Pan e Dafni collezione farnese |
Ma torniamo al Priapo di Teocrito.
Scherza sul dolore di Dafni: eri un bovaro, ma ora
sembri un capraio che quando vede le capre montate si strugge poiché non è nato
capro. Tu ti struggi perché non danzi con le ragazze.
Poi venne Cipride ridendo ma aveva l’animo
contristato.
Dafni potrebbe essere un secondo Ippolito dedito
alla castità e per questo punito da Afrodite (cfr. L’Ippolito di Euripide).
Cipride gli fa notare la sua soggezione all’amore,
ma Dafni si ricusa ad Eros e cerca di ribaltare il rapporto: “Cipride gravosa,
, Kuvpri barei'a,
Cipride odiosa ai mortali Kuvri qnatoi'sin ajpecqhv~, anche nella casa di Ade Dafni sarà un dolore
cattivo per Eros. Insomma vuole essere lui a infliggere sofferenze a Eros.
Dafni insulta Afrodite, quindi saluta gli animali, i boschi, la fonte Aretusa.
Chiama se stesso con termini realistici: il bovaro
che pascolava le mucche.
Nella V
Bucolica di Virgilio Dafni si celebra, pieno di compiacimento di se stesso:
“Daphnis ego in silvis, hinc usque ad
sidera notus,-formosi pecoris custos, formosior ipse” vv. 43-44).
Il Dafni di Virgilio secondo alcuni commentatori
rappresenterebbe Giulio Cesare. Servio sostiene che il v. 29 allude a Cesare
che introdusse a Roma le cerimonie di Bacco. Mopso canta la morte di Dafni e
Menalca ne fa l’apoteosi. Dafni dall’alto dei cieli manda la pace sulla terra.
I monti selvosi lanciano alle stelle voci di gioia, e con loro rupi e alberi
cantano: “Deus, deus ille Menalca!”
(V, 649).
Il Dafni di Teocrito invoca Pan perché venga in
Sicilia dall’Arcadia a prendere la sua zampogna (suvrigga) che è il suo lascito supremo. Io oramai da Eros ej~ {Aidan e{lkomai, vengo
trascinato nell’Ade. Seguono degli a[duvnata: con la morte di Dafni la natura non sarà più la
stessa: il pino porti le pere, il cervo insegua le cagne e i gufi cantino a
gara con gli usignoli. Non è chiaro il motivo per cui Dafni muore.
Nell'epillio
Ila (XIII, esametri e dialetto
dorico, con omerismi) Eracle si innamora di un fanciullo bellissimo, con i
capelli a boccoli. Fu lasciato a terra, ma a piedi raggiunse la Colchide e il Fasi
inospite.
Anche
qui l’amore è interpretato come dolore e sciagura: “scevtlioi oiJ
filevonte~”, v. 66.
Eracle
soffrì per il rapimento di Ila. L’impresa di Giasone divenne l’ultimo dei suoi
pensieri. Sparì e gli altri eroi lo schernivano come liponauvtan
disertore della nave. Qui c’è il registro epico e anche il suo sapiente
abbassamento attraverso l’ironia o l’attenzione a piccole cose.
Nel
X idillio, i Mietitori, c’è Milone,
l’agricola bonus e Buceo che, come
Orfeo nella IV Georgica, è preso da dementia.
Milone
è infaticabile, mentre Buceo, innamorato da dieci giorni, è svogliato. Milone
avverte Buceo che la ragazza è brutta, una locusta, ed è dai facili costumi.
Ma
dice Buceo: non solo Pluto è cieco (tuflov~, cfr. Pluto di Aristofane, 90-92) bensì
anche Eros, oltre essere dissennato. Milone consiglia a Buceo di alzare un
canto amoroso: lavorerai meglio.
Bombica
la chiamano secca e bruciata dal sole (ijscna;n aJliovkauston), ma per Buceo ha l’incarnato di
miele. Cfr. Lucrezio IV 1160 nigra melǐchrus
est.
Anche
la viola e il giacinto sono scuri. I tuoi piedi sono astragali (ossicini).
Poi
canta Milone una canzone in lode dell’agricoltura e del lavoro che evita il
sonno. Esorta i mietitori a cominciare quando si sveglia l’allodola e a
continuare fino a quando va a dormire, senza smettere durante l’ora canicolare
(to;
kau'ma).
E’ cresciuta l’importanza del mondo
naturale.
Socrate, all’inizio del Fedro dice di essere filomaqhv~, uno che
ama imparare: “ ta;
me;n ou\n cwriva kai; ta; devndra oujde;n m j ejqevlei didavskein, oiJ d j ejn
tw`/ a[stei a[nqrwpoi” (230d), il luoghi di campagna dunque e gli alberi,
non vogliono insegnarmi niente, gli uomini della città, invece sì. Infatti la
sua sapienza è ajnqrwpivnh
sofiva
( Platone, Apologia di Socrate, 20 D)
Hegel nell’Estetica scrive che l’idillio “nel senso moderno del termine”
raffigura l’uomo nella sua innocenza. Ma “fa astrazione da ogni più profondo
interesse universale della vita spirituale ed etica”
Ma vivere innocentemente significa
pensare solo a mangiare e bere “e anche ciò solo con cibi e bevande molto
semplici, ad esempio latte di capra o di pecora, solo eccezionalmente di mucca;
inoltre erbe, radici, g6hiande, frutti, formaggi, mentre il pane, credo, non è
già più da considerare molto idillico; la carne invece dovrebbe essere già
permessa, perché i pastori e le pastorelle idillici non vorranno sacrificare
certo tutto il gregge agli dèi”.
La loro occupazione consiste nel
sorvegliare, insieme al fedele cane, per tutto il santo giorno l’amato gregge,
essere pii e mansueti, suonare il flauto e la zampogna oppure canticchiare
qualcosa ma soprattutto amarsi reciprocamente con la massima tenerezza e
innocenza. “Con tutto il sentimentalismo possibile coltivare amorevolmente
sentimenti tali che non disturbino questa condizione di quiete soddisfatta”.
“I Greci invece, nelle loro
raffigurazioni plastiche, ebbero un mondo più gaio: il corteggio di Bacco,
satiri, fauni, che, raggruppati anodinamente intorno a un dio, si sforzano di
elevare la natura animale ad una letizia umana entro una vitalità e verità
interamente diverse da quella pretenziosa innocenza pia e vuota. Lo stesso
nucleo di una concezione viva…è ancora riconoscibile nei bucolici greci, per es.,
in Teocrito…Virgilio è già più freddo nelle sue Egloghe, ma il più noioso è
Gessner[1], al
punto che oggi non lo legge più nessuno” Ma ha avuto un certo successo,
soprattutto tra i Francesi, per “il sentimentalismo che sfuggiva il tumulto e
le complicazioni della vita…e l’assenza completa di ogni vero interesse, per
cui furono evitati tutti gli altri rapporti con la nostra cultura che potevano
arrecare turbamento”[2].
CONTINUA
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