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lunedì 17 luglio 2017

Teocrito. Parte IX

Pan e Dafni
collezione farnese

Ma torniamo al Priapo di Teocrito.
Scherza sul dolore di Dafni: eri un bovaro, ma ora sembri un capraio che quando vede le capre montate si strugge poiché non è nato capro. Tu ti struggi perché non danzi con le ragazze.
Poi venne Cipride ridendo ma aveva l’animo contristato.
Dafni potrebbe essere un secondo Ippolito dedito alla castità e per questo punito da Afrodite (cfr. L’Ippolito di Euripide).
Cipride gli fa notare la sua soggezione all’amore, ma Dafni si ricusa ad Eros e cerca di ribaltare il rapporto: “Cipride gravosa, , Kuvpri barei'a, Cipride odiosa ai mortali Kuvri qnatoi'sin ajpecqhv~, anche nella casa di Ade Dafni sarà un dolore cattivo per Eros. Insomma vuole essere lui a infliggere sofferenze a Eros. Dafni insulta Afrodite, quindi saluta gli animali, i boschi, la fonte Aretusa.
Chiama se stesso con termini realistici: il bovaro che pascolava le mucche.
Nella V Bucolica di Virgilio Dafni si celebra, pieno di compiacimento di se stesso: “Daphnis ego in silvis, hinc usque ad sidera notus,-formosi pecoris custos, formosior ipse” vv. 43-44).

Il Dafni di Virgilio secondo alcuni commentatori rappresenterebbe Giulio Cesare. Servio sostiene che il v. 29 allude a Cesare che introdusse a Roma le cerimonie di Bacco. Mopso canta la morte di Dafni e Menalca ne fa l’apoteosi. Dafni dall’alto dei cieli manda la pace sulla terra. I monti selvosi lanciano alle stelle voci di gioia, e con loro rupi e alberi cantano: “Deus, deus ille Menalca!” (V, 649).
Il Dafni di Teocrito invoca Pan perché venga in Sicilia dall’Arcadia a prendere la sua zampogna (suvrigga) che è il suo lascito supremo. Io oramai da Eros ej~ {Aidan e{lkomai, vengo trascinato nell’Ade. Seguono degli a[duvnata: con la morte di Dafni la natura non sarà più la stessa: il pino porti le pere, il cervo insegua le cagne e i gufi cantino a gara con gli usignoli. Non è chiaro il motivo per cui Dafni muore.

Nell'epillio Ila (XIII, esametri e dialetto dorico, con omerismi) Eracle si innamora di un fanciullo bellissimo, con i capelli a boccoli. Fu lasciato a terra, ma a piedi raggiunse la Colchide e il Fasi inospite.
Anche qui l’amore è interpretato come dolore e sciagura: “scevtlioi oiJ filevonte~, v. 66.
Eracle soffrì per il rapimento di Ila. L’impresa di Giasone divenne l’ultimo dei suoi pensieri. Sparì e gli altri eroi lo schernivano come liponauvtan disertore della nave. Qui c’è il registro epico e anche il suo sapiente abbassamento attraverso l’ironia o l’attenzione a piccole cose.

Nel X idillio, i Mietitori, c’è Milone, l’agricola bonus e Buceo che, come Orfeo nella IV Georgica, è preso da dementia.
Milone è infaticabile, mentre Buceo, innamorato da dieci giorni, è svogliato. Milone avverte Buceo che la ragazza è brutta, una locusta, ed è dai facili costumi.
Ma dice Buceo: non solo Pluto è cieco (tuflov~, cfr. Pluto di Aristofane, 90-92) bensì anche Eros, oltre essere dissennato. Milone consiglia a Buceo di alzare un canto amoroso: lavorerai meglio.
Bombica la chiamano secca e bruciata dal sole (ijscna;n aJliovkauston), ma per Buceo ha l’incarnato di miele. Cfr. Lucrezio IV 1160 nigra melǐchrus est.
Anche la viola e il giacinto sono scuri. I tuoi piedi sono astragali (ossicini).
Poi canta Milone una canzone in lode dell’agricoltura e del lavoro che evita il sonno. Esorta i mietitori a cominciare quando si sveglia l’allodola e a continuare fino a quando va a dormire, senza smettere durante l’ora canicolare (to; kau'ma).
E’ cresciuta l’importanza del mondo naturale.
Socrate, all’inizio del Fedro dice di essere filomaqhv~, uno che ama imparare: “ ta; me;n ou\n cwriva kai; ta; devndra oujde;n m j ejqevlei didavskein, oiJ d j ejn tw`/ a[stei a[nqrwpoi” (230d), il luoghi di campagna dunque e gli alberi, non vogliono insegnarmi niente, gli uomini della città, invece sì. Infatti la sua sapienza è ajnqrwpivnh sofiva ( Platone, Apologia di Socrate, 20 D)

Hegel nell’Estetica scrive che l’idillio “nel senso moderno del termine” raffigura l’uomo nella sua innocenza. Ma “fa astrazione da ogni più profondo interesse universale della vita spirituale ed etica”
Ma vivere innocentemente significa pensare solo a mangiare e bere “e anche ciò solo con cibi e bevande molto semplici, ad esempio latte di capra o di pecora, solo eccezionalmente di mucca; inoltre erbe, radici, g6hiande, frutti, formaggi, mentre il pane, credo, non è già più da considerare molto idillico; la carne invece dovrebbe essere già permessa, perché i pastori e le pastorelle idillici non vorranno sacrificare certo tutto il gregge agli dèi”.
La loro occupazione consiste nel sorvegliare, insieme al fedele cane, per tutto il santo giorno l’amato gregge, essere pii e mansueti, suonare il flauto e la zampogna oppure canticchiare qualcosa ma soprattutto amarsi reciprocamente con la massima tenerezza e innocenza. “Con tutto il sentimentalismo possibile coltivare amorevolmente sentimenti tali che non disturbino questa condizione di quiete soddisfatta”.
“I Greci invece, nelle loro raffigurazioni plastiche, ebbero un mondo più gaio: il corteggio di Bacco, satiri, fauni, che, raggruppati anodinamente intorno a un dio, si sforzano di elevare la natura animale ad una letizia umana entro una vitalità e verità interamente diverse da quella pretenziosa innocenza pia e vuota. Lo stesso nucleo di una concezione viva…è ancora riconoscibile nei bucolici greci, per es., in Teocrito…Virgilio è già più freddo nelle sue Egloghe, ma il più noioso è Gessner[1], al punto che oggi non lo legge più nessuno” Ma ha avuto un certo successo, soprattutto tra i Francesi, per “il sentimentalismo che sfuggiva il tumulto e le complicazioni della vita…e l’assenza completa di ogni vero interesse, per cui furono evitati tutti gli altri rapporti con la nostra cultura che potevano arrecare turbamento”[2].



CONTINUA


[1] Zurigo q730- 1788. Scrisse in tedesco, Idilli, usando Teocroto come modello.
[2] Hegel, Estetica, pp. 1445-1446.

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