Un Leitmotiv del poema è la lotta tra divinità olimpiche e forze ctonie:
cfr. Apollo che uccide il mostruoso (pelwvrion) Pitone sotto il
giogo pietroso del Parnaso, II, 705-706.
Le Argonautiche di 5835 vv. in
4 libri è l'unico grande poema
che resta di tutta la produzione epica compresa tra Omero e Nonno di Panopoli
in Egitto (le Dionisiache, V sec. d.
C., 25OOO mila versi, 48 libri).
Apollonio visse tra il 290 e il 200. Fu prefetto della biblioteca di Alessandria
fra Zenodoto ed Eratostene.
Fu educatore di Tolomeo III Evergete (246-221) ma ad un certo punto cadde in disgrazia e si trasferì a Rodi dove fece due edizioni del
poema: una narrazione continuata di fatti eroici.
All'inizio c'è un
ampio catalogo degli Argonauti, “Qe’ gloriosi che passaro al Colco”[1],
che corrisponde al catalogo delle navi del II dell'Iliade, poi i primi due
libri descrivono il viaggio in Colchide, il terzo l'amore di Medea e la conquista del vello d'oro, il quarto il ritorno.
Ci sono molti episodi, come quello dello sbarco a Lemno dove gli eroi si sollazzano con
"l'ardite femmine spietate" (Inferno,
XVIII, 89). Oppure quello dell'irrisione
degli oracoli da parte dell'empio Ida (I, 465) il quale afferma che in
battaglia con Ida si vince anche senza gli dèi, come e peggio dell'Aiace (vv.768-769) di Sofocle.
Motivo che torna nel
III (560-561) libro dove Ida irride la
forza seduttiva di Afrodite e gli auspici che "non badano più alla
grande forza di Ares ma a colombe e sparvieri".
Per Ida cfr. la Nemea
X di Pindaro, quella di Castore e Polluce.
Ila
invece viene rapito dalle ninfe: così Eracle (che incarnava l'eroismo arcaico con tanto di pederastia)
abbandona la spedizione e Giasone diviene l'eroe principale.
Nel II libro c'è il pugilato di Polluce contro
Amico re dei Bebrici in Bitinia.
Secondo alcuni
l'opera è arida e impoetica: il mito
vivente di Omero è diventato mitologia.
L'imitazione omerica
presenta variazioni costanti e meditate:"quando l'Aurora splendida vide
con gli occhi lucenti le alte vette del Pelio"(I, 519-520). C'è largo
spazio per le storie eziologiche. E' sulla linea euripidea quando descrive i
sentimenti umani, soprattutto quelli erotici.
Il meglio sta nei tormenti e nei dubbi di
Medea e nelle descrizioni della natura: quando
la nave parte, lunghi sentieri biancheggiavano come una via in mezzo alla verde
pianura (I, 545-546).
Quintiliano dice che Apollonio rese l'opera
comunque non spregevole con una certa mediocrità ugualmente distribuita:"Apollonius...non tamen contemnendum reddidit
opus aequali quadam mediocritate
"(X, 1, 54).
Molto nota è la similitudine del cuore di Medea che
si agita. Come guizza e vibra un raggio di sole nell'acqua appena versata in un
vaso (III, 756 sgg.). Quando poi vede Giasone,
egli sembra Sirio che si leva in alto
sopra l'Oceano: sorge nitido e bello, eppure porta infinite sciagure
alle greggi; così Giasone le portava il travaglio di una passione angosciosa
(III, 957 e sgg.).
Subito dopo vengono
descritti gli effetti d'amore in maniera saffiana: il cuore le cadde dal petto,
le si annebbiarono gli occhi, un caldo rossore le invase le guance, non poté
alzare le ginocchia né avanti né indietro, i piedi sotto erano come inchiodati
(ejk d’
a[ra oiJ kradivh sthqevwn pevsen…all j uJpevnerqe pavgh[2]
povda~ III 963-965).
Giasone poi fa
l'esempio di Arianna e Teseo (Argonautiche,
III, 997 sgg.) e qui forse Apollonio è ironico, come Admeto di Euripide che
vorrebbe avere la voce di Orfeo (Al cesti).
L'antieroe ellenistico non manifesta le sue migliori qualità nella pratica
dell'agire, ma piuttosto nell'arte della parola, del persuadere e
dell'ingannare.
La descrizione del
mantello di Giasone che va ad incontrare Issipile contrasta con quella dello
scudo di Achille (Iliade, XVIII):
l’impresa di Giasone non è guerresca come quella del Pelide, ma erotica.
Il sublime (33) definisce Apollonio nelle Argonautiche "a[ptwto"", privo di cadute,
ma poi aggiunge: ma non preferiresti essere Omero piuttosto che Apollonio?
L'incertezza
impotente deriva dal fatto che questi
eroi non hanno reali motivazioni.
Si tratta di una
saga straniante e labirintica, più simile all'Ulisse di Joyce che all'Odissea
di Omero.
Bonnard in La civiltà greca (1964) dice che sembra
di leggere non un poema epico, ma una
guida per turisti colti.
Nel catalogo delle navi, Apollonio aggiunge
notizie curiose che formano una specie di manuale geografico per le scuole,
monotono e inutile poiché la maggior parte dei personaggi non conterà nulla.
Nell'isola di Lemno,
Ipsipile che seduce Giasone è la copia di Circe e Calipso.
E' una poesia sensibile al fascino dei boschi e della carne giovane come quella di Ila accarezzato dalla luna e
rapito dalla ninfa della sorgente dov'era andato ad attingere acqua (I, 1230
sgg).
Gli episodi si
susseguono senza legame tra loro: non c'è un eroe che conferisca unità alle
avventure. Giasone davanti alle
difficoltà è colpito da ajmhcaniva (I, 460), impotenza. Il protagonista non ha la baldanza né gli
entusiasmi dell'eroe, ma vive in un limbo di mediocrità e cautela, tormentato da indecisioni che quasi
paralizzano l'azione.
Lo attanaglia un sentimento di impotenza e
frustrazione.
Apollonio, come Erodoto, ama registrare le
singolarità di un mondo altro, di
culture diverse: i Colchi depongono sottoterra i cadaveri delle donne, ma appendono
agli alberi quelli degli uomini; così l'aria ha parte uguale alla terra
(III, 207-210).
Lo Spazio
Letterario Della Grecia Antica. Apollonio Rodio di Massimo Fusillo.
Nei confronti della
tradizione letteraria c'è rottura e revival. Rottura nella produzione e
ricezione della letteratura, la continuità si trova nel forte intellettualismo che caratterizza gli artisti alessandrini
che volevano possedere e sistematizzare tutta la cultura precedente, mentre i Tolomei utilizzavano la tradizione greca
quale elemento di coesione per il loro regno etnicamente composito.
Apollonio ha scritto un poema epico rinunciando
alla grandezza eroica per chiara scelta. E' dunque un epos che presenta procedimenti antiepici in quanto mette al centro l'eros.
Fin dall'inizio il poeta mette in rilievo il suo io e colloca le Muse
in posizione subordinata invocandole quali ministre del canto:"uJpofhvtore" ei\en ajoidh'""(22). In realtà le Argonautiche sono impregnate della poetica callimachea, rielaborata
in chiave molto personale. Il viaggio di Apollonio infatti è costellato di episodi collaterali che sono
come degli epilli autonomi. Callimaco rifiutava il poema unitario e
continuo (e}n
a[eisma dihnekev") e le Argonautiche vivono di una dialettica
fra la poetica callimachea della discontinuità- e la tendenza epica al racconto
unitario.
La struttura aperta e innovativa ammette
l'inserimento di una storia amorosa intima e privata e l'eros era uno dei temi prediletti della nuova poetica alessandrina.
C'è un'andata (libri I e II) con un lungo
crescendo verso il meraviglioso e l'ignoto, ancora controllati però dalla
ragione umana, poi c'è il contatto con
l'eros, la magia, il potere (III), quindi c'è il ritorno (IV) che è un errare angoscioso e labirintico in cui
l'iniziativa umana è quasi azzerata. Già l'episodio di Lemno racchiude alcuni temi
chiave di tutto il poema: l'eros, il suo uso strumentale, l'inganno e la
caratterizzazione di Giasone quale non eroe[3],
capo poco responsabile e convinto di un'impresa dura e angosciosa, di cui si
sarebbe dimenticato se Eracle non lo avesse richiamato al dovere.
Goethe nel Faust lo presenta in altro modo attraverso
parole attribuite a Chirone: “Fra gli Argonauti, in quella schiera eletta,/
ognuno era prode a suo modo…Riflessivo, forte, savio, accorto nel consiglio,/
si imponeva così, caro alle donne (Frauen
angenehm), Giasone”[4]
Il principale nucleo assiologico è l'opposizione amore/guerra.
A Cizico (nella
Propontide) gli Argonauti per sbaglio uccidono i loro amici, i Dolioni, in una
tragica battaglia notturna che sembra visualizzare la cecità degli uomini:
questa è l'unica vera battaglia del poema, ed è svuotata di ogni senso
positivo. Alla fine del I libro Eracle abbandona l'impresa in preda al delirio
amoroso. Nel secondo libro Polluce sconfigge Amico re dei Bebrici nella gara di
pugilato con una tecnica sapiente e controllata: la forza bruta viene
svalutata. E' anche una contrapposizione tra forze olimpiche e forze ctonie.
Una insulta, l'altro sorride senza rispondere. Polluce schiva i colpi dia; mh'tin (II, 75), grazie all'intelligenza.
La barriera delle Simplegadi (II 549-608) è simbolica della divisione tra due mondi
e il timoniere Tifi che le supera
valorizza l'abilità e la tecnica umana.
Che non bastano più
nel passaggio delle Plancte (IV
920-967) dove le Nereidi si palleggiano la nave sottolineando l'impotenza
umana. Rupi erranti (plavzw) dello stretto
di Messina.
Il III libro è quello dell'amore di Medea: infatti è invocata Erato quale musa della poesia amorosa.
La psiche di Medea è
il centro semantico di tutto il libro. Apollonio è il primo epico a usare la
focalizzazione ristretta, il punto di vista limitato di un personaggio. Medea
si innamora a prima vista (III, 451-462) idealizzando la persona amata. Inoltre
usa il monologo.
Medea è combattuta tra le forze della
repressione e quelle del represso: il primo monologo contiene un ejrrevtw mandato a Giasone (v.466), il terzo invece
usa la stessa espressione riferita al pudore e alla fama (785-786). C'è anche
un sogno (616-632) in cui il desiderio si vede nella sua trasparenza: senza
l'intervento della condensazione e dello spostamento: Giasone era andato là per
sposarla. Lei sconfiggeva i tori e seguiva lo straniero.
La teoria dei sogni
risale al medico Erofilo vissuto al tempo di Tolomeo I.
Apollonio dunque ha
recepito una novità della ricerca scientifica a lui contemporanea.
Erofilo 335-280,
fondatore, con Erasistrato, della scuola medica di Alessandria, fu il primo
anatomista
Il terzo monologo (III, 770-801) è considerato
il primo monologo interiore della
storia letteraria ed è permeato da tendenze autodistruttive. Nel
successivo colloquio con Giasone traspare il dislivello dell'investimento
psichico da parte dei due personaggi che ancora di più si differenziano nella
reazione successiva all'incontro.
All'inizio del IV
libro Apollonio confessa che la sua mente ondeggia in uno sgomento senza parole
(IV, 3): non sa se Medea lasciò la Colchide per amore o per terrore. Apollonio
sceglie il dilemma per significare la
compresenza di desiderio e paura nell'animo di Medea.
L'aggressività del
IV libro è la stessa carica erotica rovesciata per via della frustrazione e il
disinganno.
continua
Mi continua a stupire la modernità di questi testi.Giovanna Tocco
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