NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 1 ottobre 2014

La Sfinge e il suo indovinello

Pittore di Menelao, la Sfinge, circa 440 a.C.

La Sfinge e il suo indovinello


Apollodoro (Biblioteca, 3, 5, 7-8) ci informa che l'enigma era: "Che cosa è quella che, senza cambiare nome, può essere di quattro, due e tre piedi?" Chi non azzeccava la risposta veniva abbrancato e divorato dalla Sfinge che stava sul monte Ficio, presso Tebe e proponeva l'indovinello ai miseri abitanti della città.
Secondo Esiodo che usa la forma beotica Fivx (Fi'k j(a) in Teogonia 326), costei era un mostro femminile, nata dall’accoppiamento di Orto con la propria madre, la luttuosa Echidna, e costituiva una rovina esiziale per i Cadmei. Essa era dunque sorella del leone nemeo, e sorellastra (oltre che figlia) di Orto, il cane bicefalo di Gerione, di Cerbero, il cane di Ades dal ringhio metallico, dell'Idra di Lerna, consapevole solo di atroci azioni, e della Chimera tricipite, spirante indomabile fiamma; nati tutti da Echidna e Tifone. Un bel guazzabuglio di ibridi mostruosi.
“Ma potrà allora essere un caso che nella Theogonia esiodea[1], la Sfinge sia detta figlia di Echidna e del figlio di lei, Orto? Propositrice di enigmi, enigma vivente essa stessa, la Sfinge è anche il risultato di una unione incestuosa. Propositrice di enigmi che si lascia sconfiggere da un futuro incestuoso, la Sfinge è essa stessa-nella sua nascita, nella sua forma, nella sua funzione-un condensato dell'intero mito di Edipo” [2].
La Sfinge aveva volto di donna, petto, zampe e coda di leone e ali di uccello.
Euripide nel terzo stasimo delle Fenicie (vv.1018 e sgg.) la chiama:"Oh alata, parto della terra e dell'infernale Echidna, rapace dei Cadmei, assassina, causa di molto pianto", e così via, in un crescendo di epiteti volti a definire la natura micidiale dell'orrendo flagello dagli artigli omicidi.
Le Fenicie di Seneca la definiscono:"saeva Thebarum lues/luctifica coecis verba committens modis "(vv.131-132), l'atroce flagello di Tebe che inanellava parole funeste con tenebrosi enigmi.
La Sfinge è simile a Edipo
Nell’ Oedipus il protagonista viene definito dall'ombra di Laio:" implicitum malum,/magisque monstrum Sphinge perplexum sua" (vv. 638-639) male aggrovigliato e mostro contorto più della Sfinge sua. La Sfinge è il brutto senza semplicità.

 La Sfinge dunque fa parte di quella "mitologia inferiore" popolata da tali creature inquietanti che volteggiavano nel caos primordiale, il vuoto immenso da cui nacquero l'Erebo e la nera notte. Erano siffatti esseri spaventosi a incutere quell'orrore, quel rifiuto della vita che trova poi espressione letteraria nella triste saggezza del Sileno[3] la quale secondo Nietzsche costituisce il tratto più antico della cultura ellenica, cui però seguirono gli dei olimpici voluti da quell'istinto apollineo della bellezza che cosmizzò il caos e diede alla vita umana una giustificazione estetica, tanto che Ulisse nell'Odissea (XI, 488) non può consolare Achille della morte, siccome nell'epos omerico la sapienza silenica si è rovesciata, e vivere è diventato il valore supremo.
Compito degli eroi (primi fra tutti Eracle e Teseo) è quello di confutare la mostruosità per affermare la civiltà umana; anche Edipo fa un tentativo in questo senso, e, rispondendo"l'uomo", coglie il bersaglio. Il suo momentaneo successo può essere interpretato in vari modi.

E. Fromm ((Il mito di Edipo in Il linguaggio dimenticato, pp.188-220) sostiene che il figlio di Laio non ha il merito di avere risolto un enigma difficile, ma quello di avere svelato il senso latente della domanda, ossia l'importanza e la centralità della creatura umana.
“Qualunque dodicenne intelligente potrebbe indovinare che chi cammina prima su quattro, poi su due e infine su tre, è l’uomo (…) In se stesso l’enigma che per essere risolto non richiede altro che un po’ di intelligenza, serve soltanto a velare il significato latente della domanda, cioè l’importanza dell’uomo”[4]
Eppure la salvezza raggiunta e donata alla città non è sicura; nel corso del prologo apprendiamo che Tebe, dopo essere stata raddrizzata (v.39) sta cadendo di nuovo (v.50). Edipo insomma non ha conseguito una vittoria definitiva.
 P. P. Pasolini nel suo film Edipo re fa gridare alla Sfinge:"L'abisso in cui mi spingi è dentro di te". Il vincitore temporaneo si è accoppiato con Giocasta dopo avere ammazzato Laio: non è riuscito a staccarsi dalla madre, trovando una propria identità autonoma da lei, né ad avere un rapporto positivo con il padre. Il caos primordiale, pieno zeppo di animali schifosi e maligni, infatti coincide con la confusione della coscienza dove bisogna mettere ordine e gettare luce per diventare uomini. Il re di Tebe si è fermato a metà. La soluzione positiva si trova nell'ultimo dramma, quando il cieco comprenderà di avere agito senza l'uso supremo della coscienza che decide e sceglie: " ejpei; tav g j e[rga mou-peponqovt j ejsti; ma'llon h] dedrakovta"[5] , e allora gli dei che lo avevano abbattuto, lo rimettono in piedi (v.394).
La lotta dei mostri fra loro, e dell'ordine contro di loro, è il tema di tanta parte della cultura greca del quinto secolo. Tale conflitto è rappresentato anche in pietra nel frontone occidentale del tempio di Zeus a Olimpia: Apollo, la figura centrale diritta e serena, sovrasta una barbarica zuffa di Lapiti e Centauri contorti dall'odio e dal dolore. I maledetti nubigeni acri e bimembri, e i loro avversari, significano l'orrore e il disordine tanto del mondo quanto dell'anima umana; Febo impersona e indica la santa misura dell'uomo civile e colto, pepaideumevno".
Per concludere,
la Sfinge dal canto variopinto (hJ poikilw/do;ς Sfivgx, v.130), la cagna cantatrice hJ rJayw/do;ς kuvwn, v.391) rappresenta una muliebrità sfrenata, feroce, e, nello stesso tempo, il crogiolo ribollente dell'inconscio, nonché il disordine primordiale.
Ha ragione Calvino quando afferma che è necessaria una grande delicatezza d'animo per essere un vincitore di mostri[6]
Vediamo infine come T. Mann dscrive la Sfinge egiziana; “Che cosa diceva quell’enigma? Non diceva assolutamente nulla. Consisteva nel silenzio, nel silenzio imperturbabile ed ebbro con cui quell’essere mostruoso …mirava con sguardo selvaggio e veggente lontano, oltre colui che interrogava e nello stesso tempo veniva interrogato…Era una Sfinge, cioè un enigma e un mistero; e precisamente un mistero selvaggio, con branche di leone, cupido di sangue giovane, pericoloso per il figlio di Dio…Su quel petto di roccia, tra le branche di quel drago femmina, non si sognavano sogni di promessa, e tutt’al più sogni ben miseri”[7].

giovanni ghiselli
i contatti ora sono 181866
il 13 ottobre inizierò il mio corso all’Università Primo Levi di Bologna sugli archetipi della cultura europea.
il 24 ottobre terrò una conferenza sull’ Edipo re di Sofocle e l’Oedipus di Seneca comparati nella libreria Il catalogo di Pesaro
il 30 ottobre terrò una conferenza nella biblioteca Scandellara di Bologna presentando il libro Generazioni di Remo Bodei.






[1] 326 sgg. cfr. anche 309.
[2] M. Bettini, L'arcobaleno, l'incesto e l'enigma a proposito dell'Oedipus di Seneca, "Dioniso", 1983, pp. 152-153.
[3] Ne traggo un esempio da Erodoto:"dievdexev te ejn touvtoisi oJ qeo;" wJ" a[meinon ei[h ajnqrwvpw/ teqnavnai ma'llon hj; zwvein" , I, 31, 3) fece vedere in questi (Cleobi e Bitone) il dio che per l'uomo è meglio essere morto che vivere.
[4] Fromm., Il linguaggio dimenticato, p. 202.
[5] Edipo a Colono, vv.266-267. Le mie azioni piuttosto che averle fatte io le ho sofferte
[6] Lezioni americane, p. 10. 
[7] T. Mann, Giuseppe e i suoi fratelli, vol. III, Giuseppe in Egitto, p. 100.

2 commenti:

  1. lo consiglio ai miei studenti
    alessandro

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  2. L'importante è non essere sfinge a noi stessi...i miei studenti sono troppo piccoli, ma cresceranno....Giovanna Tocco

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