Van Gogh, Giovane Uomo con Cappello |
Altra
deformazione psichica è quella dell’Adolescente (1875) Dolgoruki
che vuole diventare un Rotschild per giungere alla potenza che gli darà
l’isolamento. Cfr. L’Adriano della Yourcenar.
Il ragazzo
cerca l’isolamento e la potenza nel denaro. I personaggi principali di D si
inchinano davanti a un’idea, non di fronte al vitello d’oro.
La malattia
di questi personaggi secondo Lukács deriva dagli squilibri della società, come
la grande miseria nella città moderna.
La povertà fa scattare un desiderio morboso di
rivalsa e successo.
Nota è
l’interpretazione di Bachtin Il
romanzo polifonico di Dostoevskij (1968).
Dice
che esso opera una sorta di carnevalizzazione della vita, ossia un
ribaltamento dei legami sociali convenzionali e tende a mettere a nudo i
rapporti veri tra gli uomini. L’uomo supera la reificazione e diviene portatore
di idea. Rask uccide la vecchia e non usa il denaro, non apre nemmeno il
borsellino. Ivàn Karamazov è uno di quelli cui non occorrono milioni per
trovare una soluzione al proprio pensiero. Cfr. la leggenda del grande
Inquisitore.
Formule
e categorie sono annientate perché annichiliscono la vita vivente. I precedenti di questa letteratura
carnevalizzata sarebbero il dialogo socratico e la satira menippea. Socrate
indagava, cercava la verità attraverso domande provocatorie (ajnavkrisi", investigazione polemica) e
la suvgkrivsi", il
confronto tra punti di vista diversi.
Nella satira
menippea denominata dal filosofo cinico Menippo di Gadara (III a. C.) l’ironia
socratica diventa comicità.
Secondo Pirandello Socrate è pure
umorista.
“In Aristofane non abbiamo veramente il contrasto, ma soltanto
l’opposizione. Egli non è mai tenuto tra il sì e il no[1] egli non vede che le ragioni sue,
ed è per il no testardamente, contro ogni novità, cioè contro la retorica, che
crea demagoghi, contro la musica nuova, che, cangiando i modi antichi e
consacrati, rimuove le basi dell’educazione, e dello Stato, contro la tragedia
di Euripide che snerva i caratteri e corrompe i costumi, contro la filosofia di
Socrate, che non può produrre che spiriti indocili e atei, ecc.
(…) la burla è satira iperbolica, spietata. Aristofane ha uno scopo morale,
e il suo non è mai dunque il mondo della fantasia pura (…) Nessuno studio della
verisimiglianza: egli non se ne cura perché si riferisce di continuo a cose e
persone vere (…) e non crea una realtà fantastica come, ad esempio, lo Swift. Umorista
non è Aristofane ma Socrate (…) Socrate
ha il sentimento del contrario; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale”
(p. 44).
Il Satyricon è
l’epressione più alta di questo genere. Si creano situazioni eccezionali, anormali, onde provocare idee e
sperimentarle.
Labirinti,
bordelli, cene mostruose, gli heredipětae di Crotone.
Nel mondo
guasto raffigurato dal Satyricon c'è un ribaltamento che riguarda una città intera: Crotone dove si svolge l'ultima
parte del romanzo (116 - 141) una urbs antiquissima et aliquando
Italiae prima, antichissima e che una volta era stata la prima d'Italia;
quando però ci arrivano Encolpio, Eumolpo e Gitone la sua gente si divide in due
categorie: ricchi senza eredi e cacciatori di eredità.
In Petronio
e Dostoevskij Non mancano elementi di naturalismo sordido come lupanari,
bettole con ubriaconi, prigione, case degradate.
Come nel
carnevale c’è l’abolizione dei divieti, l’eliminazione dell’ordinamento
gerarchico e di ogni etichetta.
Questa
letteratura carnevalizzata svela elementi nascosti della società, ne mostra il
lato latente (cfr. ajlhvqeia). Freud a sua volta toglie le mutande al borghese
Il culmine è
il tuvranno" che
diventa farmakov" nella tragedia greca, o la prostituta Sonia che
diventa santa, l’assassino che diviene filantropo.
Nel Riccardo
II (III, 2) di Shakespeare si legge che la Morte tiene la corte nella
corona cava che cinge le tempie mortali di un re e là siede beffarda schernendo
il suo stato e con un ghigno alla sua pompa
Riccardo II[2] deposto
da Bolingbroke che sarà Enrico IV espone “le tristi storie delle morti dei re”
For within the hollow crown
That rounds the mortal temples of a king
Keeps death his court; and there the antic sits,
Scoffing his state and grinning at his pomp.
Seneca nell’Oedipus fa
dire al protagonista: “ Quisquamne
regno gaudet? O fallax bonum/quantum malorum fronte quam blanda tegis"(vv.7 - 8), qualcuno gode del regno? O bene ingannevole, quanti mali
copri sotto una facciata così lusinghiera! Sono parole di Edipo che dà inizio
al dramma descrivendo l'infuriare della pestilenza.
Nelle Phoenissae Giocasta chiede a Polinice di rinunciare
alla guerra poiché il premio che spetta al vincitore non è desiderabile: anzi Eteocle
pagherà il fio del successo a caro prezzo, con il solo fatto di essere
re:"poenas, et quidem solvet graves: regnabit "(v.645).
Manzoni riprende
il tovpo" nell' Adelchi quando il protagonista
ferito consola il padre sconfitto:"Godi che re non sei; godi che
chiusa/all'oprar t'è ogni via: loco a gentile,/ad innocente opra non v'è: non
resta/che far torto, o patirlo. Una feroce/ forza il mondo possiede, e fa
nomarsi/Dritto." (V, 8). E' il diritto del più forte, il potere
smascherato: viene tolta la maschera (demitur persona, manet res)
Il regno è quasi sempre una tirannide: un bene
scivoloso, un potere claudicante, in particolare quello di Edipo lo zoppo e dei
suoi figli.
Viene tolta la maschera non solo alle persone ma anche
alle cose
Non hominibus tantum sed rebus persona demenda est et reddenda facies sua (Seneca, Ep. 24,
13)
Cfr.
Lucrezio: “ Quo magis in dubiis hominem spectare periclis/convenit
adversisque in rebus noscere qui sit;/nam verae voces tum demum pectore ab
imo/eliciuntur <et> eripitur
persona, manet res " (De rerum natura, III, 55 - 58),
tanto più è necessario provare la persona nei pericoli rischiosi e conoscerne
la qualità nelle situazioni sfavorevoli; infatti le parole autentiche allora
finalmente escono dal fondo del cuore e si strappa la maschera, rimane la
sostanza.
Bachtin trova che Delitto e castigo sia
una menippea cristianizzata
R. provoca Sonia dicendole che Napoleone non si fermava davanti ai
delitti: “io ho semplicemente ucciso un pidocchio inutile e dannoso. Per avere
ragione bisogna osare molto. Chi è capace di sputare sulle cose diventa il loro
legislatore. Cfr. Medea: tolmhtevon tavde (1050).
C’è il confronto con la fede di Sonja che lo invita a baciare la terra insozzata
da lui stesso , ad accettare la sofferenza, a capire a riscattarsi con essa: tw'/ pavqei
mavqo" /Eschilo, Agamennone, 177[3].
Anche lo Starez Zossima dei Fratelli Karamazov
bacia la terra, muore
baciando la terra: “si lasciò scivolare dolcemente dalla poltrona sul
pavimento, e inginocchiandosi, si chinò col viso fino a toccar terra, si
prosternò, allargò le braccia in croce; e come invaso dall’estasi, baciando la
terra e pregando (come appunto aveva insegnato a fare), serenamente e
gioiosamente rese l’anima a Dio”[4].
Alioscia segue l’esempio del maestro: “Una notte fresca e calma fino
all’immobilità avvolse la terra (…) Alioscia rimase a guardare per un momento
quello spettacolo, poi, ad un tratto, si gettò con la faccia a terra come se
l’avessero falciato. Egli non sapeva perché l’abbracciasse, non si rendeva
conto della ragione per cui gli fosse venuta quella terribile voglia di
baciarla, di baciarla tutta; ma egli la baciava piangendo, singhiozzando,
inondandola delle sue lacrime, e giurando, in uno slancio impetuoso, di amarla,
di amarla eternamente. “Inonda la terra delle tue lacrime di gioia, e amale,
codeste tue lacrime…”, disse una voce nella sua anima”[5].
Si pensi
alla “cura di Anteo”, un gigante libico
che uccideva i viandanti e acquisiva forza dal contatto con sua madre, che poi
è la madre di tutti, la Terra. Ercole dovette sollevarlo dal suolo e togliergli
il contatto con la madre per strozzarlo:"La civilizzazione e
l'intellettualità son belle cose, son grandi cose, non vogliamo certo negarlo.
Ma senza quella che noi un giorno definiremo la compensazione di Anteo, sono
rovinose per l'uomo e creano la malattia"[6].
In ogni caso
non si deve mai perdere l’amore per la vita terrena e per la stessa terra: “Bleibt
mir der Erde treu, meine Brüder, mit der Macht euer Tugend! Restatemi
fedeli, fratelli miei, alla terra con tutta la forza della vostra virtù! Il
vostro amore, che tutto dona, e la vostra conoscenza servano il senso
della terra”. Così parla Zarathustra (…) Bacia la terra e amala
incessantemente, insaziabilmente - dice lo starets Zosima - cerca questa estasi
e questa esaltazione. Bagna la terra con le lacrime della tua gioia e ama
queste tue lacrime”[7].
[2] Riccardo II Plantageneto (Bordeaux, 6 gennaio 1367 – Pontefract, 14 febbraio 1400) è stato re
d'Inghilterra dal 1377 al 1399. La tragedia di Shakespeare è
del 1595.
[3] E, poco più avanti: "goccia invece del sonno davanti al cuore/il penoso
rimorso, memore delle pene inflitte; e anche/sui recalcitranti arriva il
momento della saggezza" ( kai; par j a[ - konta" h\lqe
swfronei'n , Agamennone,
vv. 179 - 181).
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