alla mia conferenza su Solone 22/10/2013 |
In televisione appare spesso un personaggio che definire
ruffiano sarebbe poco: costui non è soltanto un lenone, è il lenocinium ipsum, il ruffianesimo in sé.
Sta sullo schermo per
lo più con un sorriso stampato che vorrebbe significare simpatia, serenità,
buonumore. Parla poco, poiché vuole mostrare interesse per il suo interlocutore
che osserva ore rotundo, in senso
letterale[1],
ossia con bocca atteggiata a sfintere
già pronto a combaciare con qualsiasi altra porzione del corpo circolarmente
disposta.
Le sue domande sono retoriche, nel senso che danno
all’interlocutore l’opportunità di vantarsi e magnificarsi con elogi
sperticati.
Il prosseneta li suggerisce, e se l’intervistato, per pudore,
non rilancia, lo fa subito lui, contento come una Pasqua.
Tali encomi madornali, sollecitati o pronunciati con parole
carezzevoli da questo gran paraninfo, appena detti vengono ipso facto replicati, non senza un contorno di blandi sorrisi.
Costui approva
sempre, al punto che a volte si sbaglia assentendo a un personaggio che,
globalmente famoso, si permette di offendere gli imperiosi committenti della
sceneggiata con un gestaccio: ma il pagliaccio ridens non può che approvare, in quanto lui, essendo essenzialmente
un ruffiano, “sa solo cose ruffiane”.
A dire il vero l’ho visto pochissime volte poiché mi ripugna
e credo che vedendolo di primo acchito, soffrirebbe conati di vomito anche un
azteco digiuno .
Nelle due o tre
occasioni che mi sono capitate di osservarlo, non l’ho mai sentito fare una
domanda scomoda, accennare a una critica, tranne fingere di impressionarsi o
stupirsi, oppure assumere un’espressione
compunta, durante gli odiosi duetti recitati con una sua antica complice, altra consumatissima
volpe specializzata nello sproloquio indecente.
C’è chi apprezza tanta falsità, siccome ci vede
l’incarnazione del moderatismo, del buon senso, perfino del carattere buono.
Qualcuno dice: non contesta mai nessuno, poiché è un
magnanimo capace di compassione, di condividere il dolore del prossimo e del
lontano, di comprendere tutti con il suo grande cuore.
Non è così: lui è pagato per insegnare la quiescenza, l’inattività dello spirito
critico, la rinuncia al giudizio autonomo, la pensione e la messa in soffitta
del pensiero. Tanta gente ci casca, sembra incredibile, ma perfino persone non
del tutto sciocche[2] ne vengono ammaliate,
siccome organizza il consenso al sopire ogni discussione, e al troncare
qualsivoglia contestazione rivolta a chi gode di privilegi. Costoro, in cambio
del servizio reso, gli gettano lauti
avanzi dalla tavola opima dove si abbuffano oscenamente. Intendo sacchi di
soldi.
A questo proposito, diceva bene Seneca morale: “opes
et lenoni contingunt…pecunia sic in quosdam homines quomodo denarius in cloacam
cadit”[3], le
ricchezze toccano anche a un ruffiano… Il denaro cade nelle tasche di certi
uomini come una moneta in una fogna.
Lui del resto gusta quegli avanzi con immenso piacere, e
allontanarlo dal banchetto dei suoi padroni non sarà più facile che staccare un
cane affamato dal pezzo di cuoio unto di grasso che gli è stato gettato.
Ma veniamo a un uomo morale più recente di Seneca: saltiamo
addirittura a Papa Francesco. L’onesto Bergoglio ha detto: “il sudario non ha
tasche”. L’identità di una persona, quella vera, non è data dal denaro. Ma chi
è pagato a suon di milioni per organizzare il consenso a questo capitalismo
immorale e criminale, non si prende certamente cura della gente povera, malata,
abbandonata. Il nostro mezzano invita i ricchi, i potenti e i famosi, poi li
asseconda, per suggerire che lo sconosciuto, l’umile morto di fame, il
derelitto, insomma “il meglio dell’umanità”[4], non
ha nemmeno un’identità, comunque per lui neanche esiste.
Cari lettori miei, provate a indovinare chi mi ha ispirato
questo breve pezzo satirico, quasi mi ha costretto a scriverlo. Davanti a certi
fenomeni “difficile est saturam non
scribere”[5].
In fondo devo ringraziare quel prosseneta e altri suoi simili i quali, come una Musa rende
ispirati i poeti, mi hanno spinto a comporre questo pezzo con il fine di fare
chiarezza non solo per me che lo scrivo ma anche per voi, miei
centodiecimilaottocentotrentasei lettori. Così si forma la catena di ispirati (ejqousiazovntwn ormaqov~[6])
che una volta divenuta lunga e forte abbastanza, incepperà quanti si adoperano
per vincolare i nostri cervelli e assoggettarli alla loro avidità di uomini
asserviti al potere.
giovanni ghiselli
P. S il blog
Dirante la
revisione del pezzo siete arrivati a 110852
[1] Non in quello attribuito da Orazio al genio dei Greci
ispirati dalla Musa (cfr. Ars poetica,
323-3249
[2] Evidentemente il discorso
che lusinga ruba il senno anche ai saggi (cfr. Iliade, XIV, 217). Non tanto, non abbastanza saggi. Non si può credere a un buffone che si
atteggia a ragazzo ameno, amabile e buono, e non si vergogna di ricevere denaro
pubblico in misura spropositata, ossia centinaia di volte superiore a quella di
un operaio. Non gli si può dare credito: né quando dice menzogne del tutto
palesi, né quando, con voce flautata, propala menzogne simili al vero. Come
fanno le Muse di Esiodo. La differenza grande è che queste sanno anche proferire
parole veraci (Cfr. Teogonia, 27-28).
[3] Ep. Ad Lucilium
87, 16
[4] “In Africa, in Asia,
nell’America latina, nel mezzogiorno, in montagna, nei campi, perfino nelle
grandi città, milioni di ragazzi aspettano d’essere fatti eguali. Timidi come
me, cretini come Sandro, svogliati come Gianni. Il meglio dell’umanità” (
Scuola di Barbina, Lettera a una
professoressa , p. 80.
[5] Giovenale, Satira I, 30.
[6] Cfr. Platone, Ione
533e
Veramente ispirato e ispirante.
RispondiEliminaComplimenti
alessandro
non ho più la tv da qualche anno e comunque anche prima aborrivo il guardare lui e la sua pseudo-comica collega; detesto il buonismo falsissimo con cui non guidica niente, finge di indignarsi d ifronte alle esagerazioni della guitta e di chiunque altro, non si pronuncia mai. Devo dire che non ce l'ho particolarmente con lui, perché alla tv ritengo che quelle trasmissioni e quei conduttori siano tutti molto simili: ruffiani ignoranti senza midollo, asserviti ai soldi.
RispondiEliminaNon posso che darti ragione!
Maddalena Roversi