Aristotele |
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Che cosa sono i topoi. Curtius e Quintiliano. Aristotele e
Cicerone. La topica è l’arte dei luoghi, ossia quella di reperire “argumenta quae tranferri in multas causas
possunt” (De inventione).
Cerco di spiegare cosa sono i tovpoi
e come intendo usarli per l'educazione
Sono luoghi comuni agli auctores da contrapporre ai
luoghi comuni dei dectractores dell'humanitas
Curtius chiama la
topica "deposito delle scorte"[1]
seguendo le indicazioni di Quintiliano[2]:
"in greco si chiamano koinoi; tovpoi,
in latino loci communes (... ) originariamente mezzi
ausiliari per l'elaborazione di discorsi; essi sono, come dice Quintiliano (V
10, 20), "miniere di argomenti per l'elaborazione del pensiero" ( argumentorum sedes ) e sono quindi
utilizzabili per un fine pratico"[3].
Curtius allega un paio di esempi: "topos diffusissimo è
"l'accentuazione della propria incapacità di trattare degnamente un
tema"; nel panegirico, "la lode degli antenati e delle loro
gesta" è un topos".
L'autore di Letteratura
europea e Medio evo latino aggiunge che "Nell'Antichità si
approntarono intere raccolte di simili topoi.
L'insegnamento dei topoi, chiamato topica, venne trattato in scritti
appositi"[4].
Insomma: "nell'insegnamento della retorica, anticamente la topica
costituiva il deposito delle scorte" [5].
Aristotele ha scritto Ta;;
topikav [6]
che Cicerone ha rielaborato (molto) in forma epistolare all'amico Trebazio nel
breve trattato Topica ad Trebatium[7].
La topikhv è l'arte dei luoghi, ossia
di reperire gli argomenti[8].
Un'arte necessaria in quasi tutte le circostanze della vita.
Cicerone la definisce:
" disciplinam inveniendorum argumentorum…ab Aristotele inventam"
(I, 2), il sistema per trovare gli argomenti scoperto da Aristotele.
L'Arpinate nei Paradoxa Stoicorum [9]
cataloga tra i loci anche i paravdoxa
degli Stoici. I luoghi comuni di una scuola filosofica dunque possono essere, al
contrario, paradossi rispetto al pensiero dei più.
Nel De inventione [10]
il giovane oratore aveva definito i loci communes: "argumenta
quae transferri in multas causas possunt" (2, 48), argomenti che si
possono utilizzare per molte cause. Sono strumenti del parlare e dello scrivere.
Maurizio Bettini: Argumentum
implica chiarimento (cfr. ajrgov" )
e rivelazione. Sul vocabolo argumentum
voglio aggiungere una riflessione di Bettini: "Argumentum è
qualcosa che realizza il processo dell'arguere, produce quella
rivelazione che il verbo implica…Una buona via per scendere più in profondità
nel significato di queste parole è costituita dagli usi dell'aggettivo argutus
che ad arguo è ugualmente correlato. In molti casi infatti l'aggettivo argutus
indica ciò che va a colpire i sensi con particolare forza[11]
(…) Parole come arguo, argumentum, argutus, non possono che ricollegarsi
a una forma *argus che significa "chiarità" o
"chiarezza". Si tratta infatti della stessa radice *arg - che
ritroviamo nel greco ajrgov"
"chiaro, brillante" e nell'ittita hargi " chiaro, bianco".
In latino, da questa stessa radice derivano anche argentum (metallo
brillante) argilla "("terra bianca")"[12].
Possiamo aggiungere il verbo inglese to argue, “discutere” e “provare”.
La chiarezza è coniugata con la bellezza. La rivelazione
dell’unità. Proust: l’arte è il vero giudizio finale. Le parole belle infondono
gioia. Erodoto e Arione.
Se l'argumentum produce rivelazione, questa acquista
forza con la bellezza la quale a sua volta richiede interezza, armonia e
splendore: "San Tommaso dice: Ad pulchritudinem tria requiruntur: integritas,
consonantia, claritas…Lo splendore di cui parla san Tommaso è la quidditas
scolastica, l'essenza di una cosa"[13].
Boitani traduce claritas con
“trasparenza”: “La trasparenza: quella che Tommaso d’Aquino chiamava claritas, e, associandola a consonantia e integritas, considerava uno dei tre criteri della bellezza”[14].
I tovpoi costituiscono le essenze non solo
della retorica ma anche della letteratura e dell'arte in genere.
I tovpoi sono argumenta
che, ricorrendo nella cultura europea, ne rivelano l'unità la cui visione è
necessaria all'equilibrio dell'uomo: "In nulla al mondo, infatti, io credo
così profondamente, nessun'altra idea mi è più sacra di quella dell'unità, l'idea
che l'intero cosmo è una divina unità e che tutto il dolore, tutto il male
consistono solo nel fatto che noi, singoli, non ci sentiamo più come parti
inscindibili del Tutto, che l'io dà troppa importanza a se stesso. Molto dolore
avevo sofferto in vita mia"[15].
Io intendo e impiego i topoi come idee, frasi, versi belli e
pieni di forza, tanto estetica quanto etica, comunque una forza rivelatrice.
I ragazzi provano interesse e gioia nel sentire parole belle
e vere, insomma parole che sono fatti di arte: " l'arte è il fatto più
reale, la più austera scuola di vita, e il vero Giudizio finale"[16].
Perfino i criminali provano gioia per le parole belle, perfino
gli animali.
Erodoto racconta che Arione, il primo fra gli uomini che
compose un ditirambo, trovandosi a essere minacciato di morte su una nave da
brutti ceffi di delinquenti che volevano rapinarlo, chiese loro il permesso di
cantare prima di gettarsi in mare. Quelli non solo glielo concessero, ma si
sentirono invadere da senso di gioia (kai;
toi'si ejselqei'n hJdonhvn) al pensiero che stavano per udire il
migliore di tutti i cantori (Storie, I,
24, 5). Il poeta buttatosi in mare dopo la performance,
fu salvato da un delfino che probabilmente era rimasto affascinato dal canto
Ricordare le sentenze
belle degli auctores, e
citarle, significa imparare a esprimersi trovando e riconoscendo la bellezza in
se stessi.
Sul valore fondante della bellezza, che giustifica e
autorizza la vita, torneremo più avanti (59).
ll gioco nella paideiva
comporta un gareggiare che stimoli con premi e conceda degli intervalli. Quintiliano. Fedro. Remissio e lusus però non
devono significare mollis educatio. Un
esempio di educazione sbagliata (quella di Cambise e Smerdi) nelle Leggi di Platone. Tucidide: amiamo la
cultura senza mollezza. La Mastrocola. Hesse. Platone. W. Jaeger.
Cicerone |
Quintiliano indica i dicta clarorum virorum e gli electos
ex poetis locos tra gli strumenti per educare i bambini, i quali li
gradiscono ancora di più se vengono presentati loro giocosamente e gioiosamente:
"Etiam dicta clarorum virorum et electos ex poetis maxime (namque eorum
cognitio parvis gratior est) locos ediscere inter lusum licet " (I, 1,
36), va bene che i bambini imparino a memoria, giocando, anche le sentenze
degli uomini famosi e soprattutto passi scelti dai poeti (infatti lo studio di
questi è molto gradito ai piccoli).
L'apprendimento dunque sia un gioco e una gara che diverta, incoraggi
e stimoli il ragazzo anche con dei premi: "Lusus hic sit…contendat
interim et saepius vincere se putet; praemiis etiam, quae capit illa aetas
vocetur"[17],
sia questo un gioco…gareggi frattanto (il fanciullo) e pensi piuttosto spesso di
essere vittorioso; si alletti anche con i premi che quell'età gradisce.
Per giunta nel gioco
si manifestano più schiettamente le inclinazioni di ciascuno: "mores
quoque se inter ludendum simplicius detegunt "[18].
"Il gioco è il lavoro dei bambini"[19].
E' comunque
necessario concedere qualche intervallo a tutti: "Danda est tamen
omnibus aliqua remissio"[20].
O anche: “ Cito rumpes arcum, semper si
tensum habueris;/at si laxaris, cum voles erit utilis. /Sic lusus animo debent aliquando dari, /ad
cogitandum melior ut redeat tibi” (Fedro, 3, 14, 12 - 13), presto spezzerai
l’arco, se lo terrai sempre teso; ma se lo lasci allentato, quando vorrai sarà
utile. Così alla mente ogni tanto si devono concedere degli svaghi, perché ti
torni migliorata alla riflessione.
Il che non deve
significare mollis educatio: "Mollis illa educatio, quam
indulgentiam vocamus, nervos omnis mentis et corporis frangit"[21]. quella
molle educazione che chiamiamo indulgenza, spezza tutte le forze della mente e
del corpo.
Platone attribuisce tale mala educazione alle donne della
casa reale persiana del tempo di Ciro il Vecchio il quale, sempre impegnato in
operazioni militari, delegò alle femmine la cura dei figli. Queste li viziarono
impartendo loro una trofh;n gunaikeivan (Leggi, 694d), una cura da donne, per giunta donne del re divenute
ricche da poco.
I padri combattevano e conquistavano, ma non insegnavano ai
figli la disciplina persiana, quella di pastori e guerrieri molto resistenti
alle fatiche. Insomma: “periei'den uJpo;
gunaikw'n te kai; eujnouvcwn paideuqevnta~ auJtou' tou;~ uJei'~” (Leggi, 695a), Ciro il Vecchio permise che i suoi figli, Cambise e
Smerdi, fossero educati da donne e da eunuchi. Sicché essi crebbero come ci si
doveva aspettare, dato il loro essere stati allevati trofh'/ ajnepiplhvktw/ (695b) in maniera licenziosa. E quando
i due giovani ereditarono il regno, trufh'~
mestoi; kai; ajnepiplhxiva~, gonfi di lussuria e di sregolatezza, per
prima cosa uno uccise l’altro perché non sopportava uno stato di parità, quindi
costui, ossia Cambise, mainovmeno~[22]
uJpo; mevqh~ te kai; ajpaideusiva~, pazzo in seguito al bere smodato e
alla mancanza di educazione, perse il potere a opera dei Medi e del cosiddetto
“eunuco”[23],
che aveva disprezzato la stupidità del re.
Tucidide aveva già fatto dire a Pericle: "filosofou'men a[neu malakiva" "[24],
amiamo la cultura senza mollezza.
"Purtroppo, quando
noi genitori chiediamo alla scuola che sia facile e divertente, che abolisca le
difficoltà, la fatica e l'impegno, noi in realtà chiediamo alla scuola di
snaturarsi, e di abdicare anche lei, così come abbiamo abdicato noi"[25].
Invero il gioco può essere laborioso, sanamente competitivo
e divertente.
La parola ludus significa "gioco" e
"scuola": nel romanzo di H. Hesse Il giuoco delle perle di vetro[26]
il protagonista, Josef Knecht, diviene Magister Ludi dopo anni di studio
indefesso, un gioco intelligente, pieno di responsabilità e disciplina.
Platone afferma chiunque voglia eccellere in una qualche
attività deve esercitarsi fin dall’infanzia in ogni aspetto che riguarda questa
attività, non solo quando si impegna sul serio (spoudavzonta)
ma anche quando gioca (paivzonta, Leggi,
643b).
"Il punto capitale della paideia - è questo che ora
egli afferma - è un buon allevamento[27].
Questo deve eccitare nell'anima del fanciullo, come in un libero gioco, il
desiderio di quello che l'uomo poi sarà chiamato a compiere"[28].
Gianni Ghiselli
[2] Maestro di retorica, tenne la prima
cattedra statale di eloquenza per volontà di Vespasiano. Visse fra il 35 e il
97 ca d. C. L' Institutio oratoria in dodici libri uscì nel 96 d. C.
[3]E.
R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino , p. 81. Più
precisamente Quintiliano definisce i loci in questo modo"loos appello argumentorum sedes, in quibus
latent, ex quibus sunt petenda " (V, 10, 20), sedi di argomenti dove
essi sono riposti e dai quali si devono ricavare.
[4]
Curtius, Op. cit., p. 81
[5]
Curtius, Op. cit. p. 93.
[6] Iniziati nel tempo del primo
soggiorno ad Atene (366 - 347) e conclusi ad Asso dove il filosofo si recò dopo
la morte di Platone (347 a. C. ).
[7] Del 44 a. C.
[8] In inglese topic significa appunto “argomento”.
[9] Proemio, 4. L'operetta è del 46 a. C.
[10] Trattato in due libri, dell'84 a. C.
[11]
Cfr. Thesaurus linguae latinae, II, 557, 48 sgg,
[12] M. Bettini, Le orecchie di Hermes,
p. 297 e p. 299.
[13] J. Joyce, Dedalus, p. 258.
[14] Sulle
orme di Ulisse, p. 151.
[15]H. Hesse, La Cura (del 1925),
p. 77.
[16] M. Proust, Il tempo ritrovato
(uscito postumo nel 1927), p. 211.
[17] Quintiliano, Inst., I, 1, 20.
[18] Quintiliano, Institutio oratoria.,
I, 3, 8.
[19]
J. Hillman, Il codice dell'anima, p. 217.
[20] Quintiliano, Inst., I, 3, 8.
[22] Cfr Erodoto III, 38: “pantach'/ w\n
moi dh'lav ejsti o{ti ejmavnh megavlw" oJ Kambuvsh"",
da ogni punto di vista dunque per me è evidente che molto matto era Cambise.
[23] Erodoto (III, 61, 2) dice che
assomigliava a Smerdi e aveva lo stesso nome.
[24] Storie,
II, 40, 1
[25] P. Mastrocola, La scuola
raccontata al mio cane, p. 137.
[26] Del 1943.
[27] Leggi, 643 c
8: kefavlaion
dh; paideiva" levgomen th;n ojrqh;n trofhvn. Io invece tradurrei: "definiamo punto principale
dell’educazione la retta formazione ndr.
[28] W. Jaeger, Paideia (del 1933)
3, p. 389.
Mi piace tutto quello che hai scritto,in particolare concordo sulla necessità di una scuola che formi da subito. Uno dei grandi problemi della scuola attuale ,secondo me, è la mancanza di attinenza con le cose pratiche , e anche la rinuncia alla bellezza. Frantumiamo i testi e il sapere in riassunti della realtà brutti e approssimativi. Giovanna Tocco
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