Stefano Bonaga |
Pochi pensieri di ferragosto. “nam verae voces tum demum pectore ab imo/eliciuntur et eripitur persona, manet res" (Lucrezio, De rerum natura, III, 57-58), infatti le parole autentiche allora finalmente escono dal fondo del cuore, e si strappa la maschera, rimane la sostanza.
Voterò per le donne e per gli uomini che mostreranno di
volere e di sapere associare l'azione politica con la filantropia, con
l’educazione, con la cultura. Intanto Anna Falcone mi piace assai. Bella, fine,
intelligente.
Alla canaglia politica dobbiamo sostituire donne e uomini
che considerino la res publica quale res populi, non come una vacca da
mungere o macellare.
Nella politica, perché non sia un’ignobile farsa, bisogna
passare dai tecnicismi alle cause e ai princìpi primi. Dalle téchnai alle archái. Così come si deve passare dalla grammatica alla poesia e
alla filosofia, dalle date e dalle battaglie alle cause dei fatti storici.
Pagliacciata televisiva: Il "filosofo" Stefano Bonaga
in TV (In onda, qualche sera fa) ha
fatto uno svarione offensivo per chi studia, dicendo, senza citare un testo né
un autore, che il krátos della
democrazia greca non era potere, era meno che potere. Se non ho sentito male, è
una bestialità.
Infatti in Aristofane
(cfr. le Vespe), poi in Platone ( la Repubblica )
e in Aristotele (la Costutuzione degli Ateniesi) dhmokrativa è il prepotere, la confusa prepotenza dei non abbienti
spinti dai demagoghi contro gli abbienti.
Senofonte, ricordando l’episodio della condanna degli strateghi che non avevano
salvato i naufraghi dopo la pur vittoriosa battaglia delle Arginuse del 406,
dice che non c’è democrazia quando il popolo, come in questo caso, rivendica il
potere di fare quello che vuole indipendentemente dalle leggi: ("to; de; plh'qo" ejbova deino;n ei\nai, eij mhv ti" ejavsei
to;n dh'mon pravttein o{ a]n bouvlhtai"
Elleniche I, 7, 12)."
Questa è,
secondo Polibio, la formula che caratterizza la degenerazione della democrazia:
“ejn h|/ pa'n plh'qo" kuvriovn
ejsti poiei'n o{ ti pot j a]n aujto; boulhqh'/ kai; provqhtai” (Storie
VI, 4, 4), quando la massa è padrona di fare quello che vuole e si propone.
Dopo avere sentito,
se non ho udito male (lascio questa riserva per carità di un vecchio a un
vecchio) tale strafalcione del filosofo coetaneo, ho cambiato canale dicendomi:
“se non denunci questa pupazzata, va’ là, che sei un buffone anche tu e sei
pure un complice di tanta confusione ”. Sicché eripiatur persona, maneat res.
giovanni ghiselli
Giovanna Tocco
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