L’eterna lotta tra il cosmo e il caos
Inficiato dalla costola incrinata, viaggiavo in corriera e in treno. La sera cenavo con Fulvio che poteva andare su e giù per i monti dell’Ellade in bicicletta, beato lui! Io riflettevo su quanto riuscivo a vedere. Mi commosse il frontone occidentale del tempio di Zeus che vidi nel Museo di Olimpia: ci ritrovai la storia della mia vita con il cosmo apollineo che signoreggia su quel miscuglio di voluttà e crudeltà che è il caos barbarico Mi tornava in mente la sagoma disordinata della collega alla quale avevo cercato di sovrapporre la bellezza e l’armonia di cui avevo bisogno. Poi avevo capito che colei era refrattaria a tale apporto e incapace tanto di contenerlo quanto di comprenderlo. Fulvio mi diede ragione e confortò dicendomi che il mio compito nella vita era la ricerca della bellezza coniugata con la bontà, e, quindi, dovevo tenere lontano una donna caotica nell’anima e nel corpo. Apollo e Fulvio mi illuminarono. Tornato a Bologna guarito, un pomeriggio di ottobre mi telefonò manifestando grandi aperture mentali e ammirazione nei miei confronti una giovane collega assai bella, appena arrivata nel liceo Minghetti per una supplenza. Vivemmo nove mesi pieni di gioia. Io tornai a Debrecen in luglio, senza di lei che era andata in vacanza sul Lido Adriano. Volevamo mettere alla prova della distanza di un mese. in luoghi pieni di tentazioni oltretutto, la solidità del nostro amore, la consistenza della sua stoffa. Quel mese segnò la fine della fase bella: Ifigenia mi promise con un telegramma una lettera espresso che, malamente distratta, non mi inviò e io compresi che la sua sensibilità e la sua educazione erano incompatibili con l’anima mia. Una disarmonia che poteva solo fare del male a entrambi. L’amore era finito ma il rapporto continuò per due anni peggiorando e degradandosi giorno dopo giorno. Fino alla catastrofe.
giovanni ghiselli
Inficiato dalla costola incrinata, viaggiavo in corriera e in treno. La sera cenavo con Fulvio che poteva andare su e giù per i monti dell’Ellade in bicicletta, beato lui! Io riflettevo su quanto riuscivo a vedere. Mi commosse il frontone occidentale del tempio di Zeus che vidi nel Museo di Olimpia: ci ritrovai la storia della mia vita con il cosmo apollineo che signoreggia su quel miscuglio di voluttà e crudeltà che è il caos barbarico Mi tornava in mente la sagoma disordinata della collega alla quale avevo cercato di sovrapporre la bellezza e l’armonia di cui avevo bisogno. Poi avevo capito che colei era refrattaria a tale apporto e incapace tanto di contenerlo quanto di comprenderlo. Fulvio mi diede ragione e confortò dicendomi che il mio compito nella vita era la ricerca della bellezza coniugata con la bontà, e, quindi, dovevo tenere lontano una donna caotica nell’anima e nel corpo. Apollo e Fulvio mi illuminarono. Tornato a Bologna guarito, un pomeriggio di ottobre mi telefonò manifestando grandi aperture mentali e ammirazione nei miei confronti una giovane collega assai bella, appena arrivata nel liceo Minghetti per una supplenza. Vivemmo nove mesi pieni di gioia. Io tornai a Debrecen in luglio, senza di lei che era andata in vacanza sul Lido Adriano. Volevamo mettere alla prova della distanza di un mese. in luoghi pieni di tentazioni oltretutto, la solidità del nostro amore, la consistenza della sua stoffa. Quel mese segnò la fine della fase bella: Ifigenia mi promise con un telegramma una lettera espresso che, malamente distratta, non mi inviò e io compresi che la sua sensibilità e la sua educazione erano incompatibili con l’anima mia. Una disarmonia che poteva solo fare del male a entrambi. L’amore era finito ma il rapporto continuò per due anni peggiorando e degradandosi giorno dopo giorno. Fino alla catastrofe.
giovanni ghiselli
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