Zenone |
Stolti e saggi.
L’uomo ideale (p. 309)
Gli Stoici presentano l’aut aut e la separazione fino al
paradosso. Solo la virtù è un bene. Gli uomini si dividono in saggi e stolti.
Tutte le mancanze sono uguali tra loro pavnta ta; ajmarthvmata i[sa (omnia
peccata paria)
L’azione è buona se corrisponde alla legge razionale e a
quella morale.
Gli stolti però non sono tutti uguali. Achille non è saggio
ma è comunque differente dal vile e dall’imbroglione. L’individuo può
conseguire la prokophv,
il progresso morale (prokovptw, avanzo) Cfr. Seneca Epist. 75, 8: “qui proficit
in numero quidem stultorum est, magno tamen intervallo ab illis diducitur”,
chi fa progressi, si conta sì nel numero degli stolti, però è di gran lunga
diviso da loro.
Gli stolti sono malati nello spirito poiché non hanno la
sanità del logos. Tutto quello che fanno è senza senso e senza scopo siccome
non hanno criteri di valutazione. Il saggio è ajpaqhv", non ha passioni. Non ha
bisogno di rinunciare alla civiltà come fanno i cinici. Vede in ciò che gli
accade la mano della provvidenza e acconsente a lei con letizia. Egli vuole
solo ciò che può e può ciò che vuole, quindi non subisce mai degli insuccessi.
La sua ricchezza è l’interiorità ed è ricco anche se è avvolto nei cenci: movno" oj
sofo;" plouvsio". Non ha bisogno di nulla: è autarchico. E’
bello poiché la sua bellezza interiore si manifesta anche all’esterno. Il
suicidio non è escluso se è eu[logo" ejxagwghv, una ragionevole uscita: se avviene
quando il logos interno è paralizzato. Zenone si suicidò.
Orazio (Epistole I, 1, 106 - 108)) ironizzò su questo
saggio che è bello, sano, ricco e non inferiore a Zeus, tranne quando piglia il
raffreddore.
“Ad summam, sapiens uno minor est Iove, dives,/liber,
honoratus, pulcher, rex denique regum;/praecipue sanus, nisi cum pituīta
molesta est”, insomma il sapiente è inferiore solo a Giove, ricco, libero,
onorato, bello, re dei re addirittura, soprattutto sani, a meno che ci sia un
fastidioso catarro.
Il saggio è l’esempio
assoluto, è il logos fatto uomo. Sulla forza dell’esempio cfr. Seneca Epist.
6, 6.
“Platon et Aristoteles et omnis in diversum itura
sapientium turba plus ex moribus quam exverbis Socratis traxit”, Platone e
Aristotele e tutta la moltitudine dei filosofi che avrebbe preso direzioni
diverse, prese più dai costumi che dalle parole di Socrate
La nuova visione del
mondo p. 319
Cratete, l’apostolo di Diogene, fu il maestro di Zenone.
Socrate era il capostipite spirituale degli Stoici. Zenone però era uno dei
figli della terra che ammetteva come esistente solo il corporeo (cfr. Platone Sofista,
247c)
Tuttavia lo spirito doveva avere la preminenza. Tutto quanto
è spirituale rientra nel logos. Già per l’oscuro Eraclito il logos era il
concetto centrale. Nel cosmo e nell’uomo regna la medesima legge razionale.
Anche il logos era connesso alla materia, la materia più pura: il fuoco. La sua
concezione materialistica unisce spirito e materia. Eraclito si esprime per
aforismi che gli sciocchi non possono comprendere, mentre Zenone costruisce un
sistema filosofico con il quale vuole educare l’umanità. La logica stoica
attribuisce importanza alla matematica e all’espressione linguistica.
F
Gli stoici introdussero nell’etica il concetto di dovere che
non le sarebbe stato più dissociato. Zenone presupponeva in ogni individuo la
predisposizione al bene
Zenone scelse come suo successore Cleante che era un Elleno
ricco di sensibilità artistica e attribuiva valore alla forma poetica. Zenone
attribuì a tutti gli astri un carattere divino, mentre Cleante vide nel Sole l’hJgemonikovn
del mondo, la sua facoltà direttrice, la sorgente di quel calore che trovava
anche nel suo corpo. Il sole è Helios - Apollo che desta l’armonia delle
stagioni e dei suoni; conferisce il tono, l’energia psichica agli esseri
razionali. Helios è il sovrano di questo mondo ma sopra lui c’è Zeus che può
chiamarsi fuvsi",
eiJmarmevnh,
provnoia, logo". Gli elementi sono ordinati nella natura e al
momento della conflagrazione si dissolvono gioiosamente in lei. Cleante
definiva se stesso il somaro che portava avanti il grave fardello della
filosofia zenoniana
Lo ionico Aristone proclamò l’assoluta ajdiaforiva
delle cose esterne
Crisippo respinse la ajdiaforiva di Aristone poiché voleva
che la filosofia stoica fosse un’arte del vivere. Volle essere l’apostolo di
Zenone. Erano entrambi semiti. Ma ellenica negli Stoici è l’idea dell’autonomia
dell’individuo. Tuttavia la rigida teoria dell’eiJmarmevnh si accorda meglio con il
fatalismo degli Arabi che con la libertà greca
Cfr. quanto dice Zeus
nel I canto dell’Odissea: Egisto andò contro l’avvertimento di Ermes e
contro il destino (uJpe;r movron, v. 35) seducendo Clitennestra e uccidendo
Agamennone.
Anche
l’antropocentrismo per cui piante e animali sono stati creati in funzione
dell’uomo è estraneo allo spirito della grecità più antica. Al tu puoi greco,
si associa il tu devi. La vita istintiva risulta soffocata rispetto alla
visione ellenica. L’anima semitica si vede nell’assenza degli half - tones,
nel nothing beyween love or hate.
La fine della polis
fece proclamare a Epicuro un individualismo etico che ebbe successo.
Al materialismo che vedeva nello spirito un prodotto della
materia, Zenone oppose il monismo che legava lo spirito alla materia ma gli
assicurava il dominio su di essa.
Zenone salvò la concezione ellenica che l’uomo diventa uomo
solo in seno alla comunità, estesa però oltre la polis, a tutti gli esseri
razionali. Gli Stoici volevano guidare gli uomini nella vita.
La difesa del
sistema. Successi e opposizioni (p.335)
Eratostene si definiva filologo ma prese dagli Stoici l’idea
che il criterio di valore per l’uomo non è la sua appartenenza etnica ma la sua
personale valentia
Il medico Erasistrato prese dagli Stoici la provnoia,
come la cura che la natura ha degli esseri viventi.
Árato di Soli (in Cilicia) fu ad Atene membro della Stoà,
poi nel 276 si recò in Macedonia da re Antigono. I suoi Fenomeni vollero
essere una guida per la vita. La bellezza e la regolarità degli astri evocano
la divinità. Come Cleante, Arato rende omaggio a Zeus che chiama gli uomini, la
sua stirpe, al lavoro. Arato andò dal re Antigono con Perseo e Filonide,
mandati da Zenone. Antigono operò sempre perché il suo regno fosse una e[ndoxo"
douleiva. Lo stoico Sfero collaborò con Cleomene III per risvegliare a
Sparta lo spirito di Licurgo. Polibio adopera il concetto di katavlhyi"
di Zenone e aderisce ai suoi princìpi basilari (VI, 26)
La Stoà ha il merito di avere suggerito all’uomo
responsabilità morali e politiche, I cinici furono vicini agli Stoici che li
assorbirono. La Stoà trovò un alleato nell’astrologia
Lo scettico Timone (di Fliunte) in una descrizione satirica
dell’oltretomba faceva ironia sull’avida vecchia fenicia (cfr. l’origine
semitica di Zenone) che voleva tutto per sé, ma con la sua nassa prendeva solo
pesci piccoli e stupido com’era, raccoglieva intorno a sé solo studenti
miserabili.
Epicuro vedeva nel
mondo un prodotto del caso. Il mondo non può essere prodotto di una natura
divina natura tantā stat praedita culpā (V, 199) la natura è fornita di
tanti difetti. (p 343).
In polemica con
l’antropocentismo stoico, negli epicurei la natura è indifferente o addirittura
matrigna dei viventi, come sarà nel Leopardi
Dove è raffigurata come”una forma smisurata di donna seduta
in terra (…) di volto mezzo tra bello e terribile, di occhi e di capelli
nerissimi”. L’islandese la accusa di essere “nemica scoperta degli uomini e
degli altri animali”, ma la Natura gli risponde: “Tu mostri non aver posto
mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e
distruzione, collegate ambedue tra se di maniera, che ciascheduna serve
continuamente all’altra, ed alla conservazione del mondo: il quale sempre che
cessasse o l’una o l’altra di loro, verrebbe parimenti in dissoluzione. Per
tanto risulterebbe in suo danno se fosse in lui cosa alcuna libera da
patimento” (Dialogo della Natura e di un islandese). In fondo non è del
tutto assente una forma di provvidenza o previdenza da queste parole.
Epicuro in una monografia si ribellò anche contro la eiJmarmevnh
che offendeva il sentimento greco della libertà. Per quanto riguarda l’etica
Epicuro sosteneva che i discorsi sulla virtù sono chiacchiere e fumo se la
virtù non porta alcun vantaggio né piacere.
Del resto già
Isocrate nel Panatenaico (30 - 32) aveva scritto che l’uomo deve
dominare le passioni e sopportare virilmente i colpi della sorte. Teofrasto
scrisse un Peri;
paqw'n, dove difendeva l’ira come uno sprone ad agire fortemente. I
Peripatetici sostenevano che non si devono estirpare le passioni ma tenerle nel
giusto mezzo.
Cfr. Seneca De ira
I, 5 - 17 e Cicerone Tusc. IV, 38 - 57.
L’accademico Arcesilao e poi tutta l’Accademia lottarono
contro il dogmatismo
Arcesilao fu colui che iniziò l'indirizzo scettico all'interno dell'Accademia platonica, di cui divenne scolarca
attorno al 265
a.C.
Carneade sulla metà del II secolo sviluppò la critica in
maniera metodica.
Carneade di Cirene (214–129 a.C.) viene
considerato come il fondatore della terza Accademia di Atene (nota anche come Nuova
Accademia).
Nel 155 a.C.
Carneade fece parte, con Critolao e Diogene di Babilonia, della celebre ambasceria
inviata a Roma
dagli Ateniesi
multati per aver saccheggiato Oropo; qui riscosse successo argomentando, in due giorni
successivi, a favore e contro l'esistenza di una legge naturale universalmente
valida. Le sue argomentazioni scettiche sulla giustizia scandalizzarono e
sconvolsero gli ambienti della cultura conservatrice di Roma: egli affermava
che se i Romani avessero voluto essere giusti avrebbero dovuto restituire i
loro possessi agli altri e andarsene, ma in tal caso sarebbero stati stolti. In
questo modo arrivò alla conclusione che saggezza e giustizia non andassero
d'accordo.
«ed espose tale tesi: tutti i
popoli dominatori, innanzitutto i Romani capi del mondo, se avessero voluto
essere giusti con il rendere le altrui proprietà, avrebbero dovuto ritornare
come poveri alla vita nelle capanne » Cicerone, De
re publica, 3,21)
Fu uno scettico radicale e il primo
filosofo a sostenere il fallimento dei metafisici che volevano scoprire un
significato razionale nelle credenze religiose. Criticò lo stoicismo ad Atene e
divenne scolarca
dell'Accademia platonica attorno al 265 a.C.
Carneade parlava anche contro la
provvidenza, la mantica e l’astrologia
Nelle conferenze che tenne a Roma
nel 155 sostenne che non esiste un diritto di natura uguale per tutti. Il
diritto positivo si basa su convenzioni umane e su considerazioni
utilitaristiche.
Comunque gli Stoici, i Platonici e
i Peripatetici erano uniti contro l’edonismo di Epicuro.
Nel 155 gli Ateniesi furono condannati
a pagare una multa per avere saccheggiato Oropo. Allora mandarono a Roma, la
capitale del mondo avida di cultura, i filosofi più ragguardevoli scelti
dall’Accademia (Carneade), dal Peripato (Critolao) e dalla Stoà (Diogene di
Seleucia sul Tigri). Non invitarono gli Epicurei il cui materialismo egoistico
alieno dallo stato era incompatibile con la res publica.
CONTINUA
Giovanna Tocco
RispondiElimina