Inattualità della Nascita della tragedia
“Proprio la tragedia è la prova che i Greci non erano pessimisti: su questo punto, come su tutto il resto, Schopenhauer si è sbagliato”.
In effetti il dolore può condurre all’intelligenza- cfr. tw`/ pavqei mavqo~ dell’Agamennone di Eschilo (v. 177) e a[rti manqavnw dell’Alcesti di Euripide (v. 942), un dramma che ha pure un lieto fine.
“Se la si prende in mano con una certa neutralità di spirito, La nascita della tragedia ha un’aria molto inattuale; nessuno si sognerebbe di pensare che fu cominciata quando tuonavano i cannoni della battaglia di Wörth (dell’agosto del 1870 ndr). Ho meditato lungamente questi problemi nelle fredde notti di settembre davani alle mura di Metz, quando facevo servizio di infermeria.
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Si potrebbe credere addirittura che quest’opera sia stata scritta 50 anni prima. E’ indifferente alla politica-oggi si direbbe “non tedesca”, ha un ripugnante odore hegeliano e in certe formule è impregnata del profumo di cerimonie funebre di Schopenhauer. Un’idea –l’opposizione di apollineo e dionisiaco –tradotta in metafisica; la storia stessa vista come lo sviluppo di questa idea; l’opposizione risolta in unità nella tragedia”. Apollineo e dionisiaco è comunque una delle “due innovazioni decisive del libro”.
Questa fu una innovazione decisiva anche per me nel 1975 quando iniziai a insegnare e gli studenti dell’ultimo anno del liceo Rambaldi di Imola insoddisfatti del mio limitarni a tradurre l’Edipo re, a dire a pappagallo i paradigmi e a ripetere i manuali, mi chiesero di spiegare questo libro dato che avevo fatto l’Università. Ma all’Università non mi avevano nemmeno menzionato La nascita della tragedia, né apollineo né dionisiaco. Tanto meno ne avevo sentito parlare nel liceo di Pesaro.
Era ancora inattuale dunque La nascita della tragedia, almeno tra i miei professori.
Era fuori tempo anche in Germania nel 1872 pure tra quasi tutti gli addetti ai lavori che la stroncarono quando Nietzsche osò scrivere e pubblicare tale opera inattuale tra i filologi della filologia “deretana” come la chiamò Rohde che, come Wagner e Burckhardt, prese le difese di Nietzsche
Comprai il libro ne studiai con grande impegno tutti i capitoli e imparai tante cose che riferìi.
Non era inattuale solo per me l’apollineo e il dionisiaco. I colleghi rimasero stupefatti ma questi di Imola non cercarono di danneggiarmi. Il preside, una brava e cara persona, Davide Ciotti addirittura mi incoraggiò dicendo che mi faceva onore l’impegno che mettevo nel lavoro
“In tutto il libro, silenzio profondo, ostile sul cristianesimo, il quale non è apollineo né dionisiaco: il cristianesimo nega tutti i valori estetici-gli unici valori che vengano riconosciuti nella Nascita della tragedia: nel senso più profondo esso è nichilistico, mentre nel simbolo dionisiaco viene raggiunto il limite estremo dell’affermazione. Una volta si fa accenno ai sacerdoti cristiani come a una “perfida specie di nani”, di esseri sotterranei”.
Nietzsche era figlio di un pastore protestane, morto del resto nel 1849 e nipote di un altro pastore protestante, il padre della madre. Talora nel cristianesimo Nietzsche salva gli aspetti “rinascimentali” del cattolicesimo.
L’altra innovazione è “Socrate come strumento della disgregazione greca”. Ma questo l’abbiamo già visto
Devo piuttosto chiarire altro.
Nel capitolo XX della Nascita della tragedia Nietzsche mette in rilievo con simpatia la solitudine e l’inattualità di Schopenhauer.
Il filosofo allora venerato viene assimilato al Cavaliere con la morte e il diavolo di Dürer (incisione a bulino del 1513), solo col destriero e il cane. dmperturbato dai suoi orrendi compagni
“Un tale cavaliere di Dürer fu il nostro Schopenhauer, gli mancò ogni speranza, ma volle la verità. Non esiste un suo pari.”
Nella III inattuale Schopenhauer come educatore (1874) Nietzsche lo assimila invece a Montaigne: “Schopenhauer ha in comune con Montagne una seconda qualità oltre l’onestà: una reale serenità rasserenante: aliis laetus , sibi sapiens (capitolo 2).
Quanto a Hegel, “l’opposizione di apollineo e dionisiaco risolta in unità nella tragedia” risente della sintesi hegeliana di tesi e antitesi, quella raccomandata nell’Estetica e indicata nelle Eumenidi di Eschilo.
Quanto alla negazione di apollineo e dionisiaco nel cristianesimo e al nichilismo di questa religione, tale critica secondo me è applicabile magari a certi preti e pseudoprofeti, ma non al Nuovo Testamento. Il nichilismo è anzi dilagato con la fine della pietas, quella pagana denunciata da Sofocle e quella cristiana sostituita dalla teocrazia del denaro, dall’idolatria, mai abbastanza indicata come male.
Nel Nuovo Testamento il Cristo compie un gesto dionisiaco alle nozze di Cana trasformando l’acqua in vino (Giovanni, 2, 7-9).
Né mancano “nulla di troppo e conosci te stesso”, cioè l’apollineo nelle parole di Gesù.
Ecce homo. La nascita della tragedia 2
La vita come problema. Il coraggio di osare la verità
“Ero il primo a vedere il vero contrasto: da una parte l’istinto degenerante che si rivolta contro la vita con rancore sotterraneo-il cristianesimo, la filosofia di Schopenhauer, in un certo senso già la filosofia di Platone, tutto l’idealismo ne sono forme tipiche- e dall’altra una formula della affermazione suprema, nata dalla pienezza, dalla sovrabbondanza, un dire sì senza riserve, al dolore stesso, alla colpa stessa, a tutto ciò che l’esistenza ha di problematico e di ignoto”.
In effetti la tragedia greca ci insegna a vedere la donna, l’uomo, il matrimonio, il mettere al mondo dei figli, tutta la vita insomma come problema. Una volta un collega ottuso mi fece: che cosa significa come problema? Diedi una risposta soltanto tecnica: provblhma è una parola greca che significa “qualcosa che ci viene gettata davanti, da probavllw”, è un ostacolo”
“E’ una delle tue fantasie- replicò lui- un problema soltanto tuo, Era un “chiarissimo” professore di greco. Un problema da affrontare oggi tra i primi è quello della selezione degli insegnanti in base alla loro preparazione.
Ma domando con Giovenale: quis custodiet ipsos/ custodes? " (VI, 347-348).
“Quest’ultimo, gioiosissimo, straripante-arrogantissimo sì alla vita non solo è la visione suprema , ma anche la più profonda, confermata e sostenuta col massimo rigore della verità e della scienza”.
Ora invece prevale il no alla vita e il no alla verità. Basta pensare alla guerra e alla propaganda che se ne fa.
“Per capire questo ci vuole coraggio e, come sua condizione, un eccesso di forza: perché, nella misura della propria forza , ci si avvicina alla verità solo di quanto il coraggio può avventurarsi avanti”.
Per pensare la verità ci vuole intelligenza, per dirla ci vuole il coraggio di osare l’inattuale poiché oggi è invece attuale la menzogna.
“La conoscenza, il dire sì alla realtà, è una necessità per il forte, così come lo è per il debole, per ispirazione della debolezza, la viltà e la fuga dalla realtà: l’ideale”.
Mi permetto di correggere: non a tutta la realtà bisogna dire sì e farlo non è sempre un atto di coraggio: dire sì al crimine che fa parte della realtà, alla guerra che è lo scelus maximum, alla menzogna ovunque diffusa è complicità e viltà.
Villa Fastiggi, 31 agoto 2025, ore 16, 18 giovanni ghiselli
p. s.
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