mercoledì 6 febbraio 2013

Il capro espiatorio

 Lo spettatore della tragedia greca che presenta tutto in maniera problematica, assiste spesso al rovesciamento di situazioni. Il capovolgimento più frequente è quello del re che, se non funziona come dovrebbe, si ribalta da capo del suo popolo a farmakov~ (farmakós), ossia a capro espiatorio, causa di tutti i mali della sua polis, della sua gente, della sua terra. Il caso più noto è quello di Edipo che all’inizio della tragedia di Sofocle è il paterno [1] sovrano  dei Tebani, quello che ha risolto l’enigma della Sfinge, salvando i cittadini vessati dalla"cantatrice dura" ( Edipo re, v.36), sconfiggendo mostro “dal canto variopinto"(v.130) che riempiva di lutti tutta la regione. Quest’uomo mandato dalla provvidenza dunque ha ottenuto il regno e l’amore dei sudditi che lo considerano "il primo tra gli uomini" (v.34) poiché "ha raddrizzato la vita"(v.39) della comunità. Tuttavia le sciagure non sono finite.
Passato del tempo da questo successo, non poco tempo, siccome Edipo in seguito al suo trionfo ha sposato la regina vedova Giocasta e ha avuto quattro figli da lei, due ragazze e due ragazzi, dopo una ventina di anni dunque, tornano i lutti.
 Una peste odiosissima, loimo;" e[cqisto", (v.28)  flagella la povli", la quale si consuma (fqivnousa, vv.25 e v. 26) nella malattia e nella sterilità, svuotandosi di vita. Il re che ha già salvato la città si sente in dovere e si sente in grado di farlo ancora: egli è convinto che la sua intelligenza possa risolvere un’altra volta la situazione critica:” Io, Edipo, che non sapevo nulla, la feci cessare/ azzeccandoci con l'intelligenza e senza avere imparato nulla dagli uccelli (vv. 397-398)". Queste parole da laico vengono gettate in faccia con iattanza al sacerdote Tiresia che invece consulta gli oracoli e osserva il volo degli uccelli. Questi non è che sappiano gli esiti delle situazioni difficili, ma li conoscono gli dèi che indirizzano i loro voli.
Ebbene i segni divini interpretati dal pio  profeta dicono che Tebe è infettata da un mivasma, da una contaminazione che proviene da un crimine: l’assassinio di Laio, il re precedente. Edipo aggredisce Tiresia credendo che abbia ordito una congiura contro di lui, in combutta con Creonte, il fratello di Giocasta, ma vuole comunque indagare chi è l’autore del regicidio. L’indagine viene portata avanti fino alla soluzione e si scopre che il  mivasma, la fonte del male, l’agente patogeno, è Edipo stesso il quale, durante un viaggio, ha ucciso Laio a un trivio [2] senza sapere che era re di Tebe e che era, per giunta suo padre. Poi aveva sposato Giocasta, non sapendo che era sua madre
 Infatti i genitori  l’avevano  esposto appena nato  e il bambino era stato salvato da un pastore. Dunque il successore di Laio ha ucciso l’uomo che lo ha generato, ha sposato la donna che lo ha partorito ed è l’homo piacularis, la vittima umana espiatoria, l'a[go", la macchia che insozza la città.
Quindi deve essere allontanato quale farmakov~, capro espiatorio, medicina umana. Solo con la sua cacciata, la polis tornerà a vivere.
Perché racconto questa storia che già molti conoscono ?
 Per dire che mi è venuta in mente la mattina del cinque febbraio quando, nella prima pagina del quotidiano “l’Unità” ho letto: “Berlusconi parla, le borse cadono”.
“Dunque”, mi sono detto, “Berlusconi viene identificato con la fonte di ogni male. Si vuol fare credere che se non fosse per lui, se non ci fosse lui, se fosse per Monti che, dicono e ripetono, ci ha salvati dal baratro, tutto filerebbe liscio”.
Ora dalla tragedia passo un momento alla commedia di Aristofane che impiega la figura del capro espiatorio in modo diverso, quasi opposto: il coro delle Rane dice che il popolo ateniese è talmente pervertito che maltratta i cittadini conosciuti per essere di buona razza, giusti, equilibrati, per bene, ben formati fisicamente e mentalmente, mentre impiega per tutte le funzioni dei mascalzoni deformi che una volta la città non avrebbe usato nemmeno come vittime espiatorie (oujde; farmakoi`sinejcrhvsat j a[n (v. 732).
E concludo con un paio di domande retoriche: c’è un solo farmakov~ tra i nostri politici?  Non siami noi Italiani un poco come gli Ateniesi redarguiti da Aristofane? Pensaci, lettore.

Giovanni Ghiselli g.ghiselli@tin.it




[1] Entrano in scena Edipo dice: “o figli, nuova stirpe dell’antico Cadmo” (v. 1)
[2] dove convergono le strade di Tebe, di Delfi e di Daulia.

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