Ieri sono andato a Senigallia per
assistere al Secondo Festival Epicureo.
Quest’anno il tema è stato quello della libertà. Io non ero tra i relatori per
il necessario avvicendamento. Alla fine della serata l’organizzatore e
direttore, Michele Pinto, mi ha invitato a preparare per l’anno prossimo un
percorso su Epicuro e lo sport. Questa mattina ho iniziato a raccogliere alcune
parole di Epicuro che si possano accostare alla disciplina sportiva, e siano
avvicinabili a quelle di altri autori ugualmente applicabili a gare e certami.
Parto dunque da Epicuro: “Non sono simposi povtoi e baldorie
continue kai;
kw'moi suneivronte a generare una vita
piacevole, né i godimenti di fanciulli, donne né di pesci - oujd j ajpolauvsei" paivdwn
kai; gunaikw'n oujd j ijcquvwn, e di
quante altre cose porta una lauta mensa fevrei polutelh;" travpeza, ma un sobrio calcolo che indaga le cause di ogni
scelta e rifiuto - ajlla;
nhvfwn logismo;" kai; ta;" aijtiva" ejxereunw'n pavsh"
aijrevsew" kai; fugh', e che scacci
le false opinioni kai;
ta;" dovxa" ejxelauvnwn dalle
quali un enorme turbamento plei'sto" qovrubo prende
le anime (A Meneceo, 132). Nel Fedro, Platone approva le persone che giungono
ad avere il dominio di sé, e sono moderate, grazie al prevalere della parte
migliore e più elevata dell’anima. Costoro giunti al termine della vita,
ridivenuti alati e leggeri uJpovpteroi kai; ejlafroi; gegonovte" - hanno vinto una delle tre gare veramente olimpiche (tw'n triw'n palaismavtwn tw'n
wJ~ ajlhqw'~ jOlumpiakw'n e{n, 256b).
Pindaro scrive che “la gloria/di Pelope da lontano brilla negli stadi degli
agoni/Olimpici dove gareggia velocità di piedi/e vertici ardimentosi di
forza;/e il vincitore per il resto della vita/ha una dolce serenità” (Olimpica
I, vv. 93 - 98). Il vate tebano, celebrando la vittoria di Ferenico, il cavallo
di Gerone di Siracusa alle Olimpiadi del 476, sentenzia: chi è grande in un
campo chi in un altro: ma/la cima più alta si solleva/ per i re ( Olimpica I ,
vv.vv. 112 - 114).
Plutarco racconta che Alessandro Magno non volle partecipare
ai giochi olimpici. Ai cortigiani che gli domandavano se volesse correre nello
stadio di Olimpia rispose: ei[ ge (…)
basilei'~ e[mellon e{xein ajntagwnistav~ (4,
10), sì, se dovessi avere come avversari altri re. Luciano in Erodoto o Aezione
scrive che Erodoto non fu non spettatore (ouj qeathvn) ma
partecipò alle gare olimpiche ( ajll j ajgwnisth;n),
cantando le sue storie (a/{dwn
ta;" iJstoriva", 1) ed
ammaliando i presenti, al punto che i suoi libri furono chiamati Muse, dato che
anch'essi sono nove. Sentiamo infine (per ora) Epitteto “Di ciascuna opera
considera i precedenti e le conseguenze sue, e così vai verso di lei. Se no,
dapprima andrai con entusiasmo, in quanto nessuna delle conseguenze hai
considerato, ma poi al manifestarsi di certe difficoltà, vergognosamente ti
ritirerai. Vuoi vincere le gare olimpiche? Anche io per gli dèi: infatti è cosa
elegante. Ma considera le premesse e le conseguenze e così intraprendi l’opera.
Bisogna che tu abbia un ordine, che ti sottoponga a una dieta, che ti astenga
dai dolci, che ti alleni per forza, nell’ora stabilita, nel caldo, nel freddo,
che non beva roba fredda, né vino, a casaccio, ma devi consegnarti
assolutamente all’allenatore come a un medico, poi in gara devi affondare nella
sabbia, c’è il caso che debba slogarti una mano, storcerti una caviglia,
ingoiare molta polvere, talora essere frustato, e con tutto questo anche essere
sconfitto. Considerate queste cose, se ancora lo vuoi, vai a fare l’atleta. Se
no, ti comporterai come i ragazzini, che ora giocano alla lotta, ora invece a
fare i gladiatori, ora poi suonano la tromba, ora fanno gli attori tragici;
così anche tu ora fai l’atleta, ora il gladiatore, ora il retore, ora il
filosofo, ma con tutta l’anima nulla (Manuale, 29).
giovanni ghiselli.
Pesaro 26 luglio 2020, ore 11, 25
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