Il recitativo sdilinquito del melodramma languido e la musica dionisiaca, potente, di Bach, Beethoven e Wagner.
La cultura socratica si può anche chiamare cultura dell’opera. Innanzitutto Nietzsche ricorda lo stile del recitativo. Il cantante più che cantare parla accentuando il pathos. Il recitativo è la mescolanza dell’esposizione epica e di quella lirica, una conglutinazione però del tutto esteriore, come un mosaico. Gli inventori del recitativo credettero di svelare con quello stilo rappresentativo il mistero della musica antica, quello di un Orfeo o di un Anfione. Si considerò quello stile la rinascita della musica greca. Il recitativo fu considerato il linguaggio riscoperto dell’uomo primitivo idillicamente o eroicamente buono. Ma la genesi di questa nuova forma d’arte è la soddisfazione di un bisogno non estetico, ossia la volontà di concepire come buono l’uomo primitivo.
L’opera è edificata sugli stessi principi della cultura alessandrina, è un prodotto dell’uomo teoretico, del critico profano, non dell’artista. Che si debba capire la parola è una pretesa degli ascoltatori non musicali. E’ rozza l’opinione che la parola debba prevalere. L’uomo colto del Rinascimento si fece ricondurre alla tragedia greca da questa sua cultura operistica[1].
Ma l’uomo idillico, il pastore che eternamente canta, deriva dall’ottimismo che ha come base la cultura socratica però di lì degenera ancora esalando un profumo dolciastro. Dall’opera dunque deriva il facile piacere per una realtà idillica, ma si tratta di uno sciocco baloccarsi. L’opera è un essere bamboleggiante che deriva dalla serenità alessandrina e non ha nulla a che vedere con la terribilità della natura.
Il mondo parassitario dell’opera non è nutrito dai succhi dell’arte vera. L’uomo eschileo sta alla serenità alessandrina, come la tragedia all’opera moderna. Eppure nell’epoca attuale sta risvegliandosi lo spirito dionisiaco. Eracle non è rimasto per sempre infiacchito nella voluttuosa soggezione a Onfale[2] (cfr. Trachinie, v. 70).
Nelle Trachinie di Sofocle, Illo dice alla madre Deianira che Eracle, suo padre e marito di lei,” la scorsa stagione per tutto il tempo ha faticato al servizio di una donna di Lidia-Ludh`/ gunaikiv fasiv nin lavtrin ponei`n (v. 70).
Dal fondo dionisiaco dello spirito tedesco è uscita una forza terribile e inesplicabile per la cultura socratica: la musica tedesca dal potente corso solare: da Bach a Beethoven a Wagner. E’ un demone che scaturisce da insondabili profondità e il socratismo non può batterlo partendo dai merletti e dagli arabeschi della melodia operistica. Dalla stessa sorgente della musica tedesca deriva la filosofia di Kant e di Schopehauer che è la sapienza dionisiaca espressa in concetti Ora sembra che procediamo in ordine inverso rispetto ai Greci: dall’età Alessandrina al periodo della tragedia. Lo spirito tedesco ora può presentarsi davanti ai popoli ardito e libero senza la briglia di una civiltà romanza, purché sia disposto a imparare dai Greci, imparare dai quali è già un’alta gloria e una rarità che distingue.
Questa celebrazione di Wagner, Kant e Schopenhauer verrà capovolta in denigrazione da Umano troppo umano (1878) in avanti.
Villa Fastiggi, 20 agosto 2025 ore 17, 54 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] L’opera nasce alla fine del Cinquecento nella Camerata fiorentina.
[2] Antenata di Candaule secondo Erodoto che però la considera una schiava lidia . Dalla unione di questa donna con Eracle sarebbe scaturita la stirpe degli Eraclidi terminata con Candaule (Storie, I, 7)
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