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lunedì 27 aprile 2015

Le ragazze 'Supplici' di Eschilo

Eschilo

Quarta parte della conferenza tenuta venerdì 22 novembre 2013 nella Mediateca di San Lazzaro di Savena.
Il tema è la donna, non poche volte esposta e soggetta a violenza.
Riletta il 25 aprile 2015 per parlarne agli amici siciliani, il 19 giugno 2015 dopo la visione del dramma rappresentato nel teatro greco di Siracusa.


 Per quanto riguarda la sezione Donne nella tragedia greca partiamo dalle Supplici di Eschilo. Queste giovani che formano il Coro del dramma[1] sono le Danaidi, cioè cinquanta figlie di Danao le quali, aujtogenei' fuxanoriva/ (v. 8 feuvgw, ajnhvr), per connaturata avversione all'uomo, fuggono accompagnate dal padre, volendo evitare le aborrite nozze con i cinquanta cugini figli di Egitto i quali le inseguono. Le fanciulle, giunte ad Argo, invocano la protezione del re del luogo Pelasgo, siccome sono di origine argiva: discendono infatti da quella Io, figlia del re di Argo, Inaco, che era stata resa pazza e trasfigurata in una mucca[2] assillata da un tafàno in conseguenza dell'amore di Zeus e della gelosia di Era. Una storia raccontata nel Prometeo incatenato altra tragedia attribuita, con alta probabilità, a Eschilo.
Tale fanciulla ha nel sangue l’ibrido caratteristico dei primordi[3].
Queste odiatrici delle nozze vedono nei cugini pretendenti uno sciame, denso di maschi, violento (ajrsenoplhqh' d j - eJsmo;n uJbristhvn, vv. 30 - 31 a[rshn e plh`qo~, pieno di maschi) e lanciato al loro inseguimento.
 Le cinquanta femmine costituiscono una folla impaurita, giunta dall’Egitto con rami avvolti in bende di lana[4] (ejriostevptoisi klavdoisin, v. 23 e[rion, lana e stevfw, corono).
Esse chiedono con preghiere l'aiuto del loro quinto antenato, Epafo, il divino torello oltremarino (di`on povrtin uJperpovntion Supplici, vv. 43 - 44) nato in Egitto dal tocco[5] di Zeus alla giovenca. Un semidio teriomorfo, identificabile, forse, con il dio - toro egiziano Api.
Il matrimonio per le Danaidi è sinonimo di orrori: le fanciulle in preda al terrore assimilano la loro voce a quella di Procne, la sposa di Tereo (v. 61) trasformata in usignolo (ajhdwvn, 63) dopo che ebbe ucciso il figlio Iti per punire il marito il quale le aveva violentato la sorella Filomela. Tereo fu a sua volta mutato in upupa, e la cognata, così barbaramente stuprata, in rondine.
Oppure Filomela divenne usignolo e Procne rondine. Questo mito raccapricciante, raccontato o richiamato da diversi autori in varie versioni[6] è emblematico per significare l'orrore di un matrimonio andato a male.
Oggi ce ne sono tanti, la maggior parte, credo.
Sono ricorrenti i paragoni con gli uccelli: nel primo episodio Danao assimila i maschi inseguitori a falchi, "stirpi di nemici consanguinei e profanatori” (vv. 225), mentre le ragazze fuggiasche sembrano colombe atterrite.
Prometeo dice che i falchi (kivrkoi) sono lasciati indietro dalle colombe per non lungo tratto.
Ora questi uccelli sono diventati metonimie indicative di categorie politiche.
Viene ripetuto il motivo dell'inimicizia mortale tra gli uomini e le donne che pure appartengono alla stessa specie.
Un odio empio, nota subito Danao: "come può restare puro l'uccello che divora l'uccello?” (o[rniqo~ o[rni~ pw`~ a}n aJgneuvoi fagwvn; v. 226)

Nel Prometeo incatenato, l'aborrimento delle Danaidi per gli sposi è profetizzato dal Titano in ceppi che prevede all’antenata delle Danaidi Io, la ragazza - giovenca demente, l'assassinio di quarantanove dei mariti da parte di quarantanove sorelle sue discendenti e la lodevole eccezione di Ipermestra la quale risparmierà Linceo: "una delle fanciulle il desiderio dei figli sedurrà a non ammazzare lo sposo, e le si smusserà il proposito: tra i due mali preferirà avere fama di debole che di assassina" (Prometeo Incatenato [7] vv. 865 - 868).
Le Supplici di Eschilo[8] hanno pure una parte politica che attualizza il mito facendovi entrare la democrazia
Nel primo episodio entra in scena Pelasgo che si presenta come "capo di quella terra” (v. 251) e avverte la corifea che la città non ama i discorsi lunghi (makravn ge me;n dh; rh'sin[9] ouj stevrgei povli", v. 273). E' l'affermazione della giusta misura che non può essere ipertrofica[10].
Le Danaidi quindi raccontano in breve la loro storia e chiedono al sovrano protezione dai tracotanti cugini che vorrebbero ghermirle. A questo punto Eschilo adatta il mito alla Costituzione ateniese, pur se il dramma è ambientato ad Argo dove Pelasgo, sebbene re, rende omaggio alla democrazia affermando solennemente: "io non posso fare promesse prima - di avere reso questo problema comune (koinwvsa") a tutti i cittadini" (vv. 368 - 369).
 E quando le Danaidi ribattono: "tu sei la città, tu incarni il potere del popolo, - signore che non subisce giudizi (a[krito", vv. 370 - 371), il monarca ribadisce: "te l'ho detto anche prima: senza il popolo (a[neu dhvmou) non posso agire neppure con il potere che ho" (vv. 398 - 399).
Il mito dunque viene attualizzato, come avverrà anche nelle successive Eumenidi (del 458)
Poi Pelasgo aggiunge che occorre un pensiero profondo, in grado di dare salvezza[11] (dei' toi baqeiva”frontivdo”swthrivou), e capace di scendere nell’abisso, simile a un tuffatore (divkhn kolumbhth'ro"), con occhio vigile e non ebbro (vv. 407 - 409).
Tali parole si addicono allo stile e ai contenuti della tragedia greca, di questa e di altre.
L'ebbrezza peggiore, da sempre, è quella dei luoghi comuni che offuscano e restringono la visione mentale.
Ripetere i luoghi comuni è l’idiozia e l’immoralità più ripugnante.
 Le metafore, di cui Eschilo fa ampio uso, allargano la mente, la aiutano a cogliere somiglianze e relazioni tra cose lontane.
 Carattere distintivo del potere tirannico è, viceversa, il fatto di tagliare le teste[12] o per lo meno di chiudere la mente dei sudditi non tollerando alcuna critica e non accettando di subire controlli da nessuno. Si pensi alla tirannide della televisione o a quella della pubblicità che non ammettono confutazione, come il despota orientale Serse che nella tragedia i Persiani[13] non subisce controlli.

Ad Argo, e in Grecia, dunque, spiega Pelasgo, il re democratico delle Supplici: “la gente tende ad accusare (filaivtio~ lewv~) il potere[14]” (v. 485), e la moltitudine probabilmente commisererà le Danaidi supplici: "e infatti qualcuno vedendo questi rami, e provando compassione, potrebbe sentire avversione per la prepotenza del maschio stuolo (u{brin a[rseno”stovlou), e il popolo sarebbe più benevolo verso di voi: infatti ciascuno ha simpatia per i più deboli" (vv. 486 - 489).
Questa di proteggere i supplici è una virtù che gli Ateniesi attribuivano a se stessi[15], ed Eschilo la riconosce pure agli Argivi dei quali in quegli anni il governo di Atene voleva l'alleanza in prospettiva antispartana.

In effetti, al momento della votazione, "tutto il popolo votò alzando la mano favorevole" (Eschilo, Supplici, v. 607) alla proposta presentata dallo stesso Pelasgo di aiutare le ragazze vessate, non solo per pietà verso di loro, ma anche per schivare l'ira di "Zeus che protegge i supplici" (v. 616) ed evitare "la doppia contaminazione" ( diplou'n mivasma, v. 619) che sarebbe derivata dal respingere giovani donne bisognose di protezione, straniere, quindi ospiti; e, al tempo stesso, concittadine per la loro origine, in quanto Io, la loro sesta antenata, era figlia di Inaco re di Argo.
Si pendi all’infamia della legge Bossi - Fini.
 L'aiuto alle fanciulle raccomandato dal re con un breve discorso, venne dunque approvato dal popolo cersivn (v. 621), con alzata di mani, senza bisogno dell’araldo (a[neu klhth'ro~, v. 622) che chiamasse per nome.

Il codice tripartito
 Del resto fu Zeus stesso a portare a termine l’operazione (v. 624).
Qui vediamo la fede nella democrazia, in Zeus, e la volontà di osservare le regole avite che prescrivevano di onorare e riverire i numi, i genitori, e gli stranieri non ostili.
Tale codice tripartito viene ricordato dal coro delle Danaidi: gli ospiti, gli dèi, il padre e la madre devono essere almeno rispettati: "infatti il rispetto dei genitori[16] (tokevwn sevba~) è la terza tra le leggi scritte della Giustizia venerandissima" (vv. 707 - 709).

La corifea delle Danaidi minaccia il suicidio per impiccagione prima che un uomo esecrato si avvicini al suo corpo (vv. 788 - 790).
Pelasgo “è mosso anzitutto dal timore religioso di Zeus che protegge le Supplici"[17].
Infatti il re di Argo avverte l'araldo degli Egizi che potrà portare via le donne solo se un discorso pio riuscirà a persuaderle (ei[per eujsebh;”pivqoi lovgo”, v. 941). L'intelligenza e la moralità devono succedere alla violenza nel rapporto tra i sessi.
Ora viene continuamente stimolata una cattiva rivalità, il risentimento e perfino l’odio tra maschi e femmine, per il semplice motivo che le persone sessualmente insoddisfatte sono più facilmente manipolabili[18].

 Nelle Supplici si tratta di evitare una sorta di endogamia, uno dei tabù della razza umana, ma la lotta tra maschi e femmine è un tema caro ad Eschilo: lo svilupperà compiutamente nell'Orestea dove vi prenderanno parte anche gli dèi facendo trionfare il patriarcato.

Alla fine del dramma le Danaidi pregano la casta Artemide di guardarle con compassione salvandole dalle nozze.
 Ma il coro viene sdoppiato e le loro ancelle consigliano di non trascurare Cipride. Anche Afrodite è una dea venerata per le sue opere. Del suo corteggio fanno parte Desiderio, Persuasione seducente, e Armonia. Il pensiero di Zeus è imperscrutabile e il matrimonio potrebbe essere la realizzazione delle figlie di Danao come di molte donne prima di loro (Supplici, vv. 1049 - 1052).
La tragedia si conclude con le minacce dell'arrogante araldo egiziano contro gli Argivi difensori delle Danaidi le quali oppongono resistenza a ogni tentativo di aggiogarle a uomini aborriti. Esse pregano Zeus "di liberarle da nozze rovinose con sposi malvagi" (v. 1064) e che "conceda la vittoria alle donne" (kai; kravto”nevmoi gunaixivn, v. 1069).
 Eschilo tende ai compromessi e nelle sue tragedie non c'è mai un vincitore assoluto.
Alla fine della trilogia, Afrodite stessa compariva sulla scena celebrando la necessità cosmica di Eros. Non possiedo queste parole, tramandate dalla tradizione indiretta, e mi affido al già citato testo di Pohlenz: “Mia opera è quando il cielo e la terra si congiungono in un ardente amplesso, quando l'umore del cielo feconda la terra, sì ch'essa in pascoli, in campi, in selve, genera ciò di cui l'uomo abbisogna per vivere".
 L'eros , il desiderio d'amore non è solo un istinto individuale dell'uomo; è una potenza cosmica primigenia che suscita ogni vita. Questo pensiero, che Platone svilupperà nel Convito, vien qui già intuitivamente adombrato. Risparmiando il marito, anche Ipermestra ha reso omaggio alla dea dell'amore"[19].

Giovanni Ghiselli

P. S.

Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin. it
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[1] Databile tra il 463 e il 461,
[2] Cfr. sublatis cornibus Io…iam saetis obsĭta, iam bos (Eneide, VII; 789 - 790), con alte le corna Io, già coperta di peli, già vacca. Si tratta di un’immagine che orna lo scudo d’oro di Turno.
[3] "Nella mitologia greca la figura ibrida è, in generale, un contrassegno di appartenenza a un mondo primitivo”K. Kerényi, Miti e misteri , p. 45.
[4] Questo è il segno dei supplici anche nell’incipit dell’Edipo re che comincia con queste parole del figlio di Laio: “O figli, nuova stirpe dell'antico Cadmo/quali seggi mai sono questi dove state seduti/con i supplici rami incoronati?” (vv. 1 - 3).
[5] Cfr. ejfavptw, "metto la mano sopra".
[6] Ne fa un lungo racconto in esametri Ovidio nelle Metamorfosi (VI, 426 - 674) cui allude Eliot per significare la decadenza del mito nella ricezione degli uomini moderni: "The change of Philomel, by the barbarous king/So rudely forced; yet there the nightingale/Filled all the desert with inviolable voice/And still she cried, and still the world pursues,/'Jug Jug' to dirty ears “ (The Waste Land , vv. 99 - 103), la metamorfosi di Filomela, dal barbaro re così brutalmente forzata; eppure là l'usignolo riempiva tutto il deserto con voce inviolabile, e ancora ella piangeva e ancora il mondo continua 'Giag Giag' a orecchie sporche. Il canto della voce inviolabile di Filomela è degradato e dissacrato, poiché suona oramai solo naturalisticamente come un "giag giag”per le orecchie inquinate del mondo contemporaneo. 
[7] Di data incerta. Non è sicura nemmeno la paternità eschilea, per la quale comunque io propendo.
[8] Le Supplici di Euripide (del 422) contengono una parte politica più ampia in difesa della democrazia e delle leggi scritte.
[9] Cfr. parrhsiva
[10] Si pensi alla chiacchiera di tanti dei politici attuali vaghi di ciance e privi di idèe
[11] Servirebbe anche oggi, 25 aprile 2015.
[12] Ricordo la storia di Trasibulo di Mileto e di Periandro di Corinto in Erodoto o quella di Tarquinio il Superbo in Tito Livio.
[13] Tragedia di contenuto storico, del 472. Racconta la sconfitta dei Persiani a Salamina
Breve digressione sulla tragedia di Eschilo i Persiani
 Nel primo episodio, la regina madre Atossa racconta una sua visione notturna: le appariva in sogno il figlio Serse, il grande re, che, ponendo le cinghie sotto il collo a due donne (vv. 190 - 191), le aggiogava al carro: di queste una era vestita con pepli dorici, l'altra abbigliata alla persiana. Simboleggino la Grecia e la Persia. La seconda si sottomette, mentre la prima recalcitra, spezza il giogo e travolge il carro. Serse, anche se sconfitto non perderà il potere, siccome non è "uJpeuvquno”povlei” (Persiani, v. 213), tenuto a rendere conto alla città, come uno stratego eletto dal popolo. Eschilo contrappone di nuovo al potere assoluto, cui sottostanno i Persiani, il sistema democratico di Atene, quando la regina Atossa, dopo avere raccontato il sogno, domanda ai vecchi dignitari chi sia il pastore e il padrone dell'armata di Salamina. Allora il corifeo risponde: "ou[tino”dou'loi kevklhntai fwto;”oujd j uJphvkooi” (Persiani, v. 242), di nessun uomo sono chiamati servi né sudditi.
[14] Grazie alla parrhsiva, la libertà di parola. Tsipras e il suo ministro Varoufakis, eletti dal popolo, per ora non hanno piegato la testa come fanno i nostri cooptati dai vertici della finanza. Varoufakis per questo si è preso del dilettante.
[15] Per quanto riguarda la difesa dei più deboli all’interno della povli~, il Pericle di Tucidide menziona le leggi che ad Atene, la scuola dell’Ellade (Cfr. Tucidide, Storie, II, 41) non devono essere trasgredite, né quelle scritte, né quelle non scritte : "o{soi te ejp j wjfeliva tw'n ajdikoumevnwn kei'ntai kai; o{soi a[grafoi o[nte”aijscuvnhn oJmologoumevnhn fevrousin” (Storie, II, 37, 3) quante sono poste a tutela di chi subisce ingiustizia, e quante, sebbene non scritte, sanciscono un disonore riconosciuto da tutti.
 Gli o{soi a[grafoi corrispondono agli "a[grapta kajsfalh' qew'n - novmima” (Antigone, vv. 454 - 455), i diritti non scritti e non cancellabili degli dèi anteposti da Antigone all’empio editto di Creonte che ordina di lasciare insepolto un morto.
[16] “Nell’ordine dei valori morali proposti dalla società greca arcaica e classica l’onore reso ai genitori viene subito dopo quello prestato agli dèi: ved. p. es. Pindaro, Pyth. 6 - 26 - 7 (Chitone diede ad Achille il precetto di venerare il Cronide senza privare mai di questo onore i genitori - e scolio ad. loc.); Euripide, Tr. GF V, fr. 853 Kannicht; Senofonte, Mem. IV 4, 19. Le colpe contro i genitori nella mentalità religiosa del tempo erano considerate inespiabili anche dopo la morte: Eschilo, Eum. 721; Platone, Phd. 114 a, Resp. 615 c (…) Invece, nel comico “mondo alla rovescia”degli uccelli, battere il padre è considerato un atto onorevole (p. es. Aristofane, Au. 755 - 9)”
Avezzù - Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 356 e p. 357.
[17]M. Pohlenz, La tragedia greca, p. 21.
[18] Nel romanzo 1984 di Orwell, c’è una ragazza, Jiulia, che si ribella al dispotismo facendo l'amore con gioia, poi spiega: ""Quando fai all'amore, spendi energia; e dopo ti senti felice e non te ne frega più di niente. Loro non possono tollerare che ci si senta in questo modo. . . Tutto questo marciare su e giù, questo sventolio di bandiere, queste grida di giubilo non sono altro che sesso che se ne va a male, che diventa acido. Se sei felice e soddisfatto dentro di te, che te ne frega del Grande Fratello e del Piano Triennale, e dei Due Minuti di Odio, e di tutto il resto di quelle loro porcate?” (p. 142). Spogliandosi questa ragazza bruna "faceva un gesto magnifico, proprio quello stesso magnifico gesto dal quale sembra che venga distrutta tutta intera una civiltà” (p. 133).
Il protagonista del romanzo vede nell'istinto della donna sensuale "un colpo inferto al Partito. . . un atto politico". Quando la sua giovane amante si spoglia infatti la osserva pieno di ammirazione, quindi le dice: "Sta' a sentire. Con più uomini sei stata e più ti voglio bene. Hai capito?” (p. 134). 
[19]M. Pohlenz, La tragedia greca, p. 61. 

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