Martin Voss - Il rapimento di Europa |
Quarta parte della conferenza che terrò venerdì 22 novembre 2013 nella Mediateca di San
Lazzaro di Savena. Inizierò alle 20, 30. Parlerò per un’ora abbondante. Seguirà
dibattito.
Il tema è la donna, non poche volte esposta e soggetta a
violenza.
Per quanto riguarda la sezione
Donne nella tragedia greca partiamo dalle Supplici
di Eschilo. Queste giovani che formano il Coro del dramma[1]
sono le Danaidi, cioè cinquanta figlie di Danao le quali, aujtogenei' fuxanoriva/ (v.8), per connaturata avversione all'uomo, fuggono
accompagnate dal padre, volendo evitare
le aborrite nozze con i cinquanta cugini figli di Egitto i quali le
inseguono. Le fanciulle, giunte ad Argo,
invocano la protezione del re del luogo Pelasgo, siccome sono di origine argiva: discendono infatti da
quella Io, figlia del re di Argo, Inaco, che era stata resa pazza e
trasfigurata in una mucca[2] assillata da un tafano in conseguenza
dell'amore di Zeus e della gelosia di Era. Una storia raccontata nel Prometeo
incatenato altra tragedia attribuita, con alta probabilità, a Eschilo.
Tali fanciulle hanno nel sangue
l’ibrido caratteristico dei primordi[3].
Queste odiatrici delle nozze vedono nei cugini pretendenti
uno sciame, denso di maschi, violento (ajrsenoplhqh'
d j-eJsmo;n uJbristhvn, vv. 30-31) e lanciato al loro inseguimento.
Le cinquanta femmine
costituiscono una folla impaurita, giunta dall’Egitto con rami avvolti in bende
di lana[4]
(ejriostevptoisi klavdoisin, v. 23).
Esse chiedono con preghiere l'aiuto dell’ antenato, Epafo,
il divino torello oltremarino (Supplici,
vv.43-44) nato in Egitto dal tocco[5]
di Zeus alla giovenca. Un semidio teriomorfo, identificabile, forse, con il
dio-toro egiziano Api.
Il matrimonio per le Danaidi è sinonimo di orrori: le fanciulle
in preda al terrore assimilano la loro voce a quella di Procne, la sposa di
Tereo (v. 61) trasformata in usignolo
dopo che ebbe ucciso il figlio Iti per punire il marito il quale le aveva
violentato la sorella Filomela. Tereo fu a sua volta mutato in upupa, e la
cognata, così barbaramente stuprata, in rondine. Questo mito raccapricciante,
raccontato o richiamato da diversi autori in varie altre versioni[6] è emblematico per significare l'orrore di un
matrimonio andato a male. Oggi ce ne sono tanti, la maggior parte, credo.
Sono ricorrenti
i paragoni con gli uccelli: nel primo episodio Danao assimila i maschi
inseguitori a falchi, "stirpi di
nemici consanguinei e profanatori" (vv. 225), mentre le ragazze
fuggiasche sembrano colombe atterrite.
Ora questi
termini di paragone sono diventate categorie politiche.
Viene ripetuto il motivo dell'inimicizia
mortale tra gli uomini e le donne che pure appartengono alla stessa specie.
Un odio empio,
nota subito Eschilo: "come può restare puro l'uccello che divora
l'uccello?" (o[rniqo~ o[rni~ pw`~ a}n
aJgneuvoi fagwvn; v. 226) .
Nel Prometeo incatenato, l'aborrimento delle Danaidi per gli sposi è
profetizzato dal Titano in ceppi che prevede all’antenata delle Danaidi Io, la ragazza-giovenca demente, l'assassinio
di quarantanove dei mariti da parte di quarantanove sorelle sue discendenti e
la lodevole eccezione di Ipermestra la quale risparmierà Linceo: "Una delle
fanciulle il desiderio sedurrà a non ammazzare lo sposo, e le si smusserà il proposito: tra i due mali
preferirà avere fama di debole che di assassina".
(Prometeo
Incatenato[7], vv.
865-868).
Le Supplici di Eschilo[8]
hanno pure una parte politica che attualizza il mito facendovi entrare la
democrazia
Nel primo episodio entra in scena Pelasgo che si presenta
come "capo di quella terra" (v. 251) e avverte che la città non ama i discorsi lunghi (makravn ge me;n dh; rh'sin ouj stevrgei
povli", v. 273). E' l'affermazione della giusta misura che non può
essere ipertrofica[9].
Le Danaidi quindi raccontano in breve la loro storia e
chiedono al sovrano protezione dai tracotanti cugini che vorrebbero ghermirle.
A questo punto Eschilo adatta il mito alla Costituzione ateniese, pur se il
dramma è ambientato ad Argo dove Pelasgo, sebbene re, rende omaggio alla democrazia
affermando solennemente: "Io non posso fare promesse prima di avere reso
questo problema comune a tutti i cittadini"(vv. 368-369).
E quando Danaidi ribattono:"tu sei la città, tu
incarni il potere del popolo, signore che non subisce giudizi"(vv.
370-371), il monarca ribadisce: "Te l'ho detto anche prima: senza il popolo
non posso agire neppure con il potere che ho" (vv. 398-399).
Il mito dunque viene attualizzato, come, vedremo, anche
nelle successive Eumenidi (del 458)
Poi Pelasgo aggiunge che
occorre un pensiero denso, in grado di dare salvezza[10]
(dei' toi
baqeiva" frontivdo" swthrivou), e capace di scendere nel
profondo, simile a un palombaro, con occhio vigile e non ebbro (vv. 407-409).
Queste parole si addicono allo stile e ai contenuti della
tragedia greca, di questa e di altre.
L'ebbrezza peggiore, da sempre, è quella dei luoghi comuni
che offuscano e restringono la visione mentale. Le metafore, di cui Eschilo fa
ampio uso, allargano la mente, la aiutano a cogliere somiglianze e relazioni
tra cose lontane.
Carattere distintivo del potere tirannico è, viceversa, il
fatto di tagliare le teste[11]
o per lo meno di chiudere la mente dei sudditi non tollerando alcuna critica
e non accettando di subire controlli da
nessuno. Si pensi alla tirannide della televisione o a quella della pubblicità
che non ammettono confutazione, come il despota orientale Serse nella tragedia i
Persiani[12].
Ad Argo, e in Grecia, dunque, spiega Pelago, il re
democratico delle Supplici : “la gente tende ad accusare (filaivtio~ lewv~) il potere[13]"
(v.485), e la moltitudine probabilmente commisererà le Danaidi supplici:"e
infatti qualcuno vedendo questi rami, e provando compassione, potrebbe sentire
avversione per la prepotenza del maschio stuolo, e il popolo sarebbe più benevolo
verso di voi: infatti ciascuno ha simpatia per i più deboli" (vv. 486-489).
Questa di proteggere i supplici è una virtù che gli Ateniesi attribuivano a
se stessi[14], ed Eschilo la riconosce pure agli Argivi dei
quali in quegli anni il governo di Atene cercava l'alleanza in prospettiva
antispartana.
In effetti, al momento della votazione, "tutto il
popolo votò alzando la mano favorevole"(Eschilo, Supplici, v. 607) alla proposta presentata dallo stesso Pelasgo di aiutare le ragazze vessate, non solo per pietà verso di
loro, ma anche per schivare l'ira di "Zeus che protegge i
supplici"(v. 616) ed evitare "la doppia contaminazione" (diplou'n mivasma, v.619) che sarebbe
derivata dal respingere giovani donne bisognose di protezione, straniere, quindi ospiti, e, al
tempo stesso, concittadine per la loro origine.
Si pensi all’infamia della legge Bossi-Fini.
J.W. Waterhouse, Le Danaidi |
L'aiuto alle fanciulle raccomandato dal re con un breve
discorso, venne dunque approvato dal
popolo cersivn (v. 621), con alzata
di mani, senza bisogno dell’araldo (a[neu
klhth'ro~, v. 622) che chiamasse per nome.
Del resto fu Zeus stesso a portare a termine l’operazione
(v.624).
Qui vediamo la fede nella democrazia, in Zeus, e la volontà
di osservare le regole avite che
prescrivevano di onorare e riverire i
numi, i genitori, e gli stranieri non ostili.
Tale codice tripartito viene ricordato dal coro delle
Danaidi: gli ospiti, gli dèi, il padre e la madre devono essere almeno
rispettati: "Infatti il rispetto dei
genitori[15] (tokevwn
sevba~) è la terza tra le leggi scritte
della Giustizia venerandissima"(vv. 707-709).
Il coro delle Danaidi
minaccia il suicidio per impiccagione prima che un uomo esecrato si
avvicini al suo corpo (vv. 788-790). Pelasgo "è mosso anzitutto dal
timore religioso di Zeus che protegge le Supplici"[16].
Infatti il re di Argo avverte l'araldo
degli Egizi che potrà portare via le donne solo se un discorso pio riuscirà a
persuaderle (ei[per eujsebh;" pivqoi
lovgo" , v. 941). L'intelligenza e la moralità devono succedere
alla violenza nel rapporto tra i sessi.
Ora viene continuamente stimolata una cattiva rivalità, il
risentimento e perfino l’odio tra maschi e femmine, per il semplice motivo che le persone
sessualmente insoddisfatte sono più facilmente manipolabili[17].
Nelle Supplici si
tratta di evitare una sorta di endogamia, uno dei tabù della razza umana, ma la
lotta tra maschi e femmine è un tema caro ad Eschilo: lo svilupperà
compiutamente nell'Orestea dove vi
prenderanno parte anche gli dèi facendo trionfare il patriarcato.
Alla fine del
dramma le Danaidi pregano la casta Artemide di guardarle con compassione
salvandole dalle nozze, ma le loro ancelle affermano e consigliano di non
trascurare Cipride. Anche Afrodite è una dea venerata per le sue opere. Del suo
corteggio fanno parte Desiderio, Persuasione seducente, e Armonia. Il pensiero
di Zeus è imperscrutabile e il matrimonio potrebbe essere la realizzazione
delle figlie di Danao come di molte donne prima di loro (Supplici, vv. 1049-1052).
La tragedia si conclude con le minacce dell'arrogante araldo
egiziano contro gli Argivi difensori delle Danaidi le quali oppongono resistenza
a ogni tentativo di aggiogarle a uomini aborriti. Esse pregano Zeus "di
liberarle da nozze rovinose con sposi malvagi"(v. 1064) e che
"conceda la vittoria alle donne"(kai;
kravto" nevmoi gunaixivn, v. 1069).
Eschilo tende
ai compromessi e nelle sue tragedie non c'è mai un vincitore assoluto. Alla
fine della trilogia, Afrodite stessa compariva sulla scena celebrando la
necessità cosmica di Eros. Non possiedo queste parole, tramandate dalla
tradizione indiretta, e mi affido al già citato testo di Pohlenz: "Mia
opera è quando il cielo e la terra si congiungono in un ardente amplesso,
quando l'umore del cielo feconda la terra, sì ch'essa in pascoli, in campi, in
selve, genera ciò di cui l'uomo abbisogna per vivere".
L'eros , il desiderio d'amore non è solo
un istinto individuale dell'uomo; è una potenza cosmica primigenia che suscita
ogni vita. Questo pensiero, che Platone svilupperà nel Convito, vien qui già intuitivamente adombrato. Risparmiando il
marito, anche Ipermestra ha reso omaggio alla dea dell'amore"[18].
Giovanni Ghiselli
P. S. Il blog http://giovannighiselli.blogspot.it/ è arrivato a 113080
[1] Databile tra il 463 e il 461,
[3] "Nella
mitologia greca la figura ibrida è, in generale, un contrassegno di
appartenenza a un mondo primitivo”
K. Kerényi, Miti e misteri , p. 45.
[4]
Questo è il segno dei supplici anche nell’incipit dell’Edipo re che comincia con queste parole del figlio di Laio: “ O
figli, nuova stirpe dell'antico Cadmo/quali seggi mai sono questi dove state
seduti/con i supplici rami incoronati?" (vv. 1-3).
[6]
Ne fa un lungo racconto in esametri Ovidio nelle Metamorfosi (VI,
426-674) cui allude Eliot per significare la decadenza del mito nella ricezione
degli uomini moderni: "The change of Philomel, by the barbarous king/So
rudely forced; yet there the nightingale/Filled all the desert with inviolable
voice/And still she cried, and still the world pursues,/'Jug Jug' to dirty
ears" (The Waste Land, vv. 99-103),
la metamorfosi di Filomela, dal barbaro re così brutalmente forzata; eppure là
l'usignolo riempiva tutto il deserto con voce inviolabile, e ancora ella
piangeva e ancora il mondo continua 'Giag Giag' a orecchie sporche. Il canto
della voce inviolabile di Filomela è degradato e dissacrato, poiché suona
oramai solo naturalisticamente come un "giag giag" per le orecchie
inquinate del mondo contemporaneo.
[7] Di data incerta. Non è sicura nemmeno la paternità
eschilea, per la quale comunque io propendo.
[8] Le Supplici
di Euripide (del 422) contengono una parte politica più ampia in difesa della
democrazia e delle leggi scritte.
[9] Si pensi alla chiacchiera di tanti dei politici
attuali vaghi di ciance e privi di idèe
[10] Servirebbe anche oggi, 30 ottobre 2013.
[11]
Ricordo la storia di Trasibulo di Mileto e di Periandro di Corinto in Erodoto o
quella di Tarquinio il Superbo in Tito Livio.
[12] Tragedia di contenuto storico, del 472. Racconta la
sconfitta dei Persiani a Salamina. Breve digressione sulla tragedia di Eschilo
i Persiani. Nel primo episodio, la
regina madre Atossa racconta una sua visione notturna: le appariva in sogno il
figlio Serse, il grande re, che, ponendo le cinghie sotto il collo a due donne
(vv. 190-191), le aggiogava al carro: di queste una era vestita con pepli
dorici, l'altra abbigliata alla persiana. Simboleggino la Grecia e la Persia. La seconda si sottomette, mentre la prima recalcitra,
spezza il giogo e travolge il carro. Serse, anche se sconfitto non perderà il
potere, siccome non è "uJpeuvquno" povlei"
(Persiani, v. 213), tenuto a rendere
conto alla città, come uno stratego
eletto dal popolo. Eschilo contrappone di nuovo al potere assoluto, cui
sottostanno i Persiani, il sistema democratico di Atene, quando la regina Atossa,
dopo avere raccontato il sogno, domanda ai vecchi dignitari chi sia il pastore
e il padrone dell'armata di Salamina. Allora il corifeo risponde: "ou[tino" dou'loi kevklhntai
fwto;" oujd j uJphvkooi" (Persiani, v. 242), di nessun uomo sono
chiamati servi né sudditi.
[14]
Per quanto riguarda la difesa dei più deboli all’interno della povli~, il Pericle di Tucidide menziona le leggi che ad Atene, la scuola
dell’Ellade (Cfr. Tucidide, Storie, II, 41) non devono essere trasgredite,
né quelle scritte, né quelle non scritte: "o{soi te ejp j wjfeliva tw'n
ajdikoumevnwn kei'ntai kai; o{soi
a[grafoi o[nte" aijscuvnhn oJmologoumevnhn fevrousin" (Storie, II, 37, 3) quante sono poste a
tutela di chi subisce ingiustizia, e quante, sebbene non scritte, sanciscono un
disonore riconosciuto da tutti. Gli o{soi
a[grafoi corrispondono agli "a[grapta kajsfalh' qew'n-novmima" (Antigone, vv. 454-455), i diritti non
scritti e non cancellabili degli dèi anteposti da Antigone all’empio editto di
Creonte che ordina di lasciare insepolto un morto.
[15]
“Nell’ordine dei valori morali proposti dalla società greca arcaica e classica
l’onore reso ai genitori viene subito dopo quello prestato agli dèi: ved. p.
es. Pindaro, Pyth. 6-26-7 (e scolio ad. loc.); Euripide, Tr. GF V, fr. 853 Kannicht; Senofonte, Mem. IV 4, 19. Le colpe contro i
genitori nella mentalità religiosa del tempo erano considerate inespiabili
anche dopo la morte: Eschilo, Eum.
721; Platone, Phd. 114 a, Resp. 615 c(….) Invece, nel comico “mondo alla rovescia” degli
uccelli, battere il padre è considerato un atto onorevole (p. es. Aristofane, Au. 755-9)”
Avezzù-Guidorizzi, Edipo a Colono, p. 356 e p. 357.
[16]M. Pohlenz, La
tragedia greca , p. 21.
[17]
Nel romanzo 1984 di Orwell, c’è una
ragazza, Jiulia, che si ribella al dispotismo facendo l'amore con gioia, poi
spiega: "Quando fai all'amore, spendi energia; e dopo ti senti felice e
non te ne frega più di niente. Loro non possono tollerare che ci si senta in
questo modo... Tutto questo marciare su e giù, questo sventolio di bandiere,
queste grida di giubilo non sono altro che sesso che se ne va a male, che
diventa acido. Se sei felice e soddisfatto dentro di te, che te ne frega del
Grande Fratello e del Piano Triennale, e dei Due Minuti di Odio, e di tutto il
resto di quelle loro porcate?" (p. 142). Spogliandosi questa ragazza bruna
"faceva un gesto magnifico, proprio quello stesso magnifico gesto dal
quale sembra che venga distrutta tutta intera una civiltà" (p.133). Il
protagonista del romanzo vede nell'istinto della donna sensuale "un colpo
inferto al Partito... Un atto politico". Quando la sua giovane amante si
spoglia infatti la osserva pieno di ammirazione, quindi le dice: "Sta' a
sentire. Con più uomini sei stata e più ti voglio bene. Hai capito?" (p.
134).
[18]M. Pohlenz, La
tragedia greca, p. 61.
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