Alcuni pensieri "attuali" di
Giacomo Leopardi in attesa del film Il
giovane favoloso di Martone.
Lo commenterò dopo averlo visto.
Leopardi
e gli uomini immaturi
Il
Recanatese trova che nella sua età prevalgano “creature”, giovani e anziane, infantilmente insensate[1]:
"Amico mio, questo secolo è un secolo di ragazzi, e i pochissimi uomini
che rimangono, si debbono andare a nascondere per vergogna, come quello che
camminava diritto in paese di zoppi. E questi buoni ragazzi vogliono fare in
ogni cosa quello che negli altri tempi hanno fatto gli uomini, e farlo appunto
da ragazzi, senza altre fatiche preparatorie"[2].
La moda è la sorella della morte.
Nel dialogo
immaginato da Leopardi, la Moda
dice alla Morte: “io sono la moda, tua sorella”. E la Morte :
“Mia sorella?” “Sì-risponde la
Moda-: non ti ricordi che siamo nate dalla caducità?...e
so che l’una e l’altra tiriamo parimenti a disfare e a rimutare di continuo le
cose di quaggiù…la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente
il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi
contento per lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie,
dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io on sono però mancata e non manco
di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare
quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io
v’appicco per li fori; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe
roventi…”[3].
Si pensi ai tatuaggi, alla chirurgia estetica e ad altre schifezze del
genere
Leopardi e il PIL
Leopardi in Il pensiero dominante
condanna l’ossessione dell’utile da parte della sua età "superba,/
che di vote speranze si nutrica,/vaga di ciance, e di virtù nemica;/stolta,
che l'util chiede,/e inutile la vita/quindi più sempre divenir non vede"(vv.
59-64).
Ancora più
duramente si esprime nei confronti del lucro
il poeta di Recanati nella Palinodia
al Marchese Gino Capponi :" anzi coverte/fien di stragi l'Europa e
l'altra riva/dell'atlantico mar...sempre che spinga/contrarie in campo le
fraterne schiere/di pepe o di cannella o d'altro aroma/fatale cagione, o di
melate canne,/o cagion qual si sia ch'ad auro torni"(vv. 61-67).
Leopardi e la solidarietà tra gli
umani
Leopardi in La ginestra suggerisce una relazione polemica con la
natura, ma nello stesso tempo un rapporto di solidarietà e amore tra gli
uomini: “Costei chiama inimica; e incontro a questa /congiunta esser
pensando,/siccome è il vero, ed ordinata in pria/l’umana compagnia,/tutti fra
se confederati estima/gli uomini, e tutti abbraccia/con vero amor,
porgendo/valida e pronta ed aspettando aita/negli alterni perigli e nella
angosce della guerra comune”[4].
“E la ragione
facendo naturalmente amici dell’utile proprio, e togliendo le illusioni che ci
legano gli uni agli altri, scioglie assolutamente la società, e inferocisce le
persone” (Leopardi, Zibaldone, 23).
Leopardi e i Marchigiani (citato da un marchigiano con un po’ di ironia ma non
senza un poco di soddisfazione)
Leopardi nello Zibaldone assume la teoria ippocratica della connessione
fra la terra e l'uomo in lode degli Italiani e dei Marchigiani in
particolare:"Ne' luoghi d'aria sottile, gl'ingegni sogliono esser maggiori
e più svegliati e capaci, e particolarmente più acuti e più portati e disposti
alla furberia. I più furbi p. abito e i più ingegnosi p. natura di tutti
gl'italiani, sono i marchegiani: il che senza dubbio ha relazione colla
sottigliezza ec. della loro aria[5].
Similmente gl'italiani in generale a paragone delle altre nazioni. Mettendo il
piede ne' termini della Marca si riconosce visibilmente una fisonomia più viva,
più animata, uno sguardo più penetrante e più arguto che non è quello de'
convicini, né de' romani stessi che pur vivono nella società e nell'uso di un
gran capitale"(Zibaldone, p.
3891).
giovanni
ghiselli
[1]Al capitolo 58 ricorderemo l'attardato bambino pargoleggiante dell’età
d’argento di Esiodo.
[2] Dialogo di
Tristano e di un amico (1832). E’
una delle Operette morali delle quali
l’autore scrive:"Così a scuotere la mia povera patria, e secolo, io mi
troverò avere impiegato le armi del ridicolo ne' dialoghi e novelle Lucianee ch'io vo preparando"(Zibaldone , 1394) . Al capitolo 66 citerò altre parole di Tristano
all’amico.
[3]Operette
morali, Dialogo della Moda e della Morte.
[4]
La ginestra (del 1836, vv. 126-135).
[5] L'alta considerazione dei marchigiani sembra
risentire di questo passo di Cicerone:"Athenis tenue caelum, ex quo
etiam acutiores putantur Attici " (Cicerone, De fato, 7), ad
Atene l'aria è limpida, e anche per questo
gli Attici sono ritenuti più perspicaci.
La moda esprime la mancanza di fiducia in se stessi , la necessità di omologazione perché le persone sentono la mancanza di pensiero proprio . La moda non è la malattia , ma il sintomo dei più gravi problemi che affliggono la nostra società...la solitudine , la difficoltà di essere originali , l'incapacità di sostenere scelte non omologate , insomma la moda è la febbre di un malato grave e ,secondo me, la vera malattia è che manca il volersi bene. A parole tutti si vogliono bene e ,soprattutto , si vuole bene a tutto il mondo....ma poi non si è capaci di voler bene ad un amico o al vicino di casa o al collega di lavoro ,si consuma la mediocrità in un livore reciproco senza senso. Peccato che la vita è così corta sprecarla per coltivare l'egoismo e l'invidia ....viva l'amore! Giovanna Tocco
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