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Hunt e Lauda sono prefigurati da
Achille, Odisseo, Aiace, Antigone e Polissena
Nel film Rush ho ritrovato la
dimensione eroica della vita, un modello che risale a Omero e torna
ritmicamente nella letteratura dei secoli successivi.
I due antagonisti, Niki Lauda e
James Hunt, ripropongono le qualità del carattere che si possono individuare in
Achille, in Odisseo, in Ettore, in Aiace e in altri personaggi della poesia
antica. Anche donne come Antigone e Polissena.
La relazione con la morte
costituisce il più profondo tratto distintivo dell’eroe. Achille non si lascia bloccare dalla
profezia di sventura del cavallo Xanto dotato di voce e di parola
umana. Il destriero fatato chinò il capo, e quando tutta la chioma pa`sa de; caivth, cadendo
dal collare lungo il giogo, fu giunta a terra, disse al Pelide: “toi ejgguvqen h\mar ojlevqrion”, ti
è vicino il dì della morte (Iliade, XIX, 405 e 409). Achille non si lasciò
spaventare dalle parole male ominose e rispose: “Xanto, perché mi predici
la morte? Non ce n’è bisogno. Lo so anche io che il mio destino è morire qui.
Ma non cederò (ouj lhvxw, v.
423) prima di avere incalzato i Troiani in battaglia a mia
sazietà”.
L’eroe è dotato di una virtù
particolare che altro non è se non la fedeltà assoluta alla propria natura e al
proprio destino.
I piloti di formula uno calcolano
che hanno venti possibilità su cento di morire ogni volta che corrono a
gara sulle piste, in folta frotta, con orrendi rumori. Ma non si tirano
indietro. Hunt che è più simile ad Achille, non lo fa mai. Lauda, più
confrontabile con Odisseo, si ritira da un circuito flagellato dalla pioggia,
tre mesi dopo un’altra competizione infernale durante la quale aveva patito un
incidente dove aveva rischiato la vita nel rogo del bolide suo ed era rimasto
sfigurato .
Poi, per tornare a gareggiare e non
cedere il titolo al rivale Hunt senza combattere, si era fatto curare
precipitosamente con terapie dolorosissime.
Come Odisseo, Lauda è meno
prestante dell’altro eroe.
Nel terzo canto dell’Iliade, Priamo
chiede a Elena di identificare i capi dei guerrieri Achei visibili dalla torre
presso le porte Scee; uno gli parve più piccolo della testa di Agamennone
Atride.
La maliarda rispose che quello era
Odisseo esperto di ogni sorta di inganni e di fitti pensieri (v. 202).
Hunt è molto più alto, più chiomato
e più bello, ma meno riflessivo del rivale che chiama “topolino”, anche perché
Lauda ha la dentatura superiore sporgente e visibilmente appoggiata al labbro
inferiore. Come nei roditori in effetti. Nell’insieme quindi l’Austriaco è
tutt’altro che venusto. Ma ha una forte coscienza delle sue capacità e della
sua identità: all’avversario che gli dà del sorcio, risponde di essere
comunque lui il più intelligente tra loro due, e il più bravo di tutti a
guidare la macchina, il più capace di vincere.
Viene in mente quanto dice Ulisse
di Aiace nelle Metamorfosi di Ovidio: i due fanno un duello oratorio per
ottenere le armi di Achille defunto: ebbene, l’Itacese si rivolge
direttamente al Telamonio dicendogli “Tu
vires sine mente geris, mihi cura futuri” ( XIII, 363), hai le
forze ma non la testa, al futuro devo pensarci io. Ti supero di quanto il
timoniere è superiore a chi rema, di quanto lo è il condottiero al soldato.
Lauda è certo e fiero del proprio
valore.
Come Odisseo che con Polifemo si spaccia come “Nessuno”, però non lascia l’isola dei Ciclopi senza
riprendersi nome e identità. E lo fa con orgoglio dicendo al mostro
antropofago: ”Chi ti ha acciecato è il distruttore di rocche Odisseo, il figlio
di Laerte, che in Itaca ha casa” (Odissea, IX, 504-505).
Lauda dunque è più sul tipo di
Odisseo, Hunt su quello di Achille o di Aiace.
Volendo impiegare un’altra
categoria, piuttosto tragica che epica, possiamo pensare che Lauda, sebbene
sfigurato sia prevalentemente apollineo, invece Hunt piuttosto
dionisiaco. L’Inglese infatti si tuffa nel flusso della vita bella e orribile,
dispensatrice di gioie e di affanni, mentre l’Austriaco calcola tutto per
giungere sì alla vittoria, ma anche al conosci te stesso, alla costruzione
piena e cosciente della propria identità, evitando di immergersi nei flutti
dell’alcol, delle droghe, del sesso sfrenato. Nulla di troppo insomma, se non
le vittorie che non gli bastano mai.
Entrambi comunque obbediscono al
precetto che ricevono gli eroi dell’Iliade quando partono per la guerra: “aije;n ajristeuvein kai; uJpeivrocon e[mmenai
a[llwn"( VI, 208), primeggiare sempre ed essere egregio tra gli
altri. Lo prescrivono i padri ai figli che vanno a combattere nell’uno o
nell’altro schieramento: lo fa nel sesto canto dell’Iliade (v. 608)
il licio Ippoloco con Glauco, e nell’undicesimo (v. 784) Peleo con
Achille.
Nietzsche considera questo aspetto
agonistico con volontà di primeggiare una caratteristica precipua dei Greci
antichi: "Poiché il volere vincere e primeggiare è un tratto di natura
invincibile, più antico e originario di ogni gioia e stima di uguaglianza. Lo
stato greco aveva sanzionato fra gli uguali la gara ginnastica e musica, aveva
cioé delimitato un'arena dove quell'impulso poteva scaricarsi senza mettere in
pericolo l'ordinamento politico. Con il decadere finale della gara ginnastica e
musica, lo stato greco cadde nell'inquietudine e dissoluzione interna".
L'eroe non fa niente che
stimi indegno della sua natura: Achille, come abbiamo visto, è un
giovane cedere nescius, incapace di cedere. Di questa definizione
oraziana dell'eroe si ricorda Leopardi nel Bruto Minore: "Guerra mortale,
eterna, o fato indegno, / teco il prode guerreggia, / di cedere inesperto"(vv.
38-40).
Altrettanto irriducibili alla resa
sono i due piloti che affrontano ogni volta rischi mortali pur di apporre il
proprio sigillo sulla gara e sul campionato. Le donne di questi audaci talora
suggeriscono ai loro uomini di affrontare le competizioni e la vita con
maggiore cautela, ma per tali tempre di eroi il vero e unico divieto, il
vetĭtum
capitale è cedere all’avversario
Così non cede alle preghiere della
donna che gli vuole bene l'Aiace di Sofocle che non sopporta di
sopravvivere al disonore del suo impazzimento per non avere ottenuto le
armi di Achille, e prima di uccidersi dice: "ajll j h} kalw'" zh'n h} kalw'" teqnhkevnai to;n eujgenh'
crhv", ma il nobile deve vivere nobilmente o nobilmente morire.
Nella tragedia greca non mancano
nemmeno le ragazze eroiche che preferiscono la morte ad una vita
insignificante: l’Antigone di Sofocle: dice “Io non soffrirò niente di tanto terribile da non
morire nella bellezza” (w{ste mh;
ouj kalw`~ qanei`n,
Antigone, v.97)
Polissena nell'Ecuba di Euripide
chiede alla madre di lasciarla morire senza opporre resistenza: "to; ga;r zh'n mh; kalw'" mevga"
povno""(v. 378), infatti il vivere senza bellezza è una grande
fatica.
Un altro tratto epico del film è
l’atteggiamento cavalleresco dei due rivali che riconoscono lealmente l’uno il
valore dell’altro.
Alla fine della pellicola c’è uno
scambio di battute che ricorda le parole di Ettore ad Aiace dopo il loro
duello: “Uun dio ti ha dato forza e grandezza e sapienza; con l’asta sei il più
bravo degli Achei; mettiamo fine adesso alla battaglia e alla lotta per oggi;
poi combatteremo ancora, fin che un dio ci divida e conceda all’uno o all’altro
la vittoria. Già scende la notte ed è buona cosa obbedire alla notte” (Iliade,
VII, 288-293). Quindi i due si scambiarono dei doni: Ettore diede al Telamonio
una spada a borchie d’argento con il fodero e la cinghia tagliata bene; Aiace
regalò al valoroso principe troiano una splendida fascia di porpora.
Dopo il mondiale vinto per un punto
da Hunt, i due si incontrano all’aeroporto Marconi di Bologna. L’Austriaco dice
all’Inglese che è stato grazie ai duelli con un campione della sua levatura che
ha individuato e potenziato le proprie qualità di pilota, e l’Inglese gli
dà a sua volta del campione suggerendogli del resto di non disprezzare il lato
dionisiaco di questa breve vita mortale, di
non rifiutare sempre la tentazione di abbandonarsi alla gioia in seno alla
natura, e, naturalmente, in primis, in grembo alle donne.
Una voce attribuita a Lauda durante
le ultime inquadrature ci dice che Hunt smise di correre poco tempo dopo
quell’unico mondiale vinto, e morì giovane, non proprio come Achille, comunque
a soli 45 anni.
L’Austriaco invece ha vinto tre
campionati del mondo, ha fatto grossi affari ed è ancora vivo.
Giovanni Ghiselli
P. S. Il blog http://giovannighiselli.blogspot.it/
è arrivato a 104675 lettori, 250
giorni dopo che è stato aperto
validissimo il paragone con gli eroi omerici, per quanto io non ami la formula1 questo film mi ha appassionata per la nobiltà dei due contendenti!
RispondiEliminaMaddalena