Lysippe, Eros incorda l'arco, IV sec. AC |
Procediamo nel IV libro del De
rerum natura dove troiamo un'antologia di tutti i tovpoi negativi su Eros: dall' amore follia, all'amore
possesso, all'amore bruciore, all'amore guerra e ferita:" Etenim potiundi tempore in ipso/fluctuat
incertis erroribus ardor amantum/nec constat quid primum oculis manibusque
fruantur./Quod petiere, premunt arte faciuntque dolorem/corporis et dentis
inlidunt saepe labellis/osculaque afligunt, quia non est pura voluptas/et
stimuli subsunt qui instigant laedere id ipsum/quodcumque est, rabies unde
illaec germina surgunt " (vv.1076- 1083), In effetti, nel momento
stesso del possedere, fluttua tra ondeggiamenti incerti l'ardore degli amanti
né sanno di che cosa prima godere con gli occhi e le mani. Ciò cui hanno
aspirato premono stretto e provocano dolore al corpo e spesso affondano i denti
nelle labbra e infliggono baci, poiché non è puro il piacere e ci sono sotto
dei pungoli che stimolano a ferire quello stesso oggetto, qualunque esso sia da
dove sorgono quei germi di furia.
In potiundi (genitivo del gerundio di potior, arcaico per potiendi)
c'è quella negativa volontà di possesso che inquina l'amore il quale nella
forma sana è desiderio di vedere il potenziamento, non la sottomissione
dell'amato.
L' eros positivo "si
fonda sempre su certi elementi comuni a tutte le forme d'amore. Questi sono: la
premura, la responsabilità, il rispetto e
la conoscenza ...Amore è interesse
attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo… Cura e interesse implicano
un altro aspetto dell'amore: quello della responsabilità...la mia risposta al
bisogno espresso o inespresso di un altro essere umano. Essere
"responsabile" significa essere pronti e capaci di
"rispondere". Giona non si sentiva responsabile degli abitanti di
Ninive. Egli, come Caino, poteva domandare:"Sono il custode di mio
fratello?". La persona che ama risponde. La vita di suo fratello non è
solo affare di suo fratello, ma suo"[1].-
- fluctuat incertis erroribus ardor amantum (v.
1077): il poeta applica agli amanti in genere la metafora nautica con la
quale diversi autori greci raffigurano la città che, sconvolta dalla guerra
civile, è come una nave travagliata dai flutti. E' uno dei tovpoi letterai più diffusi nella
letteratura europea[2].
Cacciari vede l'antitesi di questo
fluttuare della polis degli uomini nella stabilità della casa e della famiglia
voluta dalle donne.
"La commedia di Aristofane ha
gettato uno sguardo profondo sul carattere, tragico, di tale relazione.
Arduo è per le donne l'"éxodos", l'uscir-fuori (Lisistrata -del 411- , 16), il loro luogo è
"dentro" (510, 517).
Se si decidono finalmente ad
'uscire' è per convincere la polis all'ordine dell'interno'. E cioè per fare di
essa un oikos-anzi non solo della polis, ma dell'intera Ellade. "Ma voi
come pensate di far cessare tutta questa confusione, di risolvere questi
affari?", chiede a Lisistrata il probulo. Semplicemente trattando le cose
della polis come la nostra lana, risponde la donna, tendendola, sbrogliandola.
E Prassagora nelle Ecclesiazuse:"Voglio fare della città una casa sola (mivan oi[khsin), abbattendo tutti i muri,
così che si possa andare dall'una all'altra" (Ecclesiazuse -del
392-, 673-674). Gli uomini fanno la guerra, dilapidano, pensano a
prendere e basta, inseguono cariche, chiacchierano insopportabilmente
nell'agorà. Impossibile pace finché comanderanno le loro leggi. La polis, anche
quando le cose funzionano, non sta bene "se non escogita qualche novità (ti kainovn)" (Ecclesiazuse,
218-220); l'ordine dell'oikos, invece, è totalmente estraneo a tentativi ed
esperimenti (koujci;
metapeirwmevna"-i[doi" a]n aujtav"[3],
217-218).
Finché esisteranno remi e triremi, e
finché vi sarà denaro per armarle, non vi sarà tranquillità dice la spartana
Lampitò (Lisistrata,
172-174); finché lo Stato sarà una nave, vivrà agitato come Ulisse "kuvmasi kai; polevmw/"[4].
Le donne di Aristofane lo sanno come lo sa la tragedia"[5].
"Ardor amantum è clausola allitterante dopo la dieresi bucolica. Al
v. 1078 (quid...fruantur ) la
costruzione di fruor con l'accusativo
(invece dell'ablativo) è arcaica (si trova, per esempio, in Catone il Vecchio e
in Terenzio)"[6].
Si può forse aggiungere che quando l'ardor è potente come quello di
Leandro, viene spento dall'ondeggiare del flutto non prima della vita
dell'amante. Il verbo fruor rende non
solo l'idea del godimento ma anche quella dell'uso. Arte con la -e lunga è avverbio da artus -a-um.- Dentis (=dentes)… inlidunt labellis al v. 1080, fa riferimento ai
morsi d'amore che gli amanti si scambiano (le molles morsiunculae , "morsettini" sui teneri labelli di Plauto, Pseudolus , v. 67; cfr. Catullo, carme
8, v. 18: Quem basiabis? cui labella
mordebis? ); ma qui la scelta del verbo inlidere
(da in+laedo ; il verbo semplice
torna al v. 1082) sottolinea la violenza irrazionale dell'atto, e labellis serve proprio a rilevare il
contrasto fra la situazione amorosa (cui il diminutivo affettivo è funzionale)
e l'impulso violento che spinge, invece, a far male"[7].
Questo mordere e il successivo adfligunt (lezione
di O concorrente con afigunt
di Q) rendono l'idea dell'ostilità
degli amanti intrecciati da tale voluptas
non pura. Il mordere durante la copula erotica corrisponde alla volontà di
impossessarsi di qualcosa dell'altro, all'amare wJ"
luvkoi a[rna" ajgapw'sin (Fedro
, 241d) s'è detto. Già nell'inno a Venere del proemio ci sono avvisaglie della
violenza dell'amore dove gli uccelli del cielo sono "perculsae corda
tua vi" (I, 13), colpite (da percello) nel cuore (corda
è accusativo di relazione) dalla tua forza. Ma lì si tratta appunto di aeriae…volucres
(I, 12). "Nell'uomo (per ora assente nel proemio) all'istinto naturale
dell'accoppiamento s'unisce perniciosamente la passione psicologica, il che non
avviene negli animali"[8].
Secondo Lucrezio ogni forma di eros che non
sia controllato dalla ratio è malsana
e contaminata dalla violenza, dal dolore, dall'angoscia. "Rabies è una forma alternativa di
genitivo per rabiei; la passione
erotica è vista espressamente come rabies
o furor (v. 1117). Rabida è detto talora della libido (specie femminile)"[9]
. "In più occasioni Lucrezio consegue effetti di alta espressività e di
vero e proprio espressionismo incentrato sulla violenza e ostilità dei due
sessi"[10].
Procediamo con la lettura del
poema di Lucrezio:"Sed leviter
poenas frangit Venus inter amorem/blandaque refrenat morsus admixta
voluptas./Namque in eo spes est, unde est ardoris origo,/restingui quoque posse
ab eodem corpore flammam./ Quod fieri contra totum natura repugnat;/unaque res
haec est, cuius quam plurima habemus,/tam magis ardescit dira cuppedine pectus./
Nam cibus atque umor membris assumitur intus;/quae quoniam certas possunt
obsidere partis, /hoc facile expletur laticum frugumque cupido " (IV,
1084-1093), ma un poco spezza i tormenti Venere in mezzo all'amore e il piacere
carezzevole, pur mescolato, doma i morsi. Infatti in questo si spera, che da
dove scaturisce l'ardore, dal medesimo corpo possa anche spengersi la fiamma.
Ma la natura ribatte che avviene tutto il contrario, e questa è la sola cosa di
cui, quanto più ne abbiamo, tanto più il petto arde di una brama tremenda.
Infatti il cibo e i liquidi vengono assunti dentro le membra dal momento che
essi possono occupare determinate parti, perciò facilmente si sazia la brama di
liquidi e cibo.
Da frangit si vede
che anche il carezzevole alleviamento dei tormenti è traumatico siccome la voluptas è admixta, quia non est pura (v. 1081) non è integrale ma è
mischiata di dolore.
CONTINUA
[1]E.
Fromm, L'arte d'amare , p. 43.
[2]Per
una spiegazione e breve rassegna di tale metafora e allegoria vedi il mio
commento all' Antigone , Loffredo
2001, pp. 62-63.
[3]
Non potresti vederne una che tenti qualche novità, sostiene Prassagora. Subito
prima aveva usato la metafora nautica:"to;
de; koinovn w{sper Ai[simo" kulivndetai" (Ecclesiazuse,
v. 208), lo Stato invece beccheggia , come Esimo. Questo era probabilmente uno
zoppo in vista.
[4]
Tra le onde e la guerra.
[5]
L'arcipelago, p. 41.
[6]G.
B. Conte, Scriptorium Classicum , 5,
p. 51.
[7]G.
B. Conte, Scriptorium Classicum , 5, p.
52.
[8]
Conte, Scriptorium classicum 5, p. 16.
[9]G.
B. Conte, Scriptorium Classicum , 5,
p. 52
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