San Pietroburgo |
L'assassinio
Argomenti:
L’assassinio
delle due donne. In giro per San Pietroburgo. Nel commissariato.
L’accendersi e spengersi intermittente di stati emotivi
contrastanti come in quattro tragedie di Sofocle.
Bevande
e vivande tipicamente russe, e i cibi afrodisiaci consigliati da
Ovidio.
Raskolnikov
tornò nello stambugio, dormì e fece un cappio per reggere la scure
da tenere nascosta sotto il soprabito di cotone, appesa sotto
l’ascella. Il soprabito era largo, un vero sacco. Con una mano in
tasca teneva ferma la scure. Preparò anche un falso pegno.
Non
poteva più tornare indietro, come se un lembo di un suo vestito si
fosse impigliato nell’ingranaggio di una macchina.
Cfr.
il destino, la series causarum di Seneca.
Il
delitto, pensava, viene scoperto se c’è un indebolimento della
volontà e dell’intelletto, mentre egli li avrebbe conservati del
tutto inalterati. Ci sarebbe riuscito perché il suo non era un
delitto (89).
Ma velle
non discitur (Seneca, Ep. 81, 13)
non si impara a volere.
Perde
qualche minuto perché in cucina c’era la serva Nastasja e quindi
deve prendere la scure dallo sgabuzzino vuoto del portinaio. Arrivò
che erano le sette e mezzo. Suonò 3 volte poi la porta venne aperta.
Due occhi pungenti e sospettosi lo fissavano nel buio.
R
nella donna vede un serpente. Colpisce la vecchia in testa
più volte con il rovescio della lama mentre lei scarta il finto
pegno.
Prende
un borsellino, poi oggetti d’oro ma arriva Lizaveta terrorizzata.
R
le assesta un colpo di taglio e le spacca il cranio.
Infine
riuscì ad allontanarsi dalla casa non visto e a infilare un vicolo.
Ma era tutto sudato e un passante gli gridò dietro: “che sbronza!”
Rimise la scure al suo posto, sotto la panca del portinaio che non
c’era.
Nastasja
e il portinaio gli portano l’avviso che deve recarsi all’ufficio
di polizia. Il cinismo della rovina si impadronì di lui: purché
finisca presto.
Fuori
c’era un caldo insopportabile, tanfo di bottegucce e di bettole,
ubriachi, venditori ambulanti finlandesi e polacchi malvestiti.
Natura
moribonda se non proprio morta. R ha gli occhi puntati sul negativo.
Pensava:
entrerò, mi inginocchierò e racconterò tutto” (107).
Inginocchiarsi è un topos gestuale frequente in Dost. (Cfr.
I Karamazov)
Ma
l’avviso era solo un’ingiunzione di pagamento dell’affitto.
Il
suo istinto di conservazione allora per un istante trionfò,
la sensazione di essere scampato a un pericolo incombente gli diede
un minuto di gioia animale.
Cfr. Sofocle e
gli stasimi gioiosi che precedono la catastrofe.
In
quattro tragedie, e cioè Antigone,
Aiace, Edipo re, Trachinie,
poco prima della catastrofe, il Coro, convinto o illuso che le
cose stiano cambiando in meglio, si abbandona a una danza
allegra, l'iporchema. Teatralmente è una trovata geniale. Il
pubblico che è, per così dire, preveggente in quanto conosce la
trama della vicenda, soffre per la cecità del Coro, per la sua
incapacità di prepararsi al peggio…La tragedia di Sofocle è il
resoconto di un assedio a cui il protagonista è sottoposto, per lo
più in modo terribile, e che si conclude con l'espugnazione del suo
mondo. Si può individuare una linea che ora ascende e ora discende,
c'è un momento in cui l'eroe sembra spuntarla sul male e sui nemici.
Almeno così ritiene il Coro in quattro tragedie su sette. Il suo
comportamento sottolinea l'inadeguatezza della ragione umana nel
cogliere i movimenti profondi del divenire"[1].
Poi
però R prova un nuovo sentimento e gli viene voglia di confessare
tutto al commissario Nikodìm Fòmič, ma quando sente che parla con
il suo vice Iljà Petròvič dell’assassinio delle due donne,
l’assassino sviene.
Quindi
pensa che sospettino di lui.
R tornò
nella sua stanza a prendere la roba rubata che aveva nascosto in un
buco del muro sotto la tappezzeria. Voleva buttare via tutto, e
si aggirava lungo il canale Ekaterininskij, ma c’era un brulicare
di gente che poteva vederlo , lavandaie inginocchiate, barche
all’ormeggio. Decise che era meglio arrivare alla Neva.
Si
avviò verso la Neva per la V prospettiva, pensando che forse la cosa
migliore era sotterrare la roba in un boschetto sulle
Isole. Ma sbucando dalla prospettiva in una piazza notò un cortile
oltre un portone aperto. Entrò e vide una grossa pietra. Nessuno lo
vedeva: sollevò la pietra, sotto c’era una piccola cavità dove
mise la roba rubata. Tornò in piazza ed ebbe un altro momento di
gioia intensa, quasi insopportabile. Rideva mentre camminava. Poi lo
invase la rabbia passando davanti alla panchina dove si era seduto il
giorno prima, pensando al poliziotto cui aveva dato 20 copeche, e
anche per quanto ha visto e fatto nell’ufficio (p. 123)
Si
chiede come mai non abbia nemmeno aperto il borsellino dopo un’azione
così vile, disgustosa e bassa. “Deve essere perché sono molto
malato”. Sentiva una repulsione smisurata, quasi fisica per tutto
quanto lo circondava. Andò a casa di Razumìchin. Poi ne uscì senza
avere detto quasi niente. Per strada si prese una frustata da un
cocchiere di una carrozza cui ostruiva il passaggio, e una
mercantessa gli fece l’elemosina, un obolo di 20 copeche. Si
affacciò sulla Neva che aveva l’acqua quasi azzurra, cosa che
capita di rado. Vedeva la cupola della cattedrale e il cielo del
tutto senza nuvole. In quella veduta stupenda avvertiva la presenza
di uno spirito muto e sordo. Provava un’impressione cupa e arcana
che non riusciva a risolvere poiché non aveva fiducia in se stesso.
Pensava al passato. Gettò la moneta in acqua e si avviò verso casa.
Era già sera. Si mise a dormire tremando in tutto il corpo, come un
cavallo esausto.
Sogna
che c’è una rissa e il vicecommissario picchia la padrona di casa.
Stette
male in stato di semi incoscienza per qualche giorno
Razumichin
va a trovarlo. La madre gli manda dei soldi, la padrona di casa, una
mora grassoccia e piacente lo tratta bene. Nastasja, l’nserviente
della padrona, lo imbocca addirittura e lui lascia fare dissimulando
la guarigione per osservare e capire che cosa stesse succedendo.
Razumichin ha messo insieme una relazione con Pàšenka la padrona di
casa: “è costruita a dovere, sia di sopra che di sotto”.
“Sentilo
il porco” disse Nastasia molto divertita
Pàšenka
dice di averne 36 e ne ha diritto, ma ne ha 40.
Razumichin che
ha assistito R nella malattia dice all’amico che nel delirio
parlava del portinaio, del commissario, di calze, di frange di
pantaloni
Poi
gli dà un cappello: è l’indumento principe, dice, una specie di
raccomandazione. Quindi gli porge vestiti, usati ma
decorosi. Compràti con i soldi mandati dalla mamma.
Arriva
Zosimov un giovane medico di 27 anni, vestito elegantemente e
ben curato. La presunzione accuratamente nascosta traspariva in lui
di continuo. Come medico era considerato. Razumichin dice che vuole
inaugurare il suo nuovo alloggio offrendo agli amici tè, vodka e
aringhe poi un pasticcio di carne.
Bevande
e cibo che non sono annoverati tra gli afrodisiaci dai latini
Nell'Ars
amatoria Ovidio
consiglia questi cibi afrodisiaci
a chi non deve risparmiare i lombi:"bulbus
et, ex horto quae venit herba salax/ovaque sumantur, sumantur
Hymettia mella/quasque tulit folio pinus acuta nuces"
( II, 422 - 424), si prenda la cipolla, e la rucola eccitante che
viene dall'orto, le uova e si prenda il miele dell'Imetto e i pinoli
che produce il pino dalle foglie aghiformi.
Nessun commento:
Posta un commento