-In Veneris compagibus haerent
(1113): l'amore come trappola che allaccia e come rete è denunciato da
Cassandra nell'Agamennone di Eschilo: "ajll j a[rku" hJ xuvneuno"" (v. 1116), ma una
rete è la compagna di letto.
-labefacta liquescunt: l'allitterazione in clausola con la liquida
rende fonicamente l'idea dello scioglimento delle membra.
"Tandem ubi se erupit nervis conlecta cupido/parva fit ardoris violenti
pausa parumper./Inde redit rabies eadem et furor ille revisit,/cum sibi quid
cupiant ipsi contingere quaerunt,/nec reperire malum id possunt quae machina
vincat:/usque adeo incerti tabescunt vulnere caeco " (IV, 1115-1120),
finalmente, quando si è lanciato fuori dai nervi il desiderio raccolto, segue
per un poco una piccola pausa dell'ardore violento. Quindi torna la medesima rabbia
e quella smania si affaccia, mentre essi stessi si chiedono che cosa bramano
raggiungere, né sono capaci di trovare quale espediente superi quel male: sino
a tal punto senza saperlo si struggono con cieca ferita.-Nervis (1115) : nervus è etimologicamente imparentato
con neu'ron e i suoi significati
vanno da "m( embro virile" (in Orazio, Epodi , 12, 19) a "carcere". Comunque l'eiaculazione è
una scarica di tensione nervosa che fornisce una parva pausa... parumper (1116).
"Le due parole (parva... parumper) etimologicamente
collegate sono poste a cornice del verso (e l'allitterazione è rinforzata da pausa, grecismo per mora)"[1].
Né sembra che ci sia gioia in questa pausa breve e malsicura.
Pare che ci sia al massimo un
"piacer figlio d'affanno" come nell'idillio di Leopardi[2].
Schopenhauer afferma esplicitamente la scarsa soddisfazione che
consegue alla scarica erotica:"Non si è notato come "illico post coitum cachinnus auditur diaboli
"? La qual cosa, detta seriamente, si fonda sul fatto che il desiderio
sessuale, soprattutto quando si concentra nell'innamoramento fissandosi su di
una donna determinata, è la quintessenza dell'imbroglio di questo nobile mondo;
perché promette così indicibilmente, infinitamente e straordinariamente molto,
e mantiene, poi, così miserabilmente poco"[3].
redit rabies... furor revisit (1117): chiasmo e allitterazione in r -. Sembra che la copula si prepari con
un digrignare di denti.
Il messaggio è che l'atto
sessuale è congiunto al dolore e all'infelicità.
Sentiamo ancora Schopenhauer:
"giustamente Platone (all'inizio della Repubblica)
stima felice la vecchiaia, in quanto infine libera dall'istinto sessuale, che
tormenta incessantemente l'uomo sino a quel momento. Si potrebbe anzi sostenere
che i molteplici e infiniti capricci provocati dall'istinto sessuale, e gli
affetti sorti da questi, mantengono nell'uomo una costante e soave follia,
sintanto che egli resta sotto l'influsso di quell'impulso o di quel diavolo, da
cui è di continuo posseduto; soltanto con la sua estinzione egli diventerebbe
quindi del tutto assennato... La causa di ciò non sta in altro se non nel fatto
che la gioventù rimane ancora sotto il dominio, o meglio il servaggio di quel
demone, che non le concede facilmente neppure un'ora libera, e al tempo stesso
è l'autore immediato e mediato di quasi tutte le sventure che colpiscono e
minacciano l'uomo: la vecchiaia ha per contro la serenità di chi si è liberato
da una catena portata per lungo tempo, e si muove ora liberamente...il vecchio è
penetrato della massima del'Ecclesiaste: "tutto è vano", e sa che tutte le noci sono vuote, per quanto esse
possano venir ricoperte d'oro"[4].
La vecchiaia per giunta "è
libertà dall'obbligo di attestare a se stessi e agli altri il proprio valore,
la propria capacità e vitalità" scrive Magris[5]
a proposito dei vecchi di Svevo i quali del resto non hanno deposto del tutto
le loro pretese sessuali.
Il biasimo del sesso invece viene
attribuito da Platone a Sofocle oramai anziano.
Il tragediografo, racconta Cefalo, interrogato
da un tale che gli chiese:"pw'"...e[cei"
pro;" tajfrodivsia; e[ti
oiJov" te ei\ gunaiki; suggivgnesqai " , come ti va nelle cose
d'amore? sei ancora capace di congiungerti con una donna?, risponde: "eujfhvmei w\ a[nqrwpe: aJsmenevstata mevntoi
aujto; ajpevfugon, w{sper luttw'ntav tina kai; a[grion despovthn ajpodrav"" (Repubblica , 329c), sta' zitto tu, infatti con grandissima gioia me
ne sono liberato, come in fuga da un padrone furente e selvaggi
Questo anatema di Sofocle viene riferita e
approvata da Catone il vecchio nel De
senectute di Cicerone :" Bene Sophocles, cum ex eo quidam iam affecto
aetate quaereret utereturne rebus veneriis:"Di meliora! inquit; libenter
vero istinc sicut ab domino agresti ac furioso profugi " (14),
opportunamente Sofocle quando, già vecchio e fiaccato dagli anni, un tale gli
chiedeva se facesse ancora del sesso, disse: dio ne scampi, volentieri invero
sono scappato di lì come da un padrone selvaggio e furioso!
Nella stessa opera del resto il piacere dei sensi
in generale viene smontato dall’autore:" impedit enim consilium voluptas, rationi inimica est, mentis, ut ita
dicam, praestringit oculos, nec habet ullum cum virtute commercium "
(12), in effetti il piacere impedisce il giudizio, è nemico della ragione,
abbaglia, per così dire, gli occhi della mente e non ha alcun rapporto con la
virtù.
Di fatto
ancora negli anni Cinquanta del Novecento la pretaglia delle parrocchie di
Pesaro diceva ai ragazzini che se uno pensava troppo alle femmine diventava
cieco, e non solo di mente. Fatto è che sono molto miope.
-quid cupiant (1218) : il desiderio di fondo è quello di generare nel bello.
Diotima,
volendo dire che cos'è l'amore tradotto in atto (to; e[rgon),
l’opera dell’amora, dà questa definizione:" e[sti ga;r tou'to tovko" ejn kalw'/ , kai; kata; to; sw'ma kai;
kata; th;n yuchvn " (Simposio , 206b), questo è generazione,
il parto-tovko"-ou oJ- nel bello sia secondo il corpo sia
secondo l'anima.
La nostra
natura infatti, precisa Diotima, desidera generare, ma generare nel brutto non
può, bensì nel bello ("tivktein
ejpiqumei' hJmw'n hj fuvsi" : tivktein de; ejn me;n aijscrw'/ ouj
duvnatai, ejn de; tw'/ kalw'/",
206c). Questo è il vero motivo del cupere
. Infatti tutti i tentativi di svalutare l'atto sessuale non resistono a questa
obiezione di C. Pavese: "Se il chiavare non fosse la cosa più
importante della vita, la
Genesi non comincerebbe di lì"[6].
Abbiamo già
detto del tentativo di sottrarre la creazione della vita all'accoppiamento tra
il maschio e la femmina. Succede quando non è possibile unirsi nel bello e si
copula nel brutto, in maniera non creativa ma distruttiva, tanto che
"l'amore divino si trasforma in lussuria, l'abbraccio in una spaventevole,
digrignante chiavata"[7].
machina (1119) : è un altro grecismo ( mhcanhv)
L'uomo erotico in effetti deve essere come
Odisseo polumhvcano", poiché la sessualità è centrale nella
vita:" Ulisse è l'eroe polùmetis
(scaltro) come è polùtropos (versatile)
e poluméchanos nel senso che non
manca mai di espediento, di pòroi ,
per trarsi d'impaccio in ogni genere di difficoltà, aporìa ... La varietà, il cambiamento della metis, sottolineano la
sua parentela con il mondo multiplo, diviso, ondeggiante dove essa è immersa
per esercitare la sua azione. E' questa complicità con il reale che assicura la
sua efficacia"[8].
Aggiungo che
la metis è necessaria anche nello sport: è lo strumento con cui Polluce
prevale sulla forza bruta di Amico, il re dei Bebrici che lo aveva sfidato
nella gara di pugilato: Polluce schivava gli assalti dello sfidante bestiale e
grazie all'intelligenza (dia; mh'tin
[9]) restava sempre incolume.
CONTINUA
[1]G.
B. Conte, op. e p. citate sopra.
[2]La quiete dopo la tempesta, v. 32.
[3]Parerga e paralipomena, Tomo II, p. 414.
[4]Parerga e paralipomena , Tomo II, p. 665
ss.
[5]L'anello di Clarisse , p. 198.
[6]Il mestiere di vivere , 25 dicembre,
1937.
[7]W.
Reich, L'assassinio di Cristo , p.
66.
[9]
Apollonio Rodio, Argonautiche, II, 75.
Giovanna Tocco
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