mercoledì 20 febbraio 2013

Contro i luoghi comuni


La persona dotata di spirito critico trova abominevoli i luoghi comuni, almeno quelli della pubblicità che vorrebbero negare bellezza e moralità con i decreti, i bandi e gli editti del mercato. E se si fanno bene i conti, la pubblicità è ubìqua, è dappertutto.
Chi la scimmiotta, se lo fa convinto, incarna una rozza forma di idiozia; chi echeggia in buona fede quello che “si dice”, “si deve dire”, perché così fan tutti, è solo stupido.
Se invece uno ripete i luoghi comuni in mala fede, per opportunismo, o per servilismo adulatòrio, in questo caso l’ybris  è un peccato di immoralità e disonestà.
Per luoghi comuni non intendo ovviamente i loci, gli argumenta, i topoi della letteratura e della filosofia che sono spesso segni di cultura, e sono forieri di spirito critico. Questo breve scritto “lucianèo” intende denunciare le sozzure inculcate troppo spesso dalla propaganda del mercato attraverso la televisione e i suoi corifèi.
Si tratta di un repertorio di frasi, motti, battute, o anche atteggiamenti e ammiccamenti che sono funzionali al profitto degli speculatori e dei loro servi, e sono diretti a coltivare, con il loro concime, l’ignoranza della gente che si lascia colonizzare da tale  sapere odioso e falso.
Questo infama l’estetica e l’etica, è un nulla  versato nel vuoto della gente espropriata di ogni cultura, e, mentre solletica la parte bestiale delle persone,  si spaccia per saggezza.
 Particolarmente disgustoso in quanto più pericoloso è il luogo comune irrazionale spacciato per  “politicamente corretto”.
 Per esempio: “non ci sono abbastanza donne nei posti di potere”. Con spirito critico si può rispondere che, siccome i posti di potere sono cloache[1] dove si fa del male,  le donne per bene se ne tengono volontariamente lontane.
 Joseph Ratzinger, che pure non è una donna, si  è nobilmente allontanato dal soglio. Si parva licet, quando potevo scegliere, non ho mai voluto fare il preside, né il presidente né il vice presidente di alcuna commissione.
E nemmeno io sono una donna, ma le donne mi piacciono molto, se non si fosse capito.
Altro luogo comune di gran moda: “i giovani devono prendere il posto dei vecchi”. Si dovrebbe aggiungere, per lo meno: “purché siano onesti, generosi, e capaci”. I giovani possono essere disonesti e imbecilli quanto gli attempati. Sono comunque meno esperti, del male e pure del bene.
Tutti i partiti dunque si vantano di avere candidato parecchie giovani donne alle più alte cariche.
Ebbene, in televisione si vedono alcune giovani, o che si atteggiano a giovani, portaborse e portavoce selezionate dai caporioni proprio per la loro disponibilità a ripetere gli slogan del partito.  Io preferirei mille volte una Rita Levi Montalcini a tali “ragazze” che, agghindate e affaccendate sulle greppie del regime, ripetono e ruminano sfacciatamente parole dettate dai loro mandanti. E hanno pure la sfrontatezza di  cominciare i  discorsi  non loro dicendo “io”.
Ancora un luogo comune: le invasioni militari di paesi, dove di fatto si spara, si uccide e si muore, sono “missioni di pace”. Oppure che gli Stati Uniti dove vige ancora la crudele e barbarica pena di morte, dove i poveri sono lasciati morire per la strada, è la più grande, bella e moderna democrazia del mondo. Perciò l’abbiamo presa a modello e ora, intanto, anche da noi i figli  degli operai non possono più andare all’Università.
Quindi, secondo tale logica ribaltata, sarebbe sacrosanto bombardare i paesi  “canaglia” dove si praticano riti e si conservano antichi costumi diversi dai nostri.
Erodoto, diverse decine di secoli fa, diceva che Cambise, il re persiano successore di Ciro, era completamente pazzo poiché scherniva riti e usi stranieri[2] , nella fattispecie quelli degli Egiziani dei quali il saggio Solone riconosceva la nobile antichità.
I luoghi comuni non vedono le situazioni come problematiche.
“Molte sono le cose inquietanti e nessuna è più inquietante dell’uomo” è lo squillo iniziale del primo stasimo dell’Antigone  di Sofocle.
Ebbene l’inquietudine per l’uomo deinov~ (terribile e meraviglioso) sparisce come per miracolo, se uno guarda la faccia da finto tonto di Fazio, e nota le parole che dice, le mosse, i sorrisetti  che fa.  Allude sempre a quello che è bene, che è giusto, che è bello avere in testa, poiché tutti i buoni, quelli come lui, la devono pensare nella stessa maniera. Se si diventa come è lui, rinunciando a se stessi, non c’è più niente di problematico. Poi si diventa pure ricchi e famosi.
Chi ci casca, chi lo trova onesto e simpatico, subisce una grossa presa in giro, per usare un eufemismo, perché quell’uomo dal sorriso ambiguo, nemmeno fosse la Gioconda, è valutato e pagato milioni dalla logica del mercato. Infatti lui ne raccomanda i decreti e ne promuove i profitti facendosi vedere tanto, ma tanto buono: onesto, genuino e buono come un maritozzo del Mulino Bianco. Così atteggiandosi, insegna a non pensare, a non criticare, a essere prosseneti melensi, insomma a imitarlo per avere successo e diventare come lui.
Se fosse una persona per bene, si vergognerebbe assai della discrepanza immorale tra la sua spropositata mercede e il sudato salario di un operaio. Si vergognerebbe, la denuncerebbe, la rifiuterebbe. Qualcuno può pensare che queste parole siano suggerite da invidia. Io in effetti ammiro e cerco di emulare quelli più capaci di me, nel mio campo che è l’educazione dei giovani e dei non giovani attraverso la parola.
Ma cosa sa fare colui? Accresce culturalmente e moralmente chi lo guarda? Non credo
Infatti non fa che sorridere, dire mezze parole con una maschera fissa da probo e moderato che copre una feroce ingordigia di fondo. Del resto questa traspare dalla pancetta.
Quell’altra, la petulante e grossolana scatologica[3] che  gli fa da spalla  costituisce la falsa antitesi di una tesi falsa: quei due adulatori sono il gatto e la volpe di Pinocchio e fanno il loro esclusivo interesse[4].

Giovanni ghiselli
g.ghiselli@tin.it

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 [1]Cfr. Dante, Paradiso, XXVVI, 25-26” Fatt’ ha del cimiterio mio cloaca/del sangue e della puzza”. E’ san Pietro che parla della sede del suo martirio.
[2] Cfr  Erodoto III, 38: “pantach'/ w\n moi dh'lav ejsti o{ti   ejmavnh megavlw" oJ Kambuvsh"",  da ogni punto di vista dunque per me è evidente che  molto matto era Cambise.
[3] Da skw`r-skatov~, “escremento” e lovgo~ “discorso”.
[4] “Noi - riprese la Volpe - non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri”
“Gli altri!” ripetè il Gatto.
“Che brave persone!” pensò dentro di sé Pinocchio”
 (Collodi, Pinocchio,XII capitolo)


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