sabato 13 febbraio 2021

Commento alla Lettera del cardinale Matteo Zuppi. Quinta parte

La stessa salute va curata - altro che vivere come viene: siamo davvero responsabili gli uni degli altri! (art. 32) - perché la salute non è solo un fondamentale diritto dell’individuo, ma interesse dell’intera collettività. Questo non vale solamente per difenderci meglio dai contagi o per gestire in maniera più efficiente il sistema sanitario, ma perché l’attenzione alla salute di tutti e di ciascuno è uno dei presupposti basilari di una vera cittadinanza attiva. Insomma: star bene anche per potersi impegnare per gli altri e quindi per tutti.

 
La salute è il bene che convalida, avvalora e illumina gli altri beni: senza salute tutta  la vita è minorata e oscurata.
Le lettere di Seneca augurano salute tanto nell’apertura (Seneca salutem dicit)  quanto nella chiusura (Vale;  cura ut valeas).
 
L’assistenza medica del nostro Stato è tra le migliori del mondo dicono, e credo sia vero, ma non è ottima: non è uguale per tutti mentre è una necessità di tutti.
So per esperienza che le cure per chi può pagarle sono molto più attente e, appunto, accurate  rispetto a quelle prestate a chi deve ricorrere alla mutua. Questo è profondamente ingiusto.

Anche per questo (art. 35) la Repubblica “cura” (che bel verbo, invece di “tutela” o “garantisce”) non solo la formazione, ma anche “l’elevazione” professionale dei lavoratori. Questo significa dare una visione umanizzante del lavoro e del contributo che ci si aspetta dai lavoratori. Tu dici una cosa bellissima: (art. 36) il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro; e aggiungi che questa retribuzione deve essere “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Per te il lavoro è collegato allo sviluppo umano   
Per quanto riguarda il verbo “cura”: Don Milani in L'obbedienza non è più una virtù  scrive:"Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande-I CARE -. E' il contrario esatto del motto fascista - Me ne frego -" (p. 34).
L’elevazione” professionale dei lavoratori” avviene quando chi lavora si rende conto che lavorando dà molto o almeno qualche cosa di utile agli altri. E’ la constatazione dell’utilità del lavoro  che ci spinge a impiegare buona parte del nostro tempo e grande impegno per farlo bene. “il sapere serve solo per darlo” (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, p. 110) “Il fine giusto è dedicarsi al prossimo “ (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, p. 94)

Quanto all’articolo 36 “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”, voglio intervenire sul termine “qualità”.
 Penso che ogni lavoro benefico per sé e per gli altri abbia un’ottima qualità. Non credo che un maestro elementare o anche un bidello facciano un lavoro di qualità tanto  inferiore a quello di un rettore di Università da ricevere uno stipendio dieci volte inferiore. Ho frequentato ogni ordine di scuola e dai miei maestri non ho imparato meno che dai professori di liceo e dai chiarissimi docenti universitari.
Io vorrei che dopo la crisi della pandemia si smettesse di praticare il precariato, il caporalato e il lavoro nero, e che ci potessimo impegnare nel mettere in regola i lavoratori, dando continuità e stabilità alla vita delle persone. Certo a qualcuno conviene avere la possibilità di non “sistemare” i lavoratori, ma come si fa a vivere e a progettare la vita senza sicurezze e senza sufficienti garanzie di futuro? Come non pensare anche a tutti coloro che sono in seria difficoltà e rischiano di perdere il lavoro in questo tempo di pandemia e in quello del dopo pandemia, quando emergeranno anche i problemi adesso sommersi! Ecco, per questo abbiamo bisogno di lavoro, di chi lo crea, non specula e di garantire equità e opportunità a tutti. Non c’è dignità della vita senza lavoro. Spero che tu ci possa aiutare a non aspettare sempre qualche bonus e a smettere di speculare.
Il precariato ha penalizzato i giovani successivi alla gioventù della mia generazione.

Noi sapevamo che, conseguita la laurea, avremmo trovato il lavoro per il quale avevamo studiato. Ed era subito, o assai presto. “a tempo indeterminato”. Magari dopo uno spostamento, rimanendo comunque in Italia. Poi la scuola ha cominciato a funzionare male, quindi sempre peggio. Il difetto
dell' istruzione secondo me è a monte delle disfunzioni nel campo del lavoro e ne è causa. Quando non funziona bene la scuola, quando essa non forma né informa sia culturalmente sia politicamente, tutto decade e si deteriora.
La perdita di consapevolezza politica, di cultura, di spirito critico, induce alla sottomissione, all’accettazione dei soprusi che riducono il giovane sprovvisto di preparazione, e pure di raccomandazioni, a una condizione non molto dissimile da quella dello schiavo. Credo per giunta che la schiavitù corrompa e faccia male a tutti: agli schiavi e agli  schiavisti.

Bologna 13 febbraio 2021, ore 10, 45. giovanni ghiselli

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