Le Storie. Tacito
e Plinio il Giovane. Gli Annali
Le Historiae
andavano dal 69 al 96: gli anni successivi - uberiorem materiam - quelli di Nerva e di Traiano. Tacito li
riservava alla vecchiaia (I, 1)
Le Historiae cominciano
(1) con l'esaltazione del tempo di questi imperatori. Tacito potrà scrivere
"rara temporum felicitate, ubi
sentire quae velis et quae sentias dicere licet ".
Rapporto Tacito - Plinio il Giovane
Plinio ebbe con Tacito rapporti di schietta amicizia. Gli
scrive lettere raccontandogli le sue giornate o chiedendogli favori, come
quello di indicargli precettori per la scuola di Como da lui sovvenzionata con
un terzo della somma necessaria (IV, 13)
Plinio manifesta grande ammirazione per Tacito.
Cfr. il film Le
invasioni barbariche: fra Tacito e Dante non ci sono stati altri geni in
Europa. E’ vero.
Tacito chiese all’amico notizie precise sull’eruzione
vesuviana del 23 - 24 agosto del 79 e sulla morte dello zio (Ep. VI, 16). Vespasiano era morto in
giugno.
In IX, 23 Plinio il Giovane racconta con grande
compiacimento che un tale al Circo domandò a Tacito se stesse parlando con
Tacito o con Plinio. Tacito aveva detto di dovere alla letteratura la propria
notorietà.
Poi VII, 33 dove Plinio auspica per sé un posto nelle storie
immortali di Tacito: “auguror, nec me
fallit augurium, historias tuas immortales futuras: quo magis (ingenue fatebor)
inseri cupio (VII, 33, 1).
Verso il 107 Tacito manda a Plinio alcuni libri della Historiae e gli chiede di fargli da
revisore (Ep. VII, 20). Plinio ne è
assai compiaciuto.
Quindi in VIII, 7 si dichiara discepolo di Tacito. L’amico
considera Tacito “quale ricercatore scrupoloso testimone di verità e la sua
opera destinata all’eternità.
Nella lettera a Capitone (V, 8) Plinio il Giovane tratta
della storia e dell’oratoria confrontandole: alla storia convengono ossa, muscolo,
nervi, all’orazione florido collo e criniera; la storia deve raccontare anche
cose comuni e piace per il vigore (vis)
l’impeto (instantia), l’amarezza (amaritudo), tre caratteri che si
applicano bene a Tacito. L’orazione è invece caratterizzata da calma, soavità, dolcezza.
Habent quidem oratio
et historia multa communia, sed plura diversa in his ipsis quae communia videntur.
Narrat illa, narrat haec, sed aliter; huic
pleraque umilia et sordida et ex medio petita, illi omnia recondita, splendida,
excelsa conveniunt; hanc saepius ossa, muscoli, nervi; illam tori quidam et
quasi iubae decent; haec vel maxime vi, amaritudine, instantia; illa tractu et
suavitate atque etiam dulcedine placet. Nam plurimum refert, ut Thucydides ait,
kth'ma
sit an ajgwvnisma;
quorum alterum oratio, alterum historia est”, la storia e l’eloquenza hanno
sì molti elementi comuni, ma in questi stessi che sembrano comuni si trovano
molte differenze. Narra quella e narra questa, ma in maniera diversa: a questa,
la storia, si addicono moltissimi aspetti umili e volgari e presi dalla vita
comune; a quella l’eloquenza, invece conviene tutto quanto è raro, splendido, sublime;
a questa si addicono più spesso ossa, muscoli, nervi, a quella certi
rigonfiamenti e quasi pennacchi; questa piace in modo particolare soprattutto
per il vigore, l’asprezza, la veemenza, quella per l’andamento fluido la
soavità e anche la grazia. Infatti conta moltissimo se sia, come dice Tucidide ,
un possesso o una gara: delle quali cose una è l’otratoria, l’altra la storia,
Tucidide, I 22, 4. kth'ma.
. . xuvgkeitai: "Infatti
come un possesso per l'eternità più che come declamazione da udire per il
momento di una gara, essa è composta". - kth'ma: in
funzione predicativa, come ajgwvnisma. La parola kth'ma, possesso, significa tutta la
concretezza di Tucidide; è, come sottolinea opportunamente Savino che ha
tradotto La guerra del Peloponneso : "una
rocciosa eredità materiale. . . parola concreta, corposa, che sa di terre e
bottini e prede adunate in anni di fatica e trasmesse ai discendenti, beni
palpabili, visibili, materiale espressione della famiglia e del sangue"[1]. -
Plinio fu legato imperiale in Bitinia dal 111 al 113. Tacito
allora era proconsole in Asia.
Nel 114 Traiano inizia la campagna partica e Tacito
componeva gli Annales dei quali
rimangono i primi sei libri (solo i primi 4 interi, un frammento del V e il VI
privo dell’inizio) e gli ultimi sei (l’XI lacunoso e il XVI mancante di più
della metà con una parte del regno di Claudio e quello di Nerone fino al 66. ).
Voleva rifarsi daccapo: dalla morte di Augusto.
Nel II libro ricorda che una volta le frontiere dell’impero
romano arrivavano all’Egitto, l’isola di Elefantina - piccola isola del Nilo, e
Siene (Assouan) la città più meridionale dell’Egitto - quod nunc rubrum ad mare
patescit (II, 61), Traiano dunque aveva già ridotto a provincia lo Stato
arabo dei Nabatei fra il Mar Rosso e il Mar Morto. Ma non aveva iniziato l’invasione
partica, oltre il Tigri. Tacito chiamava massimo impero quello dei Parti e
considerava la vis Parthorum come una
potenza viva e attuale (II, 55 e II, 60)
Nel 117 Traiano moriva a Selinunte, in Cilicia, reduce dalla
spedizione partica dopo vittorie e stragi dei due eserciti, una regressio che Frontone 100 - 166 - definirà
haudquaquam secura nec incruenta (Principia Historiae) – “e confermava
l’impotenza dell’impero ad assoggettare una gente destinata a restar fuori dal
mondo romano”
giovanni ghiselli
[1] Tucidide, La Guerra Del Peloponneso , introduzione,
traduzione e note al testo di Ezio Savino, Guanda, Milano, 1978. P. XXIV
introduzione.
Peccato non poter essere presente.
RispondiEliminaAlessandro