Presento il libro di Grazia
Gotti
A scuola con i libri. Avventure di una libraia-maestra
BUR ragazzi, Milano, 2011
Ho scelto alcune frasi chiave di questo libro per
commentarle con la mia sensibilità e con la mente che ho formato attraverso "una
lunga esperienza delle cose moderne et una continua lezione delle antique"[1].
“Dieci righe di un classico possono contenere perle di
saggezza e ragionamenti spesso più profondi di quelli contenuti nel parlare
corrente” (p. 22)
Credo che l’oblio dei classici apra la strada alla barbarie:
conoscere gli auctores, gli
accrescitori della nostra tradizione significa “amare il bello con semplicità e
la cultura senza mollezza”.
Può essere vero quello che afferma Pound[2]:
"Beauty is difficult",
la bellezza è difficile[3],
ma c'è un mezzo per rendere pervie le vie erte e arte che ci portano alla vetta
del Bello: questo va coniugato con la
semplicità, come dice in sintesi il
Pericle di Tucidide: "filokalou'mevn
te ga;r met j eujteleiva"[4]
kai; filosofou'men a[neu malakiva"" (Storie, II, 40, 1) in effetti amiamo il bello con semplicità e
amiamo la cultura senza mollezza.
Sentiamo anche Leopardi che elogia la semplicità e condanna
l’affettazione, la quale ne è l’antitesi: “La semplicità è quasi sempre
bellezza sia nelle arti, sia nello stile, sia nel portamento, negli abiti ec.
ec. ec. Il buon gusto ama il semplice… La semplicità è bella perché spessissimo
non è altro che naturalezza; cioè si chiama semplice una cosa, non perch’ella
sia astrattamente e per se medesima semplice, ma solo perché è naturale, non
affettata, non artifiziata, semplice in quanto agli uomini, non a se stessa, e
alla natura”[5].
Sulla bellezza trovo un’affermazione aurea nel libro di
Grazia Gotti “La bellezza aiuta a guarire” (p. 24).
La bellezza infatti comprende la integritas e può aiutarci a recuperarla se l’abbiamo smarrita: "San
Tommaso dice: “Ad pulchritudinem tria
requiruntur: integritas, consonantia, claritas"[6].
Sentiamo anche Federico
Fellini: "Il bello sarebbe meno ingannevole e insidioso se
cominciasse a venir considerato bello tutto ciò che dà un'emozione,
indipendentemente dai canoni stabiliti. Comunque venga toccata, la sfera
emotiva sprigiona energia, e questo è sempre positivo, sia dal punto di vista
etico che da quello estetico. Il bello è anche buono. L'intelligenza è bontà,
la bellezza è intelligenza: l'una e l'altra comportano una liberazione dal
carcere culturale"[7].
“Vola alto, fai ciò che ti piace” mi sono detta, “il tuo
piacere ti contagerà” (p. 59).
Assimilo questo aureo suggerimento della Gotti al “diventa
quello che sei di Pindaro”[8].
“Purtroppo i giovani d’oggi forse per via della televisione
e del computer non sono più capaci di imparare nulla a memoria, hanno
abbandonato Mnemosyne, la madre di
tutte le arti”. (p. 66).
La Memoria è figlia del Cielo e della Terra[9]
ed è pure quanto rimane del cammino percorso durante la vita terrena, breve ma
prolungabile con la grazia di Mnhmosuvnh.
Chi non ha la memoria che mantiene i ricordi è come il cane
rabbioso, legato e invecchiato male alla catena dell’istante.
Dal libro di Grazia posso ricavare nessi con i miei autori
classici, ponti per risalire a loro, infatti questa libraia-maestra è
desiderosa e capace di tali collegamenti. Sentiamola:“mi ero affezionata alla
possibilità di mettere in coppia due maestri, uno classico e uno contemporaneo.
Per cominciare Michelangelo e Domenico Gnoli, Mantegna e Renato Guttuso. Avevo
pensato di accostare al lavoro dei pittori la voce di giovani scrittori capaci
di dare forma a racconti che alzassero
il tono a volte sciatto di certa divulgazione. Senza giungere a Roberto Longhi
mi interessava sperimentare. Purtroppo gli eredi Gnoli approvarono il testo ma
non la grafica e il libro si fermò. La collana continuò perdendo il gioco-
antico moderno che tanto mi stava a cuore”(p. 116)
Questo gioco, come sanno i miei lettori, sta molto a cuore
pure a me.
Ho cominciato a farlo molto prima che fosse di moda, e,
insegnando greco e latino, ho trovato forte opposizione in alcuni presunti,
sedicenti filologi dei due licei cittadini, in realtà delle talpe semicieche,
felici di trovare un verme quando scavano.
Ero molto isolato e avversato in questo lavoro negli anni
Settanta, poi, quando è diventato di moda, ho vinto un concorso e sono entrato
in più di una Università.
La Gotti più avanti cita Agostino: “E gli uomini vanno ad
ammirare gli alti monti, i vasti flutti del mare e le grandissime correnti dei
fiumi e i movimenti dell’Oceano e le orbite delle stelle, e trascurano se
stessi (Confessioni, X,8, 15). Oggi
mi verrebbe da ribaltare Agostino: non studiando, non leggendo, non pensando,
gli uomini di oggi trascurano se stessi” (p. 121).
Et relinquunt se ipsos. Sono parole che
dovremmo ricordare e spiegare ai nostri alunni.
Un esempio greco di questa accusa di ajmevleia
si trova nell’ultima parte del Simposio
platonico, quando Alcibiade dice: “le parole di Socrate mi costringono ad
ammettere che, pur avendo io molte carenze, trascuro me stesso e mi occupo
invece delle cose degli Ateniesi” (ejmautou'
me;n ajmelw', ta; d' JAqhnaivwn pravttw
(216 a).
Occuparsi delle cose, farle perché le fanno i più, dare troppa importanza alla reputazione, sono
difetti comuni non solo a tutte, o a quasi tutte le scimmie, ma anche a tanta
parte degli uomini e delle donne
Sentiamo anche Seneca che traduce Epicuro: “si ad naturam
vives, numquam eris pauper; si ad opiniones, numquam eris dives” (ep. 16, 7), se vivrai secondo la natura,
non sarai mai povero, se secondo i luoghi comuni, non sarai mai ricco.
Infine Oscar Wilde: “La morale moderna consiste
nell’accettare i luoghi comuni della nostra epoca, ed io credo che per un uomo
colto l’accettare i luoghi comuni della propria epoca sia la più rozza forma di
immoralità”[10].
Sentiamo ora una critica alla cultura di questa nostra città
dove pure le offerte culturali non mancano, anzi alcune le offriamo noi stessi:“Noi
ci siamo chiusi, per timore e per ignoranza, non solo nelle roccaforti
leghiste, nelle leggi Bossi-Fini ma anche nella dotta e democratica Bologna,
dove non siamo stati capaci di cogliere le straordinarie potenzialità di un
dialogo nuovo fra le culture, il vero segno di speranza per il futuro dei
nostri ragazzi” (p. 133).
Io ho imparato da Erodoto il rispetto di tutte le culture,
anzi l’interesse per le civiltà, e le persone, anche le più stravaganti.
Secondo lo storiografo di Alicarnasso, ha torto in modo
assoluto Cambise " pantach'/
w\n moi dh'lav ejsti o{ti ejmavnh
megavlw" oJ Kambuvsh""( III 38) da ogni punto di vista
dunque per me è evidente che molto matto
era Cambise[11];
altrimenti non si sarebbe messo a schernire religioni e costumi. Non solo:
arrivava a bruciare le immagini dei
santuari (III, 37, 3).
Recentemente nella nostra televisione si sono viste donne
biasimate, o derise, o vituperate, per il fatto che portano il burka con
orgoglio.
Del relativismo
culturale Erodoto è stato maestro.
Apollonio Rodio nelle
Argonautiche registra le singolarità di un mondo altro, di
culture diverse: i Colchi per esempio depongono sottoterra i cadaveri delle
donne, ma appendono agli alberi quelli degli uomini; in tal modo l'aria ha
parte uguale alla terra (III, 207-210).
Nella letteratura latina troviamo un’affermazione di
relativismo culturale in Cornelio Nepote
il quale nel Proemio al Liber de excellentibus ducibus exterarum gentium afferma che dalla sua opera si può imparare: "non
eadem omnibus esse honesta atque turpia, sed omnia maiorum institutis iudicari
" (Praefatio, 3), che non sono
uguali per tutti gli atti onorevoli e turpi e che tutte le azioni vanno
giudicate secondo le tradizioni degli antenati.
Quando i lettori del liber avranno appreso questo, non si
meraviglieranno che l’autore nel trattare le virtù dei Greci, ha seguito le
loro usanze. “Neque enim Cimoni fuit turpe, Atheniensium summo viro, sororem
germanam habere in matrimonio, quippe cum cives eius eodem uterentur instituto”
(4), né di fatto fu vergognoso per Cimone, grandissimo tra gli Ateniesi, avere
in moglie la sorella nata dallo stesso padre[12].
Ma veniamo a un’altra affermazione della Gotti che condivido
in pieno “Renderei obbligatoria la storia” (p. 146).
La storia allarga e allunga le prospettive e nello
stesso tempo aiuta l’accrescimento della
nostra umanità. La maturità delle persone non può prescindere dalla conoscenza
della storia.
Non tutti i bambini diventano persone mature. Lo afferma
Cicerone nell'Orator[13]:
"Nescire autem quid ante quam
natus sis acciderit, id est semper esse puerum. Quid enim est aetas hominis,
nisi eă memoriā rerum veterum cum superiorum aetate contexitur?"
(120), del resto non sapere che cosa sia accaduto prima che tu sia nato
equivale ad essere sempre un ragazzo. Che cosa è infatti la vita di un uomo, se
non la si allaccia con la vita di quelli venuti prima, attraverso la memoria
storica?
Vediamo qualche altra preferenza culturale della Gotti “Fotocopierei
qualche carattere di Teofrasto” (p. 147)
A Teofrasto (370-285 a. C.), che fu il successore di Aristotele nella direzione
della scuola peripatetica, io
aggiungerei Menandro (342-292 a. C.)
che fu suo discepolo.
e ricavò dal maestro, oltre una una buona preparazione
filosofica, alcuni suggerimenti dai Caratteri,
trenta schizzi di tipi umani, ciascuno con una inclinazione predominante: la
rusticità, l'adulazione, la superstizione, la diffidenza. Ho menzionato questi
quattro titoli non a caso ma perché
corrispondono ad altrettanti protagonisti eponimi di commedie di Menandro.
Altre figure per i
quali la Gotti dichiara un forte interesse sono Archimede, Pitagora, Socrate (147).
Socrate mi ha insegnato prima di tutto che la vita senza
indagine e apprendimento, non è vita umana. Nell’Apologia scritta da Platone, l’anziano filosofo afferma che una
vita senza ricerca non è vivibile per l’uomo: “oJ
de; ajnexevtasto~ bivo~ ouj biwto;~
ajnqrwvpw/” (38a).-
Poi tante altre cose mi ha insegnato.
“Poi attenzione all’epica e alla mitologia. I bellissimi
titoli usciti nel corso del 2012, l’Iliade
illustrata da Giovanni Manna, l’Ulisse
illustrato da Yvan Pommaux, e la raccolta di racconti mitologici di Roberto
Piumini sono bastevoli per i prossimi vent’anni” ( A scuola con i libri, p. 147)
Nel prossimo autunno, tutti i mercoledì dal 9 ottobre all’11
dicembre, terrò un corso sulla letteratura greca all’Università dell’età libera
di Pesaro, e partirò dai poemi omerici dando particolare rilievo alla figura di
Odisseo.
Concludo la presentazione di A scuola con i libri
riferendo le parole dell’autrice che raccomandano la lettura e
incoraggiano i giovani novizi del nostro mestiere: “Herman Hesse, nella
raccolta di scritti Una biblioteca della
letteratura universale, definiva la lettura un talismano, e poneva una
domanda che ancora non ha trovato risposta. Se ogni anno milioni di bambini
entrano in contatto con l’alfabeto, imparano a leggere, sono toccati dal
talismano, perché così pochi ne fanno uso? Per trovare risposte dovremmo
cominciare tutto da capo. Inventarci una Pedagogia della lettura che da Collodi
passi per Gian Burrasca. E via via continuare il cammino con la consapevolezza
che il lavoro riguarda con urgenza le maestre e i maestri della scuola di oggi.
A loro va un augurio e una esortazione. L’augurio di poter insegnare il più a
lungo possibile, di godere di un
mestiere fra i più umani che a un umano sia dato concedere” (p. 163).
E’ una mia ferma convinzione. Ho dedicato la vita
all’insegnamento e non ne sono pentito. Lo faccio ancora e continuerò a farlo
finché ne avrò forze bastanti. Non credo che sopravviverò all’impossibilità di
insegnare educando. Me stesso e chi mi ascolta, o mi legge come voi oggi.
Giovanni Ghiselli
Il blog
è arrivato a 99244,
235 giorni dopo che è stato aperto.
[1] N. Machiavelli, Il
Principe (del 1513), Dedica al Magnifico Lorenzo De' Medici.
[3] Del resto esserne esclusi significa soffrirne la mancanza: "For I am homesick after mine own kind / And
ordinary people touch me not / And I am homesick / after mine own kind that
know, and feel / And have some breath for beauty and the arts", ho
nostalgia di gente del mio stampo e la gente dozzinale non mi tocca. Ho nostalgia di gente
del mio stampo che conosce e sente e respira il bello e l'arte (E. Pound, Prigioniero,
da Personae del 1907).
[4] eujtevleia è
frugalità, parsimonia, è il basso prezzo facile da pagare (eu\, tevloς) per le cose
necessarie, è la bellezza preferita dai veri signori, quelli antichi, e incompresa
dagli arricchiti che sfoggiano volgarmente oggetti costosi. Augusto dava un esempio di frugalità mangiando secundarium panem et pisciculos minutos et
caseum bubulum manu pressum et ficos virides ( Augusti
Vita, 76), pane ordinario,
pesciolini, cacio vaccino premuto a mano, e fichi freschi. Giorgio Bocca
commentò tale abitudine dell’autocrate con queste parole:“Oggi siamo a una
tendenza da ultimi giorni di Pompei. Un incanaglimento generale. Forse è il
caso di rivolgersi, più che agli uomini di buona volontà, a quelli di buon
gusto, forse è il caso di tornare a scrivere sulle buone maniere, sulla buona
educazione, sui buoni costumi. L’Augusto più ammirevole è quello che nel
Palatino si ciba di fave e di cicoria, da vero padrone del mondo”, G. Bocca, Contro
il lusso cafone, per motivi morali. Ed estetici, Il venerdì di Repubblica, 27
giugno 2008, p. 11. Senza risalire al 14 d. C., penso alla mia infanzia e alla
mia adolescenza, quando, per apprendere e capire, ascoltavo con avidità, alla radio, o anche
andando a vederli nella piazza del
Popolo di Pesaro, i politici di razza di quel tempo lontano, quali De Gasperi e
Togliatti. Imparavo da loro più e meglio che a scuola. In termini di idee, di
parole e di stile. Mi è rimasta impressa la frase di De Gasperi, rappresentante
dell'Italia vinta: "Prendendo la parola in questo consesso
mondiale sento che tutto, tranne la
vostra personale cortesia, è contro di me".
[6] J. Joyce, Dedalus,
p. 258.
[7] F. Fellini, Intervista
sul cinema, a cura di G. Grazzini, p. 114.
[9] Esiodo, Teogonia, 135.
[10] Il ritratto di Dorian Gray, p. 88.
[11] Re persiano succeduto a
Ciro, il fondatore dell’impero. Cambise conquistò l’Egitto.
[12] Si chiamava Elpinice
(cfr. Vita di Cimone, 1, 2).
Nessun commento:
Posta un commento