Argomenti:
Svidrigailov e Dunja. Peripezia e suicidio di Svidrigailov
I due
uscirono e si separarono (546)
Poi però
Raskolnikov segue Svidrigailov e lo avvicina solo per dirgli non deve più avere
delle mire sulla sorella.
In effetti
più tardi Sv incontra Dunja e la invita a salire in casa sua per rivelarle un
segreto sul fratello. Salgono e lui le dice di avere origliato mentre le mostra
le stanze. Le aveva già scritto una lettera dove alludeva a un delitto commesso
dal fratello. Le racconta quanto ha sentito origliando: R ha ucciso due donne.
Le espone
anche la teoria del fratello: il fascino esercitato da Napoleone,
l’immaginazione di essere un uomo di genio, un legislatore per gli altri uomini
che sono il materiale grezzo, i rifiuti.
I Russi sono gente larga come la loro terra e inclini al fantastico e al
disordine, ed è un
guaio essere larghi senza essere particolarmente geniali
Dunja
conosce l’articolo del fratello. Gliel’ha portato Razumichin.
Sv promette
di salvarle il fratello con i soldi e le conoscenze e le chiede di poter baciare
l’orlo del vestito il cui fruscio lo fa impazzire. Dunja cerca di fuggire ma la
porta è chiusa a chiave e Sv la minaccia. Dunja tira fuori una rivoltella che
aveva preso in casa di Marfa
“Lo so che
sparerai, graziosa belvetta. E allora spara!”
Dunja spara
e il colpo scalfisce la pelle del cranio di Sv.
Sv si
avvicina, Dunja preme di nuovo il grilletto ma l’arma fa cilecca,
Sv disse:
ricaricatela ancora, io vi aspetterò.
D gettò via
la rivoltella. Sv le cinse la vita e la ragazza disse “lasciami andare” con un
tono supplicante. Sv fu colpito da quel tu e le diede la chiave per uscire (ha
visto una figlia).
Sv uscì con
la pistola in tasca e andò in vari postacci schifosi finché trovò Katja, la ragazzetta
istriona, cui offrì da bere. Poi si recò da Sonja. Le dà 3000 rubli e manda
saluti a Razumichin da parte di Arkàdij Ivànovič Svidrigàjlov. Poi andò a
trovare la fidanzatina che però era andata a dormire. Parlò con la madre, poi
volle vedere la fanciulla. Le disse che doveva partire e le lasciava 15mila
rubli con titoli vari. Quindi Sv andò a camminare sul prospekt. In fondo al
corso vide un edificio di legno, entrò e chiese una stanza a uno straccione
incontrato nel corridoio. Ebbe una camera afosa e angusta, chiese della vitella
e del tè. Lo straccione si allontanò deluso. La stanza era uno stambugio, il
letto orrendamente sudicio.
Sentì rumore
e guardò attraverso una fessura quello che succedeva in una camera attigua: uno
in posa da oratore e dandosi dei pugni sul petto rimproverava l’altro di essere
un pezzente, nonostante il suo aiuto.
Quello che
ascoltava sembrava che avesse una gran voglia di starnutire, senza riuscirci.
Sulla tavola c’era una caraffa di vodka quasi vuota, bicchierini, pane,
bicchieri grandi, cetrioli e tazze per il tè vuote
Lo
straccione di prima tornò con il tè e la carne di vitella. Sv si sentiva la
febbre, si avvolse nella coperta e pensò: vorrei sentirmi meglio per
l’occasione. In un angolo si muoveva un topo. Pensa a Dunja al momento in cui
aveva provato compassione per lei. Un topo gli toccò una gamba. Gli appaiono
immagini.
Il sogno di
Svidrigailov
Sogna:
vede un luogo pieno di fiori, poi, in una bara, una bambina di 14 anni che si
era uccisa dopo avere subito un oltraggio. Apre la finestra, prende freddo,
cadeva una pioggia gelata, sente un colpo di cannone, “il segnale della piena”,
pensa. Si vestì e uscì nel corridoio per scovare lo straccione che doveva
essersi addormentato in qualche bugigattolo, tra ciarpame d’ogni sorta e
mozziconi di candela (cfr. Kafka Il processo). Voleva pagare.
Girando per il corridoio vide una cosa bizzarra che sembrava viva: era una
bambina di non più di cinque anni con un vestitino che sembrava uno straccio
per pavimenti. Tremava e piangeva. Lo guardava con due grandi occhi neri pieni
di ottuso stupore, singhiozzava ogni tanto ed era intirizzita. Temeva di
prendere le botte dalla madre, forse una cuoca eternamente ubriaca. Sv la portò
nella sua stanza, le tolse i vestiti bagnati e la coprì, l’avvolse in una
coperta. Ma poi c’è una metamorfosi: la bambina assume il volto e i gesti di
una prostituta e Sv si sveglia.
Ha sognato
le proprie perversioni piene di contraddizioni.
Erano le
cinque e fuori c’era la nebbia. Le mosche ormai sveglie si erano appiccicate
alla carne di vitella. Diede la caccia a una mosca ma poi si rese conto a quale
interessante operazione si stava dedicando e uscì. C’era una nebbia fitta e
lattiginosa.
Un individuo
ubriaco fradicio con addosso un pastrano era disteso bocconi attraverso il
marciapiede. Poi passò vicino alla torre dei pompieri. Davanti al cancello
c’era un ometto imbacuccato in un pastrano, un cappotto da soldato, con in
testa un elmo di rame simile a quello di Achille. Si osservarono “Sul suo viso
si leggeva quell’eterna, cupa tristezza che è così crudelmente impressa su
tutti i volti di razza ebraica[1],
senza eccezione” (577)
Achille gli
chiese che cosa cercasse. Sv rispose che se ne andava in America, poi tirò
fuori la pistola e si sparò (578)
giovanni
ghiselli
[1] Cfr. Saba:
“ Ho
parlato a una capra.
Era sola sul
prato, era legata.
Sazia
d’erbe, belava.
Quell’uguale
belato era fraterno
Al mio
dolore. Ed io risposi, prima
per celia
poi perché il dolore è eterno,
ha una voce
e non varia.
Questa voce
sentivo
Gemere in
una capra solitaria.
In una capra
dal viso semita
sentivo
querelarsi ogni altro male
ogni altra
vita”.
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