NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 29 luglio 2020

Introduzione a Lucano. Quarta parte del poema "Pharsalia"


Michelangelo, Brutus
Argomenti
Bruto Minore. Il topos gestuale di colpire le proprie viscere. La guerra civile è il più crudele dei conflitti

Altro personaggio positivo è Bruto, nipote di Catone in quanto sua madre Servilia era la sorella dell’Uticense.
Un magnanimus (2, 234) e sanctus (9, 17). E’ uno dei propugnatores liberae reipublicae. Lucano insiste sulla discendenza dal Bruto che cacciò Tarquinio il Superbo.
 Bruto è l’incarnazione intransigente della libertas: è ostile a Cesare e pure a Pompeo che invece Catone accettava.

Cicerone scrisse che l’uccisione di Cesare fu compiuta animo virili, consilio puerili (Att. 14, 21, 3; 15, 4, 2). Chi non vedeva che c’era un erede del regno? (Cicerone in questa lettera del maggio del 44, pensa ancora ad Antonio).
Dunque un delitto politicamente inutile, che però può servire come exemplum di punizione del tiranno.
Seneca invece pensava che la monarchia fosse il miglior regime, purché sub rege iusto (ben. 2, 20, 5).
Tacito all’inizio delle Storie scrive che dopo la battaglia di Azio omnem potentiam ad unum conferri pacis interfuit (Hist.I, 1) ; tuttavia simul veritas pluribus modis infracta, nello stesso tempo la verità venne in diversi modi guastata, prima per l’insensibilità verso la cosa pubblica, come cosa estranea, mox libidine adsentandi, per la passione di adulare o viceversa per l’odio verso il padrone.

Cornelia era stata moglie di Crasso morto a Carre nel 53, quindi di Pompeo, vedovo di Giulia.
Cornelia potrebbe essere figura di Polla Argentaria, la moglie di Lucano. Lucano attribuisce a Cornelia 4 canti d’amore.
Il primo (5, 762 - 90) è una deprecatio con la quale la moglie prega Pompeo di non mandarla a Lesbo. Si sente dimissa, ripudiata dal marito come una cattiva sposa (765).
 Non siamo da tempo appesi a un unico rischio? - “non olim casu pendemus ab uno?”.
Dopo Farsalo si dichiara infelix coniunx et nulli laeta marito (8, 89), sposa improduttiva e per nessun marito di buon augurio. Si dichiara paelex (104), concubina. Chiede all’ombra di Giulia che si plachi paelice caesa e risparmi Magno che è suo (Magno parce tuo, 105) poiché lei, la concubina, si ucciderà.

Nelle Heroidespaelex indica la rivale, vera o presunta, dell’eroina che scrive la lettera.

Lucano presenta il legame tra Cornelia e Pompeo come annodato dalla iusta Venus, non solo un connubio politico come quello tra Catone e Marcia, né depravato come quello tra Cesare e Cleopatra.

Incipit
Bella per Emathios plus quam civilia campos - , iusque datum sceleri canimus, populumque potentem - in sua victricī conversum viscera dextrā (I, 1 - 3)
L’incipit della Pharsalia è l’annuncio di un poema opposto all’Eneide. La distruzione dei grandi miti augustei.
Il gesto autodistruttivo del “popolo potente”, in sua victrici conversum viscera dextrā (Pharsalia, I, 3), corrisponde al topos gestuale di Agrippina negli Annales, e di Giocasta nell’Oedipus di Seneca[1].

“Il poema di Lucano è qualcosa di più che l’ulteriore e più chiara prova del fallimento dell’equilibrio tentato da Seneca: è la distruzione dei grandi miti augustei: funzione provvidenziale dell’impero, certezza del suo risanamento e della sua eternità, alone soteriologico del principe, ritorno all’età aurea ecc.”[2].

Quindi Lucano canterà cognatas acies, schiere consanguinèe, poi rupto foedere (4), la lotta per il regno, con tutte le forze del mondo agitato totis viribus concussi orbis per una nefandezza comune, in comune nefas, e le insegne romane contro le stesse insegne diventate nemiche, aquile contro aquile e giavellotti che minacciano i giavellotti.
Guerra familiare come nelle tragedie, guerra civile e guerra mondiale.

La guerra civile è la più crudele delle guerre
“Svetonio, narrando gli avvenimenti dell’anno 69, racconta che Vitellio questo principe più che cinquantenne, torpido e ghiottone, mentre visitava il campo di battaglia di Bedriaco, a quelli del seguito che si rivoltavano inorriditi davanti ai cadaveri in putrefazione, disse : “ il cadavere del nemico ha buon odore; ma quello dei cittadini è migliore” (Marchesi, Tacito, p. 257)
 “optime olere occisum hostem, et melius civem” (Svetonio, Vitellio, 10)
Il suo esercito aveva battuto quello di Otone in aprile.

“E anche per il popolo la guerra civile - quando non importi la privazione dei comodi più volgari - può essere motivo di squisito sollazzo” (Marchesi, Tacito, p. 257).
In Hist. III, 83 Tacito racconta come entrarono i Flaviani vittoriosi in Roma, sconfitti i vitelliani, nel dicembre del 69 durante la festa dei Saturnali
Aderat pugnantibus spectator populus, utque in ludrĭco certamine, hos, rursus illos clamore et plausu fovebat
Sangue e, accanto, bagasce e bagascioni,
 - saeva ac deformis urbe tota facies: alibi proelia et volnera, alibi balineae popinaeque: simul cruor et strues corporum, iuxta scorta et scortis similes.
“Una pace dissoluta, il saccheggio più bruto. Furore e gioia. Era già successo con Silla e con Cinna. C’era una disumana indifferenza - inhumana securitas - e la dissolutezza non ammetteva interruzioni e i piaceri non furono interrotti, come se ai Saturnali si fossero aggiunti altri spassi. Godevano per la sola allegrezza del pubblico male” ( Marchesi, Tacito, p. 258)

Troneggia il Caos che viene invocato da Erictho nel poema di Lucano con queste parole:"et Chaos innumeros avidum confundere mundos" (Pharsalia, VI, 696), avido di confondere insieme innumerevoli mondi.

Un poco di inglese
Lucano in neronian age writes a poem ( approximatlly 62 - 65 a. C.) Pharsalia that tells about bella plus quam civilia (I, 1) wars more than civil, between Caesar and Pompeo, war that finished with the defeat of Pompeo in Pharsalo (48 b. C.). Well, Lucano condemn not only this war between Romans and relatives (the two leaders enemy were socer and gener, father in law and son in law) but he throws also an anathema, curses against all the politic of Rome after the death of Cato minor (46 b. C.) and the end of res publica (44 b. C.):
Bella per Emathios plus quam civilia campos,/ iusque datum sceleri canimus,/ populumque potentem/ in sua victrici conversum viscera, dextrā/cognatasque acies… (I, 1 - 4) we sing wars in fields of Tessaglia and the right given to the crime and the powerful, mighty people turned against his viscera with his conquering right hand, and the war among soldier relatives.
Et ducibus tantum de funere pugna (VI, 811) and the leaders fight only for a grave that is the end for both.

giovanni ghiselli




[1] E' possibile indicare pure dei tovpoi gestuali come quello dell'ostensione del ventre da parte di madri sciagurate, o svergognate: nell'Oedipus di Seneca Giocasta invita prima il figlio, quindi la propria mano, a colpire il ventre:" Eligere nescis vulnus: hunc, dextra, hunc pete/uterum capacem, qui virum gnatum tulit " (vv. 1038 - 1039), non sai scegliere il colpo: colpisci destra questo ventre qui, così capace che ha accolto il figlio come marito !
Nelle Phoenissae la regina di Tebe cerca di impedire la guerra fratricida gridando:" civis atque hostis simul/hunc petite ventrem, qui dedit fratres viro! " (vv. 446 - 447), cittadini e nemici insieme, colpite questo ventre che diede fratelli al marito.
 L'ostensione del ventre è il gesto estremo di Agrippina: la mamma di Nerone, già ferita alla testa da una bastonata di uno dei sicari mandato dal figlio, si volse all'altro, un centurione della flotta che stringeva un pugnale, e "protendens uterum ‘ventrem feri’ exclamavit multisque vulneribus confecta est" (Annales, XIV, 8), mettendo davanti il ventre materno gridò 'colpisci qui', e fu finita con molti colpi[1].
Cassio Dione, “il degno erede della storiografia senatoria latina”[1], racconta che Agrippina, come vide il sicario mandato dal figlio, si alzò dal letto , si strappò la veste “ kai; th;n gastevra ajpogumnwvsasa - pai'e - e[fh - tau'thn, jAnivkhte, pai'e, o{ti Nevrwna e[teken” e, denudato il ventre, “colpisci - disse - questo, Aniceto, colpisci, poiché ha partorito Nerone (61, 13).
[2] A. La Penna, Aspetti del pensiero storico latino, p. 24.

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