Un bravo docente è una brava persona.
Brava nel suo lavoro con il quale deve accrescere le
conoscenze degli allievi attraverso il suo sapere coltivato con lo studio, con
l’apprendimento e con l’intelligenza, poi deve suscitare energie morali nei
giovani, e raffinarne il gusto. Insomma comunicare conoscenze, valori etici ed
estetici. Deve amare la sua disciplina e amare i discepoli.
Come mai ora ci troviamo di fronte questa scuola disastrata
a tutti i livelli? Per quanto riguarda i licei, dove ho insegnato durante una
quarantina di anni, il problema di fondo è la scarsa preparazione di molti,
troppi professori. Una volta questi venivano controllati ed eventualmente
rifiutati non solo da prove piuttosto dure, a partire dall’esame di maturità,
ma anche dagli stessi studenti che leggevano e studiavano assai più di oggi.
La mia esperienza è relativa al liceo classico dove ho
insegnato latino e greco.
Per quanto riguarda l’Università, ho esperienza di corsi che
ho tenuto, a contratto, nelle SSIS, per dieci anni a Bologna, per un trimestre
a Urbino, per un altro a Bressanone. Ora tengo conferenze e corsi in
biblioteche, licei, e università.
Nelle SSIS dovevo insegnare a insegnare, un mestiere che ho
dovuto imparare sul campo. Molto ho imparato dai miei studenti: homines dum docent, discunt.
Dai non molti contatti avuti con i “baroni” devo dire che ne
ho incontrati di vario livello culturale e umano. Posso aggiungere che ho
ricevuto qualche aiuto da alcuni docenti ordinari illuminati senza che avessi
nulla da poter dare in cambio, proprio nulla, a parte lezioni seriamente
preparate per gli studenti. Avevano capito, anche dalle mie pubblicazioni, che
studiavo molto e sapevano che ero stimato da chi mi ascoltava.
Sono certo del resto che gran parte dei concorsi in Italia
vengono truccati se aprono le porte a posti di privilegio e di potere.
Ma facciamo un poco di storia per i più giovani: "Nescire
quid ante quam natus sis acciderit, id est semper esse puerum" (
Cicerone, Orator 120), non sapere che
cosa sia accaduto prima che tu sia nato equivale ad essere sempre un fanciullo.
Il vizio tipicamente italico della raccomandazione secondo
me risale al rapporto patrono cliente codificato già nelle leggi delle XII
tavole del 451-450 con queste parole: “Patronus si clienti fraudem fecerit, sacer
esto " (VIII, 2) sia maledetto il patrono se ha commesso una frode
contro il cliente.
Tito Livio, sotto Augusto, il princeps che voleva ripristinare gli antiqui mores, celebra questo antico codice definendolo fons omnis publici privatique iuris ( Ab urbe condita libri III, 34, 6), fonte
di ogni diritto pubblico e privato.
Virgilio, un altro autore che sostiene il potere di Augusto
e gli fa una propaganda smaccata, con uno stile egregio del resto, caccia nel
Tartaro tra i grandi peccatori quelli dai quali è stata ordita una frode al
cliente: hic quibus (…) fraus innexa clienti (Eneide VI, 608-609). E’ il completamento
“squisitamente” italico che il Mantovano fa all’elenco dei peccatori presente
nelle Rane di Aristofane (vv.
145-150).
Nell prima Bucolica
Virgilio racconta la storia di una raccomandazione: dialogano due pastori uno
dei quali ha perso per sempre la sua terra, l’altro l’ha recuperata grazie a un
incontro fatto a Roma con un uomo di potere. Dunque il clientelismo con
l’annessa raccomandazione è un proprium
et peculiare vitium della nostra gente.
La maggior parte delle leggi restano lettera morta ma la
raccolta più antica, questa arcaica culla e fonte del clientelismo, è rimasta
vigente.
“Il rapporto clientelare si configura come un’organizzazione
mafiosa che garantisce l’omertà, e il successo dei disonesti”, ebbe a scrivere
Luciano Perelli[1].
Tra gli articoli comparsi oggi ho apprezzato in particolare quello
di Tomaso Montanari che chiede una levata di scudi da parte dei professori
onesti i quali dovrebbero costituirsi parte civile nei processi che
probabilmente si faranno “per far capire senza equivoci che le vittime non sono
solo i meritevoli umiliati ed esclusi, ma tutta la comunità universitaria”.
Mi scuso per avere parlato di me stesso ma ho voluto
significare che le mie osservazioni hanno un fondamento in una lunghissima
esperienza della scuola di ogni ordine e grado: la frequento dal primo ottobre
del 1950 e non ho ancora smesso perché l’ho sempre amata. Se avrò un’altra
possibilità su questa terra, rifarò tutto quello che ho fatto, magari anche
meglio.
giovanni ghiselli
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1
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Stati Uniti
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Giovanna Tocco
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