Ulisse e le sirene mosaico proveniente da Dougga, II sec d.C. |
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Alcuni personaggi appartengono tanto alla storia quanto alla
letteratura che attinge alla storia, e al cinema che fa uso di entrambe.
Ulisse è un personaggio chiave della letteratura, Alessandro
Magno della storia. L’uomo che volle
farsi re di John Huston.
Baudelaire: Alcibiade, Catilina e Cesare quali splendidi
tipi del dandismo. Andrea Sperelli di D’Annunzio è camaleontico come
l’Alcibiade di Plutarco, di Cornelio Nepote, di Montaigne, e quanto il Catilina
di Cicerone. Alcibiade, Catilina e Cesare sono seduttori tipici. Hanno un
antecedente in Odisseo, con l’aggiunta della bellezza. Alcibiade nel Simposio di Platone, quindi in Nietzsche.
Alcibiade prefigura anche il don
Giovanni di Kierkegaard. La Penna: il ritratto paradossale mescola vizi e virtù.
Catilina, Othone, Enrico V, papa Alessandro VI e altri.
L’antico greco più presente nella cultura europea è forse
Ulisse: “Ulisse è uno di quei personaggi che dalle profondità del tempo
giungono fino a noi, perché è un personaggio chiave”[1].
Alessandro Magno è uno dei personaggi chiave della storia.
Il metodo mitico, fatto di comparazioni tra antico e moderno,
è plausibile anche per gli attori delle vicende storiche; essi possono apparire
contemporaneamente, e problematicamente, sia positivi sia negativi, e
appartenere tanto alla storia quanto alla letteratura. Si pensi al Serse dei Persiani di Eschilo, al Giulio Cesare, al Coriolano, all’ Antonio e
Cleopatra di Shakespeare, al Caligola di Camus (del 1938), oppure al
Catilina (1848), o al Giuliano imperatore (1896) di Ibsen. Si può
pensare ai film su Scipione l’Africano e Annibale, su Giulio Cesare, Antonio e
Cleopatra, o sull’Iliade, su Leonida
alle Termopili, su Alessandro Magno.
O anche Amleto. La storia di Amelethus si trova già nelle Gesta danorum di Saxo Grammaticus che
risalgono alla fine del XII secolo.
Amleto è presente anche nella psicologia
Freud ne L'interpretazione
dei sogni sostiene che Amleto è un giovane bloccato dalla coscienza che lo
zio ha attuato quanto avrebbe voluto fare lui stesso: " Secondo la
concezione tuttora prevalente, che risale a Goethe, Amleto rappresenta il tipo
d'uomo la cui vigorosa forza d'agire è paralizzata dalla forza opprimente
dell'attività mentale ("la tinta nativa della risoluzione è resa malsana
dalla pallida cera del pensiero", Amleto,
III, 1). Secondo altri, il poeta ha tentato di descrivere un carattere morboso,
indeciso, che rientra nell'ambito della nevrastenia. Senonché, la finzione
drammatica dimostra che Amleto non deve affatto apparirci come una persona
incapace di agire in generale. Lo vediamo agire due volte, la prima in un
improvviso trasporto emotivo, quando uccide colui che sta origliando dietro il
tendaggio, una seconda volta in modo premeditato, quasi perfido, quando con
tutta la spregiudicatezza del principe rinascimentale manda i due cortigiani
alla morte a lui stesso destinata. Che cosa dunque lo inibisce nell'adempimento
del compito che lo spettro del padre gli ha assegnato? Appare qui di nuovo
chiara la spiegazione: la particolare natura di questo compito. Amleto può
tutto, tranne compiere la vendetta sull'uomo che ha eliminato suo padre
prendendone il posto presso sua madre, l'uomo che gli mostra attuati i suoi
desideri infantili rimossi"[2].
Voglio fermarni un momento sulla presenza dell’eroe macedone
in un film, non recente, di John Huston. Si tratta di L’uomo che volle farsi re
(The man who would be king, 1975)
tratto da un racconto di Kipling[3].
Vi si trovano elementi di storia e di letteratura.
Due avventurieri (Sean Connery e Michael Caine), ex sergenti
dell’esercito britannico e massoni, partono dall’India di fine Ottocento per
cercare fortuna nel Kafiristan. Quando vi arrivano, aiutano il capo di un
villaggio a sconfiggere una tribù nemica, e uno dei due, Sean Connery, rimasto
illeso da un colpo di freccia infilatosi nella bandoliera, viene acclamato
dagli indigeni come Sikander.
Allora domanda all’interprete: “what does Sikander mean?”, che cosa significa Sikander? L’indigeno
risponde, nel suo incerto inglese: “Sikander
a god, come here long ago from the West”, Sikander è un dio che venne qui
tanto tempo fa dall’Ovest. Sikander dunque è Alessandro Magno: l’avventuriero
ricorda di avere avuto una notizia del genere da Kipling di cui il regista ha
fatto un personaggio del film.
“Sikander builded
great city Sikanderul, high in mountains, sit in throne”, ha costruito una
grande città alta tra le montagne, e si è fatto re, continua l’interprete. All people worship him, tutti lo adoravano.
Ma poi disse che doveva andare a Oriente; la gente si strappava i capelli e i
vestiti. So Sikander promised to send
back son, così promise di mandare indietro il figlio. E ora ha mantenuto la
promessa: il guerriero giunto a riportare vittorie è il figlio di Alessandro
Magno.
Quindi interviene il secondo avventuriero: “328 a. C. L’ha
detto l’enciclopedia”.
In questo film
entrano pure le Baccanti di Euripide
con l’incenerimento di Semele provocato dalla gelosia di Era. Viene ricordato
da Dioniso nel prologo (vv. 3 - 6).
Alessandro mosaico di Pompei |
Il presunto Sikander vede una bella ragazza e le chiede il
nome: Roxane, risponde lei tenendo gli occhi bassi. Allora l’interprete: “Girl afraid”, ha paura. Of what?, di che? Domanda Sean Connery. E
l’indigeno: If god takes a girl, she catches
fire and go up in smoke, se un dio tocca una ragazza, ella piglia fuoco e
svanisce in fumo, God’s heart, a burning
torch, il cuore di un dio è come una torcia. His veins run fire, not
blood. If god makes love with a girl, she goes in one flash, not ever ashes
left, nelle sue
vene scorre fuoco, non sangue. Se un dio fa l’amore con una donna, lei
subito sparisce in un lampo, non rimangono nemmeno le ceneri.
E lo pseudo Alessandro: “I
bet a jealous goddess made that up”, scommetto che è stata la trovata di
una dea gelosa.
Baudelaire[4]
compila una breve lista dei rappresentanti del dandismo dell'antichità, "il
dandismo è un'istituzione vaga, bizzarra come il duello; antichissima, perché
Cesare, Catilina, Alcibiade ce ne forniscono degli splendidi tipi"[5].
Poco più avanti il poeta francese dà una definizione del dandismo: " è
l'ultimo raggio di eroismo nei periodi di decadenza. . . è un sole che
tramonta; come l'astro che declina, è superbo, senza calore e pieno di
malinconia"[6].
A questa lista è possibile aggiungere il Petronio di Tacito,
e pure personaggi della letteratura quali Dorian Gray di O. Wilde, o Andrea
Sperelli di D'Annunzio.
Il protagonista di Il
Piacere[7]
può trovare un antenato in Alcibiade, soprattutto in quello della decadenza: "Il
senso estetico aveva sostituito il senso morale. Ma codesto senso estetico
appunto, sottilissimo e potentissimo e sempre attivo, gli manteneva nello
spirito un certo equilibrio… Gli uomini d'intelletto, educati al culto della
Bellezza, conservano sempre, anche nelle peggiori depravazioni, una specie di
ordine. La concezione della Bellezza è, dirò così, l'asse del loro essere interiore, intorno al quale tutte le passioni
gravitano"[8].
L'esteta dannunziano pensa di sé: "Io
sono camaleontico, chimerico, incoerente, inconsistente. Qualunque mio
sforzo verso l'unità riuscirà sempre vano. Bisogna omai ch'io mi rassegni. La
mia legge è in una parola: NUNC . Sia
fatta la volontà della legge"[9].
Plutarco aveva scritto di Alcibiade che per accalappiare le
persone egli era capace di imporsi trasformazioni più rapide e radicali del
camaleonte ("ojxutevra". . . tropa;"
tou' camailevonto""), il
quale infatti non è creatura altrettanto versatile, in quanto non è in grado di
assumere il colore bianco, mentre per quest'uomo, che passava con uguale
disinvoltura attraverso il bene e il male, non c'era niente di inimitabile né
di non provato: " jAlkibiavdh/ de;
dia; crhstw'n ijovnti kai; ponhrw'n oJmoivw" oujde;n h\n ajmivmhton oujd j
ajnepithvdeuton" : a Sparta viveva da sportivo (gumnastikov"), si comportava da
persona semplice e sobria (eujtelhv"),
perfino austera (skuqrwpov");
in Ionia invece appariva raffinato (clidanov"),
gaudente (ejpiterphv"), indolente
(rJav/qumo"); in Tracia si
ubriacava (mequstikov") e
andava a cavallo ( iJppastikov");
e quando frequentava il satrapo Tissaferne superava nel fasto e nel lusso la
magnificenza persiana ("uJperevballen
o[gkw/ kai; poluteleiva/ th;n Persikh;n
megaloprevpeian"[10]).
Insomma assumeva di volta in volta le forme e gli atteggiamenti più consoni a
quelli cui voleva piacere, o, per dirla con Cornelio Nepote[11],
era "temporibus callidissime
serviens "[12]
abilissimo nell'adattarsi alle circostanze.
Anche Montaigne mette in rilievo questo aspetto di Alcibiade:
"Ho spesso notato con grande ammirazione la straordinaria facoltà di
Alcibiade di adattarsi tanto facilmente a usanze così diverse, senza danno per
la sua salute: oltrepassando ora la sontuosità e la pompa persiana, ora
l'austerità e la frugalità spartana; così moderato a Sparta come dedito al piacere
nella Ionia"[13].
Cicerone nell'orazione
Pro Caelio[14]
attribuisce a Catilina dati del
carattere simile a questi e ad altri di Alcibiade. La sua indole multiforme
sapeva adeguarsi alle circostanze : "Illa
vero iudices, in illo homine admirabilia fuerunt, comprehendere multos amicitia,
tueri obsequio, cum omnibus communicare quod habebat, servire temporibus suorum
omnium pecunia, gratia, labore corporis, scelere etiam, si opus esset, et
audacia, versare[15] suam naturam et regere ad tempus atque huc
et illuc torquere et flectere, cum tristibus severe, cum remissis iucunde, cum
senibus graviter, cum iuventute comiter, cum facinerosis audaciter, cum
libidinosis luxuriose, vivere " (Pro Caelio, 6, 13), quei
famosi aspetti invero, giudici, fecero stupire in quell'uomo: afferrare molti
con l'amicizia e conservarli con la compiacenza, mettere in comune con tutti
ciò che aveva, venire incontro alle circostanze critiche di tutti i suoi amici
con il denaro, la sua influenza, la fatica corporale, e se ce n'era bisogno anche
con il delitto e l'ardimento, modificare la sua indole e indirizzarla secondo
le circostanze, volgerla e piegarla di qua e di là, vivere con gli austeri
severamente, con i gioviali allegramente, con i vecchi seriamente, con i
giovani benevolmente, con i criminali temerariamente, con i libidinosi
dissolutamente. Alcibiade, Catilina e Cesare sono seduttori tipici. Hanno un
antecedente in Odisseo, con l’aggiunta della bellezza.
Sallustio mette in rilievo la compresenza di vizi e virtù
nel ritratto di Catilina: “Catilina, nobili
genere natus, fuit magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque. Huic
ab adulescentia bella intestina, caedes, rapinae, discordia civilis grata fuere,
ibique iuventutem suam exercuit. Corpus patiens inediae, algoris, vigiliae
supra quam cuiquam credibile est. Animus audax, subdolus, varius, cuius
rei lubet simulator ac dissimulator, alieni adpetens sui profusus, ardens in
cupiditatibus; satis eloquentiae, sapientiae parum. Vastus animus
inmoderata, incredibilia, nimis alta semper cupiebat…Incitabant praeterea
corrupti civitatis mores, quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque
avaritia, vexabant” (5). Catilina, nato da una razza nobile, fu uomo di
grande forza di animo e di corpo, ma di carattere malvagio e vizioso. A costui
fin dalla giovinezza furono care le guerre intestine, le stragi, le rapine, la
discordia civile, e in esse allenò la sua gioventù. Il corpo era capace di
sopportare la fame, il freddo, la veglia, oltre ogni credere. Animo audace, subdolo,
mutevole, simulatore e dissimulatore di tutto quello che voleva, bramoso della
roba altrui, prodigo della propria, ardente nelle passioni; abbastanza
eloquente, poco assennato. Animo immane, bramava sempre lo smisurato, l’inaudito,
l’irraggiungibile…Lo stimolavano inoltre i costumi corrotti della città, che
due vizi pessimi e opposti travagliavano: il lusso e l’avarizia.
Alcibiade, Catilina e Cesare sono seduttori tipici. Hanno un
antecedente in Odisseo, con l’aggiunta della bellezza.
Nel Simposio di Platone Alcibiade racconta di avere detto a Socrate: "Su; ejmoi; dokei'". . . ejmou' ejrasth;" a[xio" gegonevnai movno""(218c), tu mi sembri l'unico amante della mia levatura. In questo caso però l'uomo erotico, che sullo scudo si era fatto incidere non stemmi gentilizi, "ajll j [Erwta keraunofovron"[16], ma un Eros portatore del fulmine, fece cilecca, in quanto Socrate non fu disposto ad accettare un cambio sfavorevole, concedendogli un lucro spropositato, poiché, gli disse, tu cerchi di barattare una bellezza apparente con una vera e di scambiare oro con rame. E' lo stesso Alcibiade che lo racconta[17] alludendo all'episodio dell'Iliade[18] nel quale il licio Glauco scambia le sue armi d'oro con quelle di rame dell'argivo Diomede. Questo dovè essere uno dei pochissimi insuccessi di quest’ uomo fortemente seduttivo, se è vero quanto racconta Plutarco, ossia che chiunque trascorresse la giornata in sua compagnia non poteva avere un carattere impenetrabile nè una natura inespugnabile dal suo fascino ("tai'". . . cavrisin oujde;n h\n a[tegkton h\qo" oujde; fuvsi" ajnavlwto"")[19].
Anche Nietzsche mette Alcibiade nel numero ristretto dei
seduttori: "allora nascono quegli uomini magicamente inafferrabili ed
impenetrabili, predestinati alla vittoria e alla seduzione, le cui più belle
espressioni sono Alcibiade e Cesare (ai quali aggiungerei di buon grado
Federico II di Hohenstaufen, che secondo me è il primo Europeo), e forse Leonardo da Vinci, tra gli artisti. Essi
fanno la loro comparsa proprio in quelle epoche, il cui proscenio è occupato
dal tipo più debole col suo desiderio di riposo: i due tipi sono in stretto
rapporto e vengono originati dalle medesime cause"[20].
Alcibiade è dunque il modello dell’esteta seduttore che
prefigura Catilina, Sperelli, e pure l'esteta
di Kierkegaard, il seduttore sensuale ed estensivo, don Giovanni, "l'incarnazione
della carne ovvero la spiritualizzazione della carne da parte dello spirito
proprio della carne"[21]
che vive di preda e ama "il casuale, l'accidentale", poiché "il
sensuale è il momentaneo. Il sensuale cerca la soddisfazione istantanea, e
quanto più è raffinato, tanto più sa trasformare l'istante del godimento in una
piccola eternità"[22].
“Per esempio, uno splendido calco del ritratto di Catilina, forse
il più splendido dopo quelli fatti da Tacito, è il ritratto del papa Alessandro
VI dipinto dal Guicciardini poco dopo l’inizio della Storia d’Italia (I 2): “perché in alessandro sesto…fu solerzia e
sagacità singolare, consiglio eccellente, efficacia a persuadere meravigliosa, e
a tutte le faccende gravi sollecitudine e destrezza incredibile; ma erano
queste virtù avanzate di grande intervallo da’ vizi: costumi oscenissimi, non
sincerità non vergogna non verità non fede non religione, avarizia insaziabile,
ambizione immoderata, crudeltà più che barbara e ardentissima cupidità di
esaltare in qualunque modo i figliuoli i quali erano molti”…. Se il
Guicciardini ci ha dato un ritratto così affascinante del principe catilinario,
il ritratto dell’altro tipo si potrà riconoscere, in qualche misura, in un
testo molto più celebre, cioè nella tragedia di Shakespeare su Enrico V, il
principe dissipato, gozzovigliatore[23],
che diviene re saggio e capo di eserciti valorosi. A guisa di commiato è
opportuno qui riportare, non solo per la sua grazia ma anche per la sua
profondità, un passo celebre in cui Shakespeare cerca di spiegare come grandi
qualità potessero celarsi nel principe libertino (atto I, scena 2[24],
60 sgg, ): “la fragola cresce sotto l’ortica e le bacche salutari prosperano e
maturano meglio in compagnia di frutti di qualità inferiore: così il principe
celò il suo spirito di osservazione sotto le apparenze del libertinaggio, e
questo spirito senza dubbio deve aver fatto come l’erba estiva che cresce di
notte non vista, ma proprio allora più soggetta alla forza di sviluppo che le è
insita” (trad. di F. Baiocchi). E’ probabile che Shakespeare non debba nulla
alla tradizione antica del ritratto “paradossale” di tipo “petroniano”. Al
“paradosso” della compresenza di vizi e virtù egli aggiunge un altro
“paradosso”, secondo cui il vizio può essere condizione favorevole alla segreta
crescita della virtù; chi mai nell’antichità avrebbe potuto accettarlo? Non è
poca cosa, comunque, che storici antichi quali Sallustio e Tacito avessero
messo a fuoco il problema: il loro travaglio di pensiero, che coglie le
contraddizioni di una realtà sempre più ricca ed oscura, non li porta troppo lontano
dal genio del poeta moderno”[25].
Gianni Ghiselli
[1]
J. Pierre Vernant, C’era una volta Ulisse,
p. 5.
[2]S.
Freud, L'interpretazione dei sogni, pp.
250 - 251.
[3]
1865 - 1936.
[4]
1821 - 1867,
[6]
In Guglielmino/Grosser, Il sistema letterario. Ottocento, p. 1152.
[7]
Del 1889.
[8]D'Annunzio, Il Piacere , pp. 42 - 43.
[9]D'Annunzio, Il Piacere , p. 278.
[10]Plutarco, Vita di Alcibiade,
23, 4 - 5.
[11]
99 ca - 24 ca a. C.
[13] Montaigne, Saggi, p. 221.
[16]Plutarco,
Vita di Alcibiade, 16.
[17]
Simposio 218e.
[18]VI
234 - 236.
[19]Vita di Alcibiade, 24.
[20]Di là dal bene e dal male, p. 113.
[21] S. Kierkegaard, Enten - Eller (del 1843), Tomo Primo, p. 156.
[22]S. Kierkegaard,
Enten - Eller , p. 40.
[23]
Cfr. Dostoevskij, I demoni: “tutto
ciò somigliava alla giovinezza del principe Harry che gozzovigliava con
Falstaff” (p. 43).
[24] The strawberry grows underneath the nettle, / And wholesome berries
thrive and ripen best/Neighbour’d by fruit of baser quality: /And so the prince
pbscur’d his contemplation/Under the veil of wildness; which, no doubt, /Grew
like the summer grass, fastest by night, /Unseen, yet crescive in his faculty” Si tratta in realtà della scena 1 dell’atto II. Ndr.
[25]
A. La Penna, Aspetti del pensiero storico
latino, pp. 220 - 221.
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