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venerdì 29 maggio 2015

Metodologia per l'insegnamento del greco e del latino, parte IV

Aristotele

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Che cosa sono i topoi. Curtius e Quintiliano. Aristotele e Cicerone. La topica è l’arte dei luoghi, ossia quella di reperire “argumenta quae tranferri in multas causas possunt” (De inventione).

Cerco di spiegare cosa sono i tovpoi e come intendo usarli per l'educazione
Sono luoghi comuni agli auctores da contrapporre ai luoghi comuni dei dectractores dell'humanitas
Curtius chiama la topica "deposito delle scorte"[1] seguendo le indicazioni di Quintiliano[2]: "in greco si chiamano koinoi; tovpoi, in latino loci communes (... ) originariamente mezzi ausiliari per l'elaborazione di discorsi; essi sono, come dice Quintiliano (V 10, 20), "miniere di argomenti per l'elaborazione del pensiero" ( argumentorum sedes ) e sono quindi utilizzabili per un fine pratico"[3]. Curtius allega un paio di esempi: "topos diffusissimo è "l'accentuazione della propria incapacità di trattare degnamente un tema"; nel panegirico, "la lode degli antenati e delle loro gesta" è un topos".
L'autore di Letteratura europea e Medio evo latino aggiunge che "Nell'Antichità si approntarono intere raccolte di simili topoi. L'insegnamento dei topoi, chiamato topica, venne trattato in scritti appositi"[4]. Insomma: "nell'insegnamento della retorica, anticamente la topica costituiva il deposito delle scorte" [5].
Aristotele ha scritto Ta;; topikav [6] che Cicerone ha rielaborato (molto) in forma epistolare all'amico Trebazio nel breve trattato Topica ad Trebatium[7]. La topikhv è l'arte dei luoghi, ossia di reperire gli argomenti[8]. Un'arte necessaria in quasi tutte le circostanze della vita.
 Cicerone la definisce: " disciplinam inveniendorum argumentorum…ab Aristotele inventam" (I, 2), il sistema per trovare gli argomenti scoperto da Aristotele.
L'Arpinate nei Paradoxa Stoicorum [9] cataloga tra i loci anche i paravdoxa degli Stoici. I luoghi comuni di una scuola filosofica dunque possono essere, al contrario, paradossi rispetto al pensiero dei più.
Nel De inventione [10] il giovane oratore aveva definito i loci communes: "argumenta quae transferri in multas causas possunt" (2, 48), argomenti che si possono utilizzare per molte cause. Sono strumenti del parlare e dello scrivere.

Maurizio Bettini: Argumentum implica chiarimento (cfr. ajrgov" ) e rivelazione. Sul vocabolo argumentum voglio aggiungere una riflessione di Bettini: "Argumentum è qualcosa che realizza il processo dell'arguere, produce quella rivelazione che il verbo implica…Una buona via per scendere più in profondità nel significato di queste parole è costituita dagli usi dell'aggettivo argutus che ad arguo è ugualmente correlato. In molti casi infatti l'aggettivo argutus indica ciò che va a colpire i sensi con particolare forza[11] (…) Parole come arguo, argumentum, argutus, non possono che ricollegarsi a una forma *argus che significa "chiarità" o "chiarezza". Si tratta infatti della stessa radice *arg - che ritroviamo nel greco ajrgov" "chiaro, brillante" e nell'ittita hargi " chiaro, bianco". In latino, da questa stessa radice derivano anche argentum (metallo brillante) argilla "("terra bianca")"[12].
Possiamo aggiungere il verbo inglese to argue, “discutere” e “provare”.


La chiarezza è coniugata con la bellezza. La rivelazione dell’unità. Proust: l’arte è il vero giudizio finale. Le parole belle infondono gioia. Erodoto e Arione.

Se l'argumentum produce rivelazione, questa acquista forza con la bellezza la quale a sua volta richiede interezza, armonia e splendore: "San Tommaso dice: Ad pulchritudinem tria requiruntur: integritas, consonantia, claritas…Lo splendore di cui parla san Tommaso è la quidditas scolastica, l'essenza di una cosa"[13]. Boitani traduce claritas con “trasparenza”: “La trasparenza: quella che Tommaso d’Aquino chiamava claritas, e, associandola a consonantia e integritas, considerava uno dei tre criteri della bellezza”[14].
 I tovpoi costituiscono le essenze non solo della retorica ma anche della letteratura e dell'arte in genere.
I tovpoi sono argumenta che, ricorrendo nella cultura europea, ne rivelano l'unità la cui visione è necessaria all'equilibrio dell'uomo: "In nulla al mondo, infatti, io credo così profondamente, nessun'altra idea mi è più sacra di quella dell'unità, l'idea che l'intero cosmo è una divina unità e che tutto il dolore, tutto il male consistono solo nel fatto che noi, singoli, non ci sentiamo più come parti inscindibili del Tutto, che l'io dà troppa importanza a se stesso. Molto dolore avevo sofferto in vita mia"[15].
Io intendo e impiego i topoi come idee, frasi, versi belli e pieni di forza, tanto estetica quanto etica, comunque una forza rivelatrice.
I ragazzi provano interesse e gioia nel sentire parole belle e vere, insomma parole che sono fatti di arte: " l'arte è il fatto più reale, la più austera scuola di vita, e il vero Giudizio finale"[16].
Perfino i criminali provano gioia per le parole belle, perfino gli animali.
Erodoto racconta che Arione, il primo fra gli uomini che compose un ditirambo, trovandosi a essere minacciato di morte su una nave da brutti ceffi di delinquenti che volevano rapinarlo, chiese loro il permesso di cantare prima di gettarsi in mare. Quelli non solo glielo concessero, ma si sentirono invadere da senso di gioia (kai; toi'si ejselqei'n hJdonhvn) al pensiero che stavano per udire il migliore di tutti i cantori (Storie, I, 24, 5). Il poeta buttatosi in mare dopo la performance, fu salvato da un delfino che probabilmente era rimasto affascinato dal canto
Ricordare le sentenze belle degli auctores, e citarle, significa imparare a esprimersi trovando e riconoscendo la bellezza in se stessi.
Sul valore fondante della bellezza, che giustifica e autorizza la vita, torneremo più avanti (59).


ll gioco nella paideiva comporta un gareggiare che stimoli con premi e conceda degli intervalli. Quintiliano. Fedro. Remissio e lusus però non devono significare mollis educatio. Un esempio di educazione sbagliata (quella di Cambise e Smerdi) nelle Leggi di Platone. Tucidide: amiamo la cultura senza mollezza. La Mastrocola. Hesse. Platone. W. Jaeger. 
Cicerone

Quintiliano indica i dicta clarorum virorum e gli electos ex poetis locos tra gli strumenti per educare i bambini, i quali li gradiscono ancora di più se vengono presentati loro giocosamente e gioiosamente: "Etiam dicta clarorum virorum et electos ex poetis maxime (namque eorum cognitio parvis gratior est) locos ediscere inter lusum licet " (I, 1, 36), va bene che i bambini imparino a memoria, giocando, anche le sentenze degli uomini famosi e soprattutto passi scelti dai poeti (infatti lo studio di questi è molto gradito ai piccoli).

L'apprendimento dunque sia un gioco e una gara che diverta, incoraggi e stimoli il ragazzo anche con dei premi: "Lusus hic sit…contendat interim et saepius vincere se putet; praemiis etiam, quae capit illa aetas vocetur"[17], sia questo un gioco…gareggi frattanto (il fanciullo) e pensi piuttosto spesso di essere vittorioso; si alletti anche con i premi che quell'età gradisce.
 Per giunta nel gioco si manifestano più schiettamente le inclinazioni di ciascuno: "mores quoque se inter ludendum simplicius detegunt "[18].
"Il gioco è il lavoro dei bambini"[19].
 E' comunque necessario concedere qualche intervallo a tutti: "Danda est tamen omnibus aliqua remissio"[20]. O anche: “ Cito rumpes arcum, semper si tensum habueris;/at si laxaris, cum voles erit utilis. /Sic lusus animo debent aliquando dari, /ad cogitandum melior ut redeat tibi” (Fedro, 3, 14, 12 - 13), presto spezzerai l’arco, se lo terrai sempre teso; ma se lo lasci allentato, quando vorrai sarà utile. Così alla mente ogni tanto si devono concedere degli svaghi, perché ti torni migliorata alla riflessione.
 Il che non deve significare mollis educatio: "Mollis illa educatio, quam indulgentiam vocamus, nervos omnis mentis et corporis frangit"[21]. quella molle educazione che chiamiamo indulgenza, spezza tutte le forze della mente e del corpo.
Platone attribuisce tale mala educazione alle donne della casa reale persiana del tempo di Ciro il Vecchio il quale, sempre impegnato in operazioni militari, delegò alle femmine la cura dei figli. Queste li viziarono impartendo loro una trofh;n gunaikeivan (Leggi, 694d), una cura da donne, per giunta donne del re divenute ricche da poco.
I padri combattevano e conquistavano, ma non insegnavano ai figli la disciplina persiana, quella di pastori e guerrieri molto resistenti alle fatiche. Insomma: “periei'den uJpo; gunaikw'n te kai; eujnouvcwn paideuqevnta~ auJtou' tou;~ uJei'~(Leggi, 695a), Ciro il Vecchio permise che i suoi figli, Cambise e Smerdi, fossero educati da donne e da eunuchi. Sicché essi crebbero come ci si doveva aspettare, dato il loro essere stati allevati trofh'/ ajnepiplhvktw/ (695b) in maniera licenziosa. E quando i due giovani ereditarono il regno, trufh'~ mestoi; kai; ajnepiplhxiva~, gonfi di lussuria e di sregolatezza, per prima cosa uno uccise l’altro perché non sopportava uno stato di parità, quindi costui, ossia Cambise, mainovmeno~[22] uJpo; mevqh~ te kai; ajpaideusiva~, pazzo in seguito al bere smodato e alla mancanza di educazione, perse il potere a opera dei Medi e del cosiddetto “eunuco”[23], che aveva disprezzato la stupidità del re.

Tucidide aveva già fatto dire a Pericle: "filosofou'men a[neu malakiva" "[24], amiamo la cultura senza mollezza.
 "Purtroppo, quando noi genitori chiediamo alla scuola che sia facile e divertente, che abolisca le difficoltà, la fatica e l'impegno, noi in realtà chiediamo alla scuola di snaturarsi, e di abdicare anche lei, così come abbiamo abdicato noi"[25].
Invero il gioco può essere laborioso, sanamente competitivo e divertente.
La parola ludus significa "gioco" e "scuola": nel romanzo di H. Hesse Il giuoco delle perle di vetro[26] il protagonista, Josef Knecht, diviene Magister Ludi dopo anni di studio indefesso, un gioco intelligente, pieno di responsabilità e disciplina.
Platone afferma chiunque voglia eccellere in una qualche attività deve esercitarsi fin dall’infanzia in ogni aspetto che riguarda questa attività, non solo quando si impegna sul serio (spoudavzonta) ma anche quando gioca (paivzonta, Leggi, 643b).
"Il punto capitale della paideia - è questo che ora egli afferma - è un buon allevamento[27]. Questo deve eccitare nell'anima del fanciullo, come in un libero gioco, il desiderio di quello che l'uomo poi sarà chiamato a compiere"[28].

Gianni Ghiselli




[1] E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino (del 1948), p. 93
[2] Maestro di retorica, tenne la prima cattedra statale di eloquenza per volontà di Vespasiano. Visse fra il 35 e il 97 ca d. C. L' Institutio oratoria in dodici libri uscì nel 96 d. C.
[3]E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino , p. 81. Più precisamente Quintiliano definisce i loci in questo modo"loos appello argumentorum sedes, in quibus latent, ex quibus sunt petenda " (V, 10, 20), sedi di argomenti dove essi sono riposti e dai quali si devono ricavare.
[4] Curtius, Op. cit., p. 81
[5] Curtius, Op. cit. p. 93.
[6] Iniziati nel tempo del primo soggiorno ad Atene (366 - 347) e conclusi ad Asso dove il filosofo si recò dopo la morte di Platone (347 a. C. ).
[7] Del 44 a. C.
[8] In inglese topic significa appunto “argomento”.
[9] Proemio, 4. L'operetta è del 46 a. C.
[10] Trattato in due libri, dell'84 a. C.
[11] Cfr. Thesaurus linguae latinae, II, 557, 48 sgg,
[12] M. Bettini, Le orecchie di Hermes, p. 297 e p. 299.
[13] J. Joyce, Dedalus, p. 258.
[14] Sulle orme di Ulisse, p. 151.
[15]H. Hesse, La Cura (del 1925), p. 77.
[16] M. Proust, Il tempo ritrovato (uscito postumo nel 1927), p. 211.
[17] Quintiliano, Inst., I, 1, 20.
[18] Quintiliano, Institutio oratoria., I, 3, 8.
[19] J. Hillman, Il codice dell'anima, p. 217.
[20] Quintiliano, Inst., I, 3, 8.
[21] Quintiliano, Inst., I, 2, 6.
[22] Cfr Erodoto III, 38: “pantach'/ w\n moi dh'lav ejsti o{ti ejmavnh megavlw" oJ Kambuvsh"", da ogni punto di vista dunque per me è evidente che molto matto era Cambise.
[23] Erodoto (III, 61, 2) dice che assomigliava a Smerdi e aveva lo stesso nome.
[24] Storie, II, 40, 1
[25] P. Mastrocola, La scuola raccontata al mio cane, p. 137.
[26] Del 1943.
[27] Leggi, 643 c 8: kefavlaion dh; paideiva" levgomen th;n ojrqh;n trofhvn. Io invece tradurrei: "definiamo punto principale dell’educazione la retta formazione ndr.
[28] W. Jaeger, Paideia (del 1933) 3, p. 389. 

1 commento:

  1. Mi piace tutto quello che hai scritto,in particolare concordo sulla necessità di una scuola che formi da subito. Uno dei grandi problemi della scuola attuale ,secondo me, è la mancanza di attinenza con le cose pratiche , e anche la rinuncia alla bellezza. Frantumiamo i testi e il sapere in riassunti della realtà brutti e approssimativi. Giovanna Tocco

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