domenica 26 luglio 2020

La filosofia e lo sport. Da Epicuro a Epitteto


Ieri sono andato a Senigallia per assistere al Secondo Festival Epicureo. Quest’anno il tema è stato quello della libertà. Io non ero tra i relatori per il necessario avvicendamento. Alla fine della serata l’organizzatore e direttore, Michele Pinto, mi ha invitato a preparare per l’anno prossimo un percorso su Epicuro e lo sport. Questa mattina ho iniziato a raccogliere alcune parole di Epicuro che si possano accostare alla disciplina sportiva, e siano avvicinabili a quelle di altri autori ugualmente applicabili a gare e certami. Parto dunque da Epicuro: “Non sono simposi povtoi e baldorie continue kai; kw'moi suneivronte a generare una vita piacevole, né i godimenti di fanciulli, donne né di pesci - oujd j ajpolauvsei" paivdwn kai; gunaikw'n oujd j ijcquvwn, e di quante altre cose porta una lauta mensa fevrei polutelh;" travpeza, ma un sobrio calcolo che indaga le cause di ogni scelta e rifiuto - ajlla; nhvfwn logismo;" kai; ta;" aijtiva" ejxereunw'n pavsh" aijrevsew" kai; fugh', e che scacci le false opinioni kai; ta;" dovxa" ejxelauvnwn dalle quali un enorme turbamento plei'sto" qovrubo prende le anime (A Meneceo, 132). Nel Fedro, Platone approva le persone che giungono ad avere il dominio di sé, e sono moderate, grazie al prevalere della parte migliore e più elevata dell’anima. Costoro giunti al termine della vita, ridivenuti alati e leggeri uJpovpteroi kai; ejlafroi; gegonovte" - hanno vinto una delle tre gare veramente olimpiche (tw'n triw'n palaismavtwn tw'n wJ~ ajlhqw'~ jOlumpiakw'n e{n, 256b). 

Pindaro scrive che “la gloria/di Pelope da lontano brilla negli stadi degli agoni/Olimpici dove gareggia velocità di piedi/e vertici ardimentosi di forza;/e il vincitore per il resto della vita/ha una dolce serenità” (Olimpica I, vv. 93 - 98). Il vate tebano, celebrando la vittoria di Ferenico, il cavallo di Gerone di Siracusa alle Olimpiadi del 476, sentenzia: chi è grande in un campo chi in un altro: ma/la cima più alta si solleva/ per i re ( Olimpica I , vv.vv. 112 - 114).

Plutarco racconta che Alessandro Magno non volle partecipare ai giochi olimpici. Ai cortigiani che gli domandavano se volesse correre nello stadio di Olimpia rispose: ei[ ge (…) basilei'~ e[mellon e{xein ajntagwnistav~ (4, 10), sì, se dovessi avere come avversari altri re. Luciano in Erodoto o Aezione scrive che Erodoto non fu non spettatore (ouj qeathvn) ma partecipò alle gare olimpiche ( ajll j ajgwnisth;n), cantando le sue storie (a/{dwn ta;" iJstoriva", 1) ed ammaliando i presenti, al punto che i suoi libri furono chiamati Muse, dato che anch'essi sono nove. Sentiamo infine (per ora) Epitteto “Di ciascuna opera considera i precedenti e le conseguenze sue, e così vai verso di lei. Se no, dapprima andrai con entusiasmo, in quanto nessuna delle conseguenze hai considerato, ma poi al manifestarsi di certe difficoltà, vergognosamente ti ritirerai. Vuoi vincere le gare olimpiche? Anche io per gli dèi: infatti è cosa elegante. Ma considera le premesse e le conseguenze e così intraprendi l’opera. Bisogna che tu abbia un ordine, che ti sottoponga a una dieta, che ti astenga dai dolci, che ti alleni per forza, nell’ora stabilita, nel caldo, nel freddo, che non beva roba fredda, né vino, a casaccio, ma devi consegnarti assolutamente all’allenatore come a un medico, poi in gara devi affondare nella sabbia, c’è il caso che debba slogarti una mano, storcerti una caviglia, ingoiare molta polvere, talora essere frustato, e con tutto questo anche essere sconfitto. Considerate queste cose, se ancora lo vuoi, vai a fare l’atleta. Se no, ti comporterai come i ragazzini, che ora giocano alla lotta, ora invece a fare i gladiatori, ora poi suonano la tromba, ora fanno gli attori tragici; così anche tu ora fai l’atleta, ora il gladiatore, ora il retore, ora il filosofo, ma con tutta l’anima nulla (Manuale, 29).

giovanni ghiselli.

Pesaro 26 luglio 2020, ore 11, 25

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