra i pastori in quanto si prostituiva; di qui prese origine la
leggenda e il miracolo.
Erodoto, narrando la storia di Ciro, nipote di
Astiage, narra che Arpago ricevette dal nonno l’ordine di esporre il bambino.
Invece il cortigiano lo affidò al bovaro
Mitridate la cui moglie aveva partorito un bimbo morto e allevò il figlio di
Mandane e di Cambise al posto di quello. Il nome della della donna era Kunw' che sarebbe la traduzione in greco della parola meda Spakwv: th;n ga;r kuvna kalevousi spavka Mh'doi (I, 110), i Medi chiamano il cane “spax”.
La cagna dunque può essere una figura che sostituisce
quella materna e assumere diverse valenze. Clitennestra nelle Coefore
presagisce al figlio la vendetta delle Erinni:" fuvlaxai mhtro;" ejgkovtou" kuvna"" (v. 924), guardati dalle cagne rabbiose di tua madre.
Nell’Edipo re “la Sfinge dal canto
variopinto"(v.130), non è solo un atroce flagello ma è pure un allettante
cartello pubblicitario: Edipo la chiama hJ
rJayw/dov"… kuvwn (v. 391), la cagna cantatrice.
“Nella
mitologia greca la figura ibrida è, in generale, un contrassegno di
appartenenza a un mondo primitivo"[6].
Pure l'interpretazione
del classico è problematica e doppia:" anche nel nostro tempo è possibile
scegliere tra due opposti usi del "classico" : quello che lo iconizza
come un immobile sistema di valori e quello che vi cerca la varietà e la
complessità dell'esperienza storica. Il primo dei due usi del
"classico" (il più frequente) può accettare agevolmente, anzi
incoraggiare, il continuo regresso degli studi classici nei percorsi formativi,
perché si accontenta di poco (le icone si riveriscono, non si esplorano); il secondo
richiede invece di interrogarsi a fondo sul possibile significato e futuro del
"classico" nella scuola, nell'università, nella cultura condivisa dai
cittadini"[7].
Sentiamo un
intervento giornalistico di questo studioso.
“L’antica
Roma ha riguadagnato una sua attualità attraverso lo specchio della storia
contemporanea (film come Gladiator e L’ultima legione si
spiegano così). Se possibile ancora più attuale è (o sembra) la cultura greca.
Parliamo ogni giorno di democrazia, magari citando l’Atene di
Pericle. Parliamo di politica, anche se di solito dimenticando che
per tale dovrebbe intendersi il governo della polis, e non il
piccolo cabotaggio dei partiti. Greche sono parole come “storia” e “filosofia”,
greci il lessico della medicina e il giuramento di Ippocrate, greci molti
concetti della critica d’arte e della letteratura. Le Olimpiadi si portano fino
a Pechino nome e ritualità di matrice greca, greco di nome è il “complesso di
Edipo”; e non si contano le arti, scienze e discipline, dalla matematica alla
geografia, dall’astronomia alla musica, che in tutte le lingue europee portano
un nome greco. Perciò Hegel poté dire che “al nome Grecia l’uomo
colto europeo subito si sente in patria”; perciò per Stuart Mill “la battaglia
di Maratona, anche come evento della storia inglese è più importante della
battaglia di Hastings. Se in quel remoto giorno i Greci non avessero vinto,
Britanni e Sassoni forse vagherebbero ancora per le selve”. Eppure questo senso
di familiarità, di attualità dell’antico rischia di essere doppiamente
ingannevole. Da un lato, esso si accompagna a un arretramento costante della
cultura e dell’educazione classica nelle scuole(…) Dall’altro, il richiamo alla
cultura greco - romana come radice dell’Occidente troppo spesso sfuma in un più
o meno nascosto senso di superiorità della nostra cultura rispetto alle altre
(…) Pezzi staccati di un riconoscibile DNA greco e romano ci stanno nel sangue,
negli occhi, nelle parole, nei concetti e nelle visioni del mondo. Eppure non
ci bastano, e se non allarghiamo lo sguardo ci frenano e ci infastidiscono (…)
Forse è per questo che in impressionante escalation persino
intellettuali e saggisti rinunciano sempre più spesso a leggere le letterature
classiche, non entrano nei musei archeologici, confondono Cesare con
Alessandro. Intanto, si continua nonostante tutto a cercare in quei testi e in
quelle storie una vaga e desultoria ispirazione, che prende spesso la forma del
più arbitrario florilegio, delle citazioni fatte a caso, e tuttavia con valore
legittimante: come un capitello, un fregio o una colonna si incastrano
inconsapevoli, inerti nelle architetture post - moderne. Eppure, una vera e
vibrante curiosità verso i Greci e i Romani può generare un’altra tensione,
imporre altri orizzonti. Insoddisfatti dell’opposizione fra Greci e “barbari”
(ma consapevoli che il greco barbaros non implica giudizi di valore[8],
non equivale a “selvaggio”; indica chi parla una lingua diversa dal greco), che
in passato ispirò imperialismi e colonialismi d’Europa, possiamo ormai
ricordarci che i Greci non pensarono mai di fondare l’Occidente, ma al
contrario esplorarono con viva ansia di scoperta l’Oriente e l’Egitto,
cercandovi miti, e merci, e saggezza. Li troviamo sulle coste del Mar Nero o
della Spagna, in Sicilia o in India, a costruire un’infinita varietà di culture
locali, sempre curiosi di vedere e di conoscere, con quello spirito che un
sacerdote egizio, parlando con Solone, riconobbe come una loro caratteristica:
“Un Greco vecchio non esiste, voi Greci siete sempre fanciulli”. Lo racconta
Platone nel Timeo[9]”[10].
giovanni
ghiselli
p. s. Questo
blog ha superato il milione di letture in 7 anni 5 mesi e 3 giorni.
[1] Cfr. soprattutto Eliano, La
natura degli animali, I, 52; D. W. Thompson, A Glossary of Greek
Birds, Oxford, London 1936, pp. 314 sgg.
[3] Si narrava che lo stesso
incidente fosse capitato a Gorgia. Il quale se la cavò, però, senza allarmarsi
e con molto spirito, esclamando "non son cose da farsi, queste,
Filomela!" (Plutarco, Questioni conviviali, 8, 7, 2).
Il
particolare degli escrementi non è raccontato da Arriano (n.d. r)
[10] Salvatore Settis, Pericle,
nostro vicino di casa, “Il sole 24 ore”, domenica 31 agosto 2008, p. 27.
Nessun commento:
Posta un commento