sabato 30 agosto 2025

Autori greci e i latini in Shakespeare. 2


 

Dalla mia Metodologia pubblicata dalla UTET

Plutarco e Shakespeare.

“Per l'uomo moderno, Plutarco significa Shakespeare"[1], e viceversa. 

 Alcune tragedie di Shakespeare (il Giulio Cesare, l'Antonio e Cleopatra, il Coriolano ) dipendono da Plutarco che il drammaturgo inglese leggeva nella traduzione (del 1579) di Thomas North fatta su quella  francese (del 1559) del vescovo Amyot il quale tradusse pure i Moralia (1572)[2]. Nonostante la doppia traduzione ci sono, e soprattutto nel Coriolano , situazioni e frasi che riproducono gli originali di Plutarco, tanto che Elias Canetti in un passo[3] di La provincia dell'uomo , afferma che " Plutarco non è affatto schizzinoso. Nelle sue pagine accadono cose terribili, come nelle pagine del suo seguace Shakespeare”

 

Ritratto paradossale: in Shakespeare il principe Enrico dissipato e gozzovigliatore[4], diviene re (Enrico V, del 1599) saggio e capo di eserciti valorosi, simbolo della grandezza nazionale.

Cfr. la battaglia di Agincourt del 1415 con l’appello agli happy few (IV, 3, 60)

 

  E’ opportuno qui riportare, non solo per la sua grazia ma anche per la sua profondità, un passo celebre in cui Shakespeare cerca di spiegare come grandi qualità potessero celarsi nel principe libertino (Enrico V, atto II, scena 1 60 sgg,): “la fragola cresce sotto l’ortica e le bacche salutari prosperano e maturano meglio in compagnia di frutti di qualità inferiore: così il principe celò il suo spirito di osservazione sotto le apparenze del libertinaggio, e questo spirito senza dubbio deve aver fatto come l’erba estiva che cresce di notte non vista, ma proprio allora più soggetta alla forza di sviluppo che le è insita”

 The strawberry grows underneath the nettle,/ And wholesome berries thrive and ripen best/Neighbour’d by fruit of baser quality:/And so the prince obscur’d his contemplation/Under the veil of wildness; which, no doubt,/Grew like the summer grass, fastest by night,/Unseen, yet crescive in his faculty”.

E’ il vescovo di Ely che parla.

 

 E’ probabile che Shakespeare non debba nulla alla tradizione antica del ritratto “paradossale” di tipo “petroniano”. Al “paradosso” della compresenza di vizi e virtù egli aggiunge un altro “paradosso”, secondo cui il vizio può essere condizione favorevole alla segreta crescita della virtù; chi mai nell’antichità avrebbe potuto accettarlo? Non è poca cosa, comunque, che storici antichi quali Sallustio e Tacito avessero messo a fuoco il problema: il loro travaglio di pensiero, che coglie le contraddizioni di una realtà sempre più ricca ed oscura, non li porta troppo lontano dal genio del poeta moderno”[5].

La Penna inserisce in questa lista di personaggi paradossali anche Silla, Catilina, Cleopatra, Otone e altri.

 

La tematica dell’orrore. Seneca e Shakespeare.

 “Shakespeare, ‘simile al mondo ed alla vita’, secondo Kott, riprende la tematica senecana dell'orrore, e l' atrocità shakespeariana non stupisce, non ci è mai lontana. Titus Andronicus, Riccardo III , si ritrovano in Medea e Thyestes. Da Titus Andronicus fino ad Amleto, fino alla crudeltà senza nome della morte di Cordelia. In Shakespeare, il teatro di sangue che porta l'insegna senecana, raggiunge il suo punto culminante"[6].

fu Albertino Mussato (1261-1329) "il primo scrittore moderno che volle imitare le tragedie di Seneca. Mussato, scopritore di un "Seneca tragicus" (Ecerinis [7]) sotto la descrizione dei crimini di Ezzelino[8], rappresenta i crimini del suo contemporaneo Cangrande della Scala, il tiranno di Verona e cerca il suo modello nei temi di orrore e di sangue delle tragedie di Seneca…Si inizia la traiettoria moderna di un Seneca tragicus…che culmina nella esposizione che ci offre Shakespeare in Titus Andronicus, opera degna del più specifico Tieste o di Medea. Esposizione tematica del teatro della crudeltà così formulata:"I must talk of murders, rapes and massacres/Acts of black night, abominable deeds,/ Complots of mischief, treason, villainies/ Ruthful to hear, yet piteously performed " (V, 1, 63-66)"[9], io devo parlare di assassinii, stupri e massacri, atti della nera notte, azioni abominevoli, complotti del demonio, tradimenti, malvagità, penosi a udirsi, eppure eseguiti in modo da fare pietà.

Sono parole di Aaron il moro amato da Tamora.

 

La transvalutazione

E' il successo che fa chiamare onorevoli certi delitti, suggerisce la Fedra di Seneca a se stessa:"honesta quaedam scelera successus facit " (Fedra , 598).

 nel Macbeth di Shakespeare la moglie di Macduff viene invitata a fuggire da un messaggero, prima che arrivino i sicari del tiranno, e risponde: “Whither should I fly?-I have done no harm. But I remember now.- I am in this earthly world where to do harm-is often laudable; to do good, sometime-accounted dangerous folly” (IV, 2), dove dovrei scappare? Io non ho fatto del male. Ma ora ricordo. Io sono in questo basso mondo dove fare il male è spesso lodevole; fare il bene, talora è considerata pericolosa follia.

 

  La vita come recita Shakespeare, Svetonio, Epitteto

Sentiamo Shakespeare:" All the world's a stage-And all the men and women merely players" (As you like it [10], II, 7), tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e le donne non sono che attori. Essi, continua il malinconico Jaques, hanno le loro uscite e le loro entrate. Una stessa persona, nella sua vita, rappresenta parecchie parti, poiché sette età costituiscono gli atti della vita umana". Segue la descrizione dei sette atti. Ci interessa il secondo: quello dello "scolaro piagnucoloso che, con la sua cartella e col suo mattutino viso, si trascina come una lumaca malvolentieri alla scuola"; poi il terzo quello dell' innamorato "che sospira come una fornace, con una triste ballata composta per le sopracciglia dell'amata". Infine "l'ultima scena, che chiude questa storia strana e piena di eventi, è seconda fanciullezza e completo oblio, senza denti, senza vista, senza gusto, senza nulla".

 

 Orazio nell' Ars poetica[11] distingue le quattro diverse  parti che ciascuno di noi recita nella vita. Dobbiamo ricordarcene noi insegnanti per avvicinarci alla comprensione dei nostri ragazzi.

Dunque:"aetatis cuiusque notandi sunt tibi mores" (156), si deve badare bene ai costumi specifici di ciascuna età. Segue una descrizione dei mores delle varie età: il puer il quale gestit paribus colludere (159), smania di giocare con i suoi pari, e cambia umore spesso: et mutatur in horas (160).

Poi l' imberbus iuvenis il giovinetto imberbe il quale gaudet equis canibusque, è cereus in vitium flecti, facile come la cera a prendere l'impronta del vizio, prodigus aeris, prodigo di denaro.

Poi, conversis studiis  aetas animusque virilis/, quaerit opes et amicitias, inservit honori (vv. 166-167), cambiate le inclinazioni, l'età e la mente adulta cerca ricchezze e aderenze, si dedica alla conquista del potere.

Poi c'è il vecchio:"difficilis, querulus, laudator temporis acti/se puero, castigator censorque minorum" (vv. 173-174), difficile, lamentoso, elogiatore del tempo trascorso da ragazzo, critico e censore dei giovani. Sono dunque quattro atti che recitiamo in quattro parti diverse, con quattro aspetti diversi. 

 

Nella Vita di Svetonio troviamo l'ultima scena di Augusto il quale supremo die , fattisi mettere in ordine i capelli e le guance cascanti, domandò agli amici "ecquid iis videretur mimum vitae commode transegisse" (99), se a loro sembrasse che  avesse recitato bene la farsa della vita, quindi chiese loro, in greco, degli applausi con la solita clausula delle commedie:" eij de; ti-e[coi kalw'" to; paivgnion, krovton dovte", se è andato un po’ bene questo scherzo, applaudite.

Epitteto: “ricorda che sei attore di un dramma uJpokrith;" dravmato" ma non il regista. Tu devi recitare bene il ruolo assegnato e scelto da un altro (Manuale, 17).

 

Villa Fastiggi 30 agosto 2025 ore 18, 49 giovnni ghiselli

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[1]Mazzarino, op. cit., p. 138. L'autore continua così:"significa Robespierre e Verginaud e Danton; solo uno storico di razza (sia pure uno storico moralista, storico dell' ethos  di grandi individui) poteva trasmetterci l'eredità classica, in quanto eredità di tradizione storica, in maniera così rilevante e decisiva.

[2]Traduzioni approvate, da Montaigne che, qualche anno più tardi, scrive nei Saggi  :" Io do giustamente, mi sembra, la palma a Jacques Amyot su tutti i nostri scrittori francesi, non solo per la semplicità e la purezza del linguaggio, nella quale supera tutti gli altri, né per la costanza di un così lungo lavoro, né per la profondità del suo sapere, poiché ha potuto volgarizzare così felicemente un autore tanto spinoso...ma soprattutto gli sono grato di aver saputo discernere e scegliere un libro tanto degno e tanto appropriato per farne dono al suo paese. Noialtri ignoranti saremmo stati perduti se questo libro non ci avesse sollevato dal pantano; grazie a lui, osiamo ora e parlare e scrivere; le signore ne dànno lezione ai maestri di scuola; è il nostro breviario"(II, 4, pp. 467-468).

[3]In Opere 1932-1973 , trad. it. Bompiani, Milano, 1990,  p. 1812.

[4] Cfr. Dostoevskij, I demoni: “tutto ciò somigliava alla giovinezza del principe Harry che gozzovigliava con Falstaff” (p. 43).

 

[5] A. La Penna, Aspetti del pensiero storico latino, pp. 220-221.

[6]  George Uscatescu, Seneca e la tradizione del teatro di sangue, "Dioniso" 1981, p. 387.

[7] Del 1314 .

[8] Crudelis ut Nero (ndr)

[9] George Uscatescu, op. cit,. p. 374

[10] 1599-1600.

[11] Composta tra il 18 e il 13 a. C.


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