Torniamo dunque alla tragedia Andromaca di Euripide. Tra le virtù della donna la moglie dell'eroe troiano mette una totale abnegazione in favore dello sposo. La competizione va abolita per lasciare la vittoria all'uomo: "Bisogna infatti che la donna, anche se viene data in moglie a un uomo da poco/lo ami e non faccia gare di pensieri"(Andromaca, vv. 213-214). In nome della sottomissione Andromaca suggerisce a Ermione di abbassare la testa e reprimere ogni sentimento e pensiero che non sia di devozione nei confronti dello sposo. Quindi, poco più avanti, aggiunge:: "O carissimo Ettore, io per compiacerti / partecipavo ai tuoi amori[1], se in qualche occasione Cipride ti faceva scivolare,/e la mammella ho offerto già molte volte ai tuoi bastardi/, per non darti nessuna amarezza. / E così facendo attiravo a me lo sposo / con la virtù ; tu neppure una goccia di celeste rugiada/ lasci che si posi sul tuo sposo per paura" (vv. 222-228).
L'abnegazione di Andromaca arriva al punto di
accettare le amanti di Ettore condividendo gli amori di lui, ossia amandole. Se
questo le dava amarezza (pikrovn ,
v. 225) non importa: bastava toglierla allo sposo.
Andromaca anzi conclude l'episodio (il primo della tragedia)
scagliando un anatema contro tutte le donne immorali, o contro tutte le donne
esclusa se stessa, se vogliamo dare credito alla nomea di antifemminismo del
suo creatore:
"E'
terribile che uno degli dèi abbia concesso rimedi
ai mortali anche
contro i morsi dei serpenti velenosi,
mentre per ciò che va
oltre la vipera e il fuoco,
per la donna, nessuno
ha trovato ancora dei rimedi
se è cattiva: così
grande male siamo noi per gli uomini"(269-273). tosou`tovn ejsmen ajnqrwvpoi~ kakovn (Andromaca, v. 273).
Un antifemminismo
certamente professato da Andromaca nel secondo episodio:
"non bisogna preparare grandi mali per piccole
cose
né, se noi donne siamo un male pernicioso, (ajthro;n kakovn)/gli uomini devono
assimilarsi alla nostra natura"( Andromaca,
vv.352-354).
Più avanti Ermione,
la moglie legittima, parlando con Oreste, deplora
la rovina subita dalle visite delle comari maligne:" kakw'n gunaikw'n ei[sodoi m ' ajjpwvlesan" ( v. 930).
La sposa che permette a tale genìa di guastare la sua
intesa coniugale, viene come trascinata da un vento di demenza.
Altre donne
Ora sentiamo per esteso Ermione, la figlia di Elena e
Menelao, pentita di essersi lasciata montare la testa dalle comari: Sirene maligne che hanno provocato la rovina
del suo matrimonio con Neottolemo:
" Ed io ascoltando queste parole di Sirene[2],/ scaltre, maligne, variopinte, chiacchierone,/ fui trascinata da un vento di follia. Che bisogno
c'era infatti che io/controllassi il mio sposo, io che avevo quanto mi
occorreva?/grande era la mia prosperità, ero padrona della casa,/e avrei
generato figli legittimi,/quella[3] invece dei mezzi schiavi e bastardi[4]
servi dei miei./ Mai, mai, infatti non lo dirò
una sola volta,/ bisogna che quelli che hanno senno, e hanno una moglie,/
lascino andare e venire dalla moglie che è in casa/ le donne: queste infatti
sono maestre di mali:/ una per guadagnare qualcosa contribuisce a corrompere il
letto,/ un'altra, siccome ha commesso una colpa vuole che diventi malata con
lei,/ molte poi per dissolutezza; quindi sono malate/ le case degli
uomini. Considerando questo, custodite bene/ con serrature e sbarre le porte
delle case;/ infatti nulla di sano producono
le visite/ dall'esterno delle donne ma molte brutture e anche dei
mali ( Euripide, Andromaca, vv.
936-953).
Inserisco una riflessione di Nietzsche sulla
difficoltà dell’uomo e della donna di comprendersi reciprocamente.
“Nell’uomo come nella donna le passioni sono identiche, ma hanno un ritmo diverso: per questo l’uomo e la donna non cessano di fraintendersi”[5]
La sfasatura talora è iniziale perché uno dei due non
piace all’altro, altre volte capita per dei cambiamenti delle circostanze. Una
amante molto gradita-Kaisa per chi legge la mia narrativa- dopo un mese passato
meravigliosamente insieme mi disse: “torno da mio marito: tu come amante in
vacanza sei ottimo, come compagno di vita non lo so”. Compresi che aveva ragione,
che se ne intendeva, sicché non feci obiezioni.
Il non truccarsi e il non spogliarsi
fanno parte della virtù della donna,
almeno in ambito e ateniese e ionico[6]. In questa stessa tragedia si trova un pesante
biasimo delle donne spartane: Peleo,
sempre nell'Andromaca ,
critica tutte le Lacedemoni per i
loro costumi dicendo: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le
cosce nude ("gumnoi'si
mhroi'"", v.598) e i pepli
sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili.
Torniamo
a Nietzsche
“Maschere.
Ci sono donne che, per quanto la si cerchi in loro, non hanno interiorità, sono
pure maschere. E’ da compiangere l’uomo che ha a che fare con tali esseri quasi spettrali,
necessariamente insoddisfacenti, ma proprio esse possono eccitare al massimo il
desiderio dell’uomo: egli cerca la loro anima-e continua a cercare”[7].
“Vi
sono donne che, ovunque le si scavi, non hanno interiorità, ma sono sempre
maschere, quasi esseri spettrali, succhiatori di sangue, che non soddisfano
mai”[8].
“Onorabilità e
onestà. Quelle
ragazze che vogliono procurarsi col solo loro fascino giovanile una
sistemazione per tutta la vita e la cui furberia viene ancora più aizzata da
madri smaliziate, vogliono esattamente la stessa cosa delle etere, solo che
sono più intelligenti e più disoneste di queste ultime”[9].
Villa Fastiggi 19 agosto 2025 ore 10, 19 giovanni
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[1] Cfr. Amarcord di Fellini.
[2] Sono mostri che adescano i naviganti con la malìa del loro
canto per poi ucciderli. Per attirare Odisseo gli dicono che chi fa
sosta da loro riparte pieno di gioia e conoscendo più cose ("kai; pleivona eijdwv"", Odissea,
XII, 188). Ma il figlio di Laerte, unico tra gli uomini, riesce a udire il
canto delle Sirene senza esserne sedotto. Come nel caso di Circe, come in
quello dell'accesso all'Ade, egli sa che cosa deve fare, e di fronte alle
Sirene escogita uno stratagemma: tappa gli orecchi dei suoi marinai e si fa
legare all'albero della nave.
[3] Andromaca.
[4] Si può pensare all'elogio dei
bastardi pronunciato da Edmondo, il figlio illegittimo (di Gloster) che nel Re Lear si presenta come devoto adoratore della dea
natura."Thou, Nature, art my goddess". Bastardo dunque, secondo
la natura, è un titolo onorifico:"
noi nel gagliardo furto di natura prendiamo una tempra più solida e maggior
fierezza di carattere rispetto ai gonzi generati tra il sonno e la veglia in un
letto freddo, frollo e fiacco (I, 2).
[5] Di là dal bene
e dal male, Aforismi E interludi, 85
[6] Erodoto fa gridare a
Gige:" {ama de; kiqw'ni
ejkduomevnw/ sunekduvetai kai; th;n aijdw'
gunhv" (I, 8, 3)
con il levarsi di dosso la veste, la donna si spoglia anche del
pudore".
[7] Umano, troppo
umano, I, La donna e il bambino, 405
[8] Frammenti postumi 1876, 13
[9] Umano, troppo
umano, I, La donna e il bambino, 404
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