Testa di Odisseo, Gruppo di Polifemo a Sperlonga |
Odisseo non è bello, ma è l'eroe e l'esteta della parola.
Sotto questo aspetto egli prefigura il capo della povli" democratica nella quale la
forza dell’eloquio sarà decisiva per il successo dell'uomo politico.
Ora Matteo Renzi sta prevalendo perché, pur non essendo
splendidamente bello nemmeno lui, è bravo a parlare, molto più bravo degli
altri.
"Il sistema della polis
implica prima di tutto una straordinaria preminenza della parola su tutti
gli altri strumenti del potere. Essa diventa lo strumento politico per
eccellenza, la chiave di ogni autorità nello Stato, il mezzo di comando e di
dominio su altri. Questa potenza del linguaggio - di cui i Greci fecero una
divinità: Peiqwv, la forza di
persuasione - ricorda l'efficacia delle parole e delle formule in certi rituali
religiosi… in realtà, tuttavia, si tratta di una cosa affatto diversa.
Il linguaggio non è più la parola rituale, la formula
giusta, ma il dibattito contraddittorio, la discussione, l'argomentazione.
Presuppone un pubblico al quale esso si rivolge come a un giudice che decide in
ultima istanza, per alzata di mano, tra i due partiti che gli sono presentati:
è questa la scelta puramente umana che misura la forza di persuasione
rispettiva dei due discorsi, assicurando la vittoria di uno degli oratori sul
suo avversario... Tra la politica e il logos
c'è così un rapporto stretto, un legame reciproco. L'arte politica consiste
essenzialmente nel maneggiare il linguaggio"[1].
Renzi lo maneggia molto bene. Io alle primarie votai per la Puppato: Bersani non mi
convinceva proprio perché non sapeva parlare, e Renzi non mi piaceva perché mi
pareva troppo inclinato a destra. Ma un paio di sere fa, da Vespa, il giovane sindaco di Firenze ha parlato bene e ha detto cose di sinistra. Vedremo se le farà.
In ogni caso l'altra notte con la sua lepida, arguta vivacità ha tenuta desta l'attenzione. Il ragazzo è sveglio e sa tenere svegli quanti lo ascoltano. E ne ha piena coscienza.
In ogni caso l'altra notte con la sua lepida, arguta vivacità ha tenuta desta l'attenzione. Il ragazzo è sveglio e sa tenere svegli quanti lo ascoltano. E ne ha piena coscienza.
Infatti ha detto: ”Chi vuole cambiare il PD, voti me. D’Alema
voterà Cuperlo e comunque se partiamo con Franceschini, Fassino, gli Italiani
dopo avere visto Montalbano, vanno a letto”.
La forza della parola è tra le più potenti concesse all’uomo,
che per diventare animale politico deve essere prima animale linguistico.
Il principe della retorica del IV secolo, Isocrate, ha
celebrato la facoltà di parlare in diverse occasioni: "to; ga;r levgein wJ" dei' tou' fronei'n eu\ mevgiston shmei'on
poiouvmeqa, kai; lovgo" ajlhqh;" kai; novmimo" kai;
divkaio" yuch'" ajgaqh'" kai; pisth'" ei[dwlovn ejstin"
(Nicocle, 7), il parlare come si deve lo consideriamo segno massimo del
saper pensare, e un discorso veritiero, legittimo e giusto è l'immagine di
un'anima buona e leale. Queste parole celebrative del logos, tornano, come
espressioni liturgiche, nell’Antidosis
(255). Entrambe le orazioni giungono a una conclusione che indica nella potenza
della parola l’unico mezzo per trasformare il pensiero in prassi: "eij de; dei' sullhvbdhn peri; th'~ dunavmew~
tauvth~ eijpei'n, oujde;n tw'n fronivmw~ prattomevnwn eurhvsomen ajlovgw~
gignovmenon, alla; kai; tw'n e[rgwn kai; tw'n dianohmavtwn aJpavntwn hJgemovna
lovgon o[nta, kai; mavlista crwmevnou~ aujtw'/ tou;~ plei'ston nou'n e[conta~”,
se si deve tirare le somme su questa potenza, troveremo che nulla di quanto è
fatto con intelligenza viene fatto senza la parola, ma che anzi la parola è
guida delle azioni e dei pensieri tutti, e che si avvalgono soprattutto di essa
quelli che hanno la più grande capacità di pensiero[2].
In effetti ”il padroneggiamento della parola vale qual segno
della sovranità della mente"[3].
Sentiamo anche il grande sofista siciliota Gorgia che di
Isocrate fu maestro: "lovgo"
dunavsth" mevga" ejstivn, o{" smikrotavtw/ swvmati kai;
ajfanestavtw/ qeiovtata e[rga ajpotelei'"[4],
la parola è un gran signore che, con un corpo piccolissimo e invisibile, compie
opere assolutamente sovrumane.
Vero è che queste opere possono essere divine ma anche
diaboliche.
Nel Filottete di
Sofocle, Neottolemo lamenta di essere stato espropriato dei suoi beni, ossia
delle armi del padre, dal peggiore di tutti, nato da malvagi: ”pro;~ tou' kakivstou kajk
kakw'n jOdusseuv~” (v.384):
Odisseo.
L'apostolo Giacomo mette in rilievo la parte direttiva del
parlare come aveva fatto lo stesso Odisseo del Filottete[5]:
"Se uno non inciampa nel parlare, questo è un uomo perfetto (tevleio" ajnhvr), capace di guidare
tutto il corpo. La lingua dunque è un piccolo membro e si vanta di grandi cose
(mikro;n mevlo" kai; megavvla aujcei'). Eppure essa è un
fuoco, è il mondo dell'iniquità (oJ
kovsmo" th'" ajdikiva") e contamina tutto il corpo e
incendia la ruota della nascita e trae la sua fiamma dalla Gehenna (kai; flogizomevnh
uJpo; th'" geevnnh") …Ogni specie di fiere e di uccelli e
rettili e animali marini si doma ed è stata domata dalla razza umana, ma la
lingua nessuno degli uomini può domarla, è un male inquieto, pieno di veleno
mortifero" (Epistola di Giacomo, 3, 2-8).
La mancanza della lingua è un grave handicap, ma la lingua
ingannevole produce il male e la morte.
Lo scita Anacarsi che andò ad Atene nel 591 e fu ospite e
amico di Solone, interrogato che cosa fosse insieme bene e male per gli uomini,
rispose: “La lingua”[6].
Nella Nemea VIII,
Pindaro ricorda il torto subito da Aiace a[glwsso~
(v. 24), privo di eloquenza: sicché l’invidia poté mordere il suo valore e
prevalse l’odioso discorso ingannevole di Odisseo.
I fautori di Bersani, che ora stanno diradandosi, forse per
qualche tempo hanno identificato il loro leader con il colossale, sfortunato
eroe di Salamina.
Matteo Renzi |
Il poeta tebano
nell’Istmica IV denuncia l’oscurità del destino (v. 31), che
fece cadere Aiace, puvrgo~[7] la torre, con gli artifici di chi valeva
meno di lui[8],
ma Omero gli ha reso onore tra gli uomini (ajll j {Omhrov~ toi tetivmaken di j ajnqrwvpwn (v. 37).
Odisseo del resto non è solo intelligente ma anche
coraggioso.
Ne fa un elogio in
questo senso Diomede quando vuole scegliersi un compagno per entrare nel campo
dei nemici, e, tra quanti si offrono, il Tidide sceglie appunto l'Itacese il
cui cuore è pronto e l'animo impavido[9]
e per giunta è molto bravo a pensare[10].
Anche Renzi è stato coraggioso nella fase iniziale quando ha
inventato la rottamazione, rischiando di essere lui il primo a venire rottamato.
E, a dirla tutta, corre ancora il rischio. Ma, come Odisseo è poluvmhti~, molto saggio, poluvtropo"[11], versatile, polumhvcano~, pieno di risorse, poluvtla", molto paziente, e, credo, se la caverà.
E' la complicità con il reale che gli assicura la sua
efficacia
La fama di Odisseo, abbiamo già visto, è ambigua. Vediamo
qualche altra testimonianza.
Nell'Ippia minore di Platone, il sofista eponimo del dialogo sostiene
che mentre Achille è veritiero e semplice ("ajlhqhvv"
te kai; aJplou'"", 365b) Odisseo è invece "poluvtropov" te kai; yeudhv"",
versatile e menzognero.
Sono i luoghi comuni della letteratura successiva a Omero la
quale contrappone spesso lo schietto Pelide al subdolo Itacese: Achille nell’Ifigenia in Aulide , chiarisce che lo
educò Chirone: ”perché non imparasse gli usi degli uomini malvagi[12].
Più avanti il figlio di Peleo riconosce tale capacità
paideutica al centauro piissimo che l'aveva allevato: da lui, ha imparato ad
avere semplici i costumi[13].
L’antitesi del semplice, onesto, schietto Achille in questa tragedia, e non
solo, è Odisseo del quale Agamennone dice: E' molteplice per natura e sempre
dalla parte della massa”[14].
Cioè un demagogo. Oggi si direbbe un ”populista”.
Tale contrapposizione di caratteri l’abbiamo rivista per
qualche tempo nel duo Renzi/Bersani: il primo identificabile forse con un Ulisse
cui il sindaco ha aggiunto il proprio antico côtè etrusco non senza il compaesano Machiavelli, mentre il secondo, voleva
apparire quale un semplice ragazzotto della collina piacentina e, da celta
ancora poco latinizzato e dirozzato, osservava il rivale ”come un materialone
sta sulla piazza guardando al giocator di bussolotti”[15].
Nel dialogo Platonico Ippia
minore però, il sofista riceve una confutazione da Socrate.
Ippia ricava la
distinzione tra i due capi achei dal IX libro dell'Iliade dove Fenice Aiace e Odisseo vanno in ambasceria da Achille
che irato non combatteva ma faceva l'aedo, ossia cantava glorie di eroi
accompagnandosi con la cetra ("fovrmiggi... a[eide
kleva ajndrw'n", vv.186 e189). Dopo l'accoglienza cordiale, il cibo
e la bevanda, parla Odisseo, scongiurando Achille di tornare in battaglia e
promettendogli donne, mari e monti da parte di Agamennone. Ebbene, Achille
risponde che gli è odioso come le porte dell'Ade chi una cosa tiene nascosta e
un'altra ne dice[16].
Ippia sostiene che non a caso Omero fa indirizzare queste
parole a Odisseo.
Socrate risponde opponendosi a questa opinione comune della
schiettezza di Achille, e afferma che il Pelide mente non meno di Odisseo,
poiché ha detto all’Itacese che sarebbe partito[17],
e invece ha giurato ad Aiace che non si sarebbe mosso fino all’arrivo di Ettore
davanti alla sua tenda[18].
Ippia allora ribatte che Achille non mente di proposito.
Socrate invece afferma che Achille ha mentito
deliberatamente a Odisseo, per superarlo anche nell’arte del raggiro, e
aggiunge che coloro i quali danneggiano, gli altri, e commettono ingiustizia e
mentono, e ingannano, ed errano volontariamente (eJkovnte~)
[19]
sono migliori di quelli che lo fanno involontariamente (a[konte~)[20].
Infatti chi fa del male volontariamente, se vuole fa del
bene, chi lo fa involontariamente non sa fare altro. E’ molto peggio zoppicare
per necessità che per gioco. Insomma tra Achille e Odisseo chi è il migliore?
E tra Bersani e Renzi? Questo è il problema che in molti si
pongono. E Cuperlo perché non viene allo scoperto? Perché non si fa conoscere
meglio?
In conclusione ora dobbiamo vedere se questa capacità di
parlare che abbiamo ravvisata nel sindaco di Firenze sarà da lui impiegata in
favore dei meno abbienti o dei più abbienti: nel primo caso, potremo votarlo,
altrimenti lasceremo che le sue sciolte, sbrigliate parole, si perdano nel
vento.
Giovanni Ghiselli
P.S. Ho tenuto fuori da questo pezzo l’Ulixes dei latini che è molto più negativo di jOdusseuv~. Poi c’è l’Ulisse dei moderni.
Mi riservo di utilizzarli per altri confronti con altri personaggi della nostra
pupazzata quotidiana.
è arrivato a 96257,
227 giorni dopo che è stato aperto.
[2]
Nicocle 9 e Antidosi 257.
[3] W. Jaeger, Paideia
1, p. 38.
[5]
Nel Filottete di Sofocle Odisseo chiarisce al giovane Neottolemo il
percorso che l'ha portato a
prediligere la glw'ssa
rispetto agli e[rga:" ejsqlou' patro;" pai', kaujto;" w]n
nevo" pote;- glw'ssan
me;n ajrgo;n, cei'ra d j ei\con ejrgavtin:-nu'n d j
eij" e[legcon ejxiw;n oJrw' brotoi'"-th;n glw'ssan,
oujci; ta[rga,
panq j hJgoumevnhn" (vv. 96-99), figlio di nobile padre, anche io
da giovane un tempo,
avevo la lingua incapace di agire, la mano invece operosa;
ora però, giunto alla prova, vedo che per
gli uomini la lingua ha la supremazia
su tutto, non le azioni.
[6] Diogene Laerzio, Vite
dei filosofi, I, 8.
[7] Cfr. Odissea,
XI, 556.
[8] Odisseo, sintende.
[11]
Epiteto composto da poluv" + trevpw, quindi letteralmente significa
"che si volge in molti modi. Cfr. il latino versutus.
[13] ejgw; d j, ejn ajndro;"
eujsebestavtou trafei;" /
Ceivrwno", e[maqon tou;" trovpou" aJplou'" e[cein" (vv. 926-927)
[15] A. Manzoni, I
promessi sposi, cap. III.
[16] o{" c j e{teron
me;n keuvqh/ ejni; fresivn, a[llo de; ei[ph/"
, Iliade
IX, v. 313. Nell' VIII canto dell’Odissea
(v. 75) si ritrova l'antica tradizione intorno a questo contrasto nel canto di
Demodoco sulla contesa tra Odisseo e Achille. L’aedo dei Feaci racconta
tra l'altro: "nei'ko"
jOdussh'o" kai; Phleïvdew jAcilh'o"", la lite tra Odisseo e Achille Pelide.
[17] Iliade IX,
682-683
[18] Iliade, IX,
650-655.
[19]
Si pensi alla rivendicazione di
Prometeo nei confronti della propria tasgressione: “eJkw;n eJkw;n h{marton, oujk ajrnhvsomai", (Prometeo incatenato, 266) di mia
volontà, di mia volontà ho compiuto la trasgressione, non lo negherò. Queste
parole del Titano ribelle forniscono una legittimazione all'ira di Zeus e
argomenti a Nietzsche in La nascita della
tragedia per nobilitare "la
concezione ariana" del peccato attivo: "La cosa migliore e più alta
di cui l’umanità possa diventare partecipe, essa la conquista con un crimine, e
deve poi accettarne le conseguenze, cioè l’intero flusso di dolori e di
affanni, con cui i celesti offesi devono visitare il genere umano che
nobilmente si sforza di ascendere: un pensiero crudo, per la dignità
conferita al crimine, stranamente
contrasta con il mito semitico del peccato originale, in cui la curiosità, il
raggiro menzognero, la seducibilità, la lascivia, insomma una serie di affetti
eminentemente femminili fu considerata come origine del male. Ciò che distingue
la concezione ariana è l’elevata idea del peccato
attivo come vera virtù
prometeica", F. Nietzsche, La nascita
della tragedia, p. 69. Lascio questa nota per la curiosità del lettore. La
distinzione tra ariani e semiti a me pare delirante.
è suggestivo il paragone. A me Renzi non piace, non mi fido, quindi per me assomiglia di più all'Ulisse della tragedia.
RispondiEliminaComplimenti
alessandro