Anton Cechov |
- nequiquam (1133): la parola lunga e pesante, in
posizione enfatica, inficia l'accumulo di cose ammucchiate ed esibite.
- amari: "la paronomasia-come ai vv.
1054 e 1056 riduceva l'amor a pura
manifestazione fisiologica (umorem)-
qui lo riduce a semplice sofferenza interiore (amari)"[1].
"aut cum conscius ipse animus se forte
remordet/desidiose agere aetatem lustrisque perire... " (vv.
1135-1136), o perché l'animo senza volere si tormenta da solo rendendosi conto
di passare la vita senza far nulla e di esaurirsi nella crapula...
- forte: il tormento viene addosso
"per caso" nel senso che quando agiamo in maniera distruttiva e
contraria alla vita in generale, o, nella fattispecie, al mos maiorum, cerchiamo di respingere la pena, ma questa, sempre
viva, ci vola addosso. Per l'immagine mutuata cfr. Edipo re, vv. 481-482
- desidiose (1136) Cfr. gli occupati otiosi del De brevitate vitae di Seneca: sibi
ipsi molesti sunt: quorum non otiosa vita dicenda est srd desidiosa occupatio
(12, 2), sono molesti a se stessi, quelli la cui vita non è libera da
occupazioni ma una occupazione inoperosa.
Non habent
isti otium sed iners negotium, costoro non hanno tempo libero da occupazioni ma
un affaccendarsi inutile (12, 4).
Uno di questi
portato a braccia fuori dal bagno e posto su una portantina, disse: iam sedeo? (12, 7) sono già seduto
il loro passatempo è una desidiosa occupatio, una occupazione inoperosa, un iners negotium un affaccendarsi inutile.
Costoro sibi ipsi molesti sunt.
"aut quod in ambiguo verbum iaculata reliquit/quod
cupido adfixum cordi vivescit ut ignis, aut nimium iactare oculos aliumve
tueri/quod putat in vultuque videt vestigia risus " (vv. 1137-1140), o
perché ella, scagliata una parola in parte incerta, ha lasciato qualcosa che,
conficcata nel cuore bramoso, fiammeggia viva come fuoco, o perché egli pensa
che lei lanci troppe occhiate e miri a un altro e vede nel volto il riflesso di
un sorriso.
- aut: altra spiegazione di questa
eziologia del dolore.
- in ambiguo=in ambiguum. Ambiguus
è formato da amb- e ago:" che inclina in due direzioni,
malfermo".
Abbiamo visto che Pirandello estende questa
ambiguità a ogni comunicazione verbale[2]
- iaculata (da iaculor; iaculum è il
giavellotto): la parola della donna amata, se non è del tutto benevola, diventa
un’arma.
Sentiamo di
nuovo Leopardi in Aspasia: "Narra che prima,/e spero
ultima certo, il ciglio mio/supplichevol vedesti, a te dinanzi/me timido,
tremante (ardo in ridirlo/di sdegno e di rossor), me di me privo,/ogni tua
voglia, ogni parola, ogni atto/spiar sommessamente, a' tuoi superbi/fastidi
impallidir, brillare in volto/ad un segno cortese, ad ogni sguardo/mutar forma
e color" (vv. 92-101).
adfixum... ignis (1138) : la ferita e la fiamma sono
messe insieme perché si potenzino a vicenda nel rappresentare la pena d'amore.-iactare oculos : il verbo iacto, etimologicamente imparentato con iaculor , lancio, iaculum, giavellotto, e iactura, il gettare nel mare, la perdita, il danno, rende l'idea del
lancio dannoso: in questo caso di un'arma a doppio taglio che lusinga
l'occhieggiato e ferisce l'amante.-in vultuque
videt vestigia (1140): la triplice allitterazione in v- sembra rendere fonicamente il rimuginare sofferente del geloso.
"Atque in amore mala haec proprio summeque
secundo/inveniuntur; in adverso vero atque inopi sunt,/prendere quae possis
oculorum lumine operto,/innumerabilia; ut melius vigilare sit ante,/qua docui
ratione, cavereque ne inliciaris " (vv. 1141-1145), e questi mali si
trovano in un amore conquistato e corrisposto al massimo, ma in uno non
contraccambiato e per il quale non si ha la forza, ce ne sono innumerevoli che
puoi afferrare a occhi chiusi; sicché è meglio mettersi in guardia prima,
secondo il metodo che ho insegnato, e stare attento a non essere adescato.-inopi : per conquistare l'amore come per
vincere guerre o gare ci vogliono mezzi (opes
) che possono variare dalla bellezza, alla ricchezza, al potere, al genio,
poiché l'amore, soprattutto quello delle donne, nasce dall'ammirazione.
"Farsi
amare per pietà, quando l'amore nasce solo dall'ammirazione, è un'idea molto
degna di pietà"[3].
Nelle Troiane di Euripide, Elena, secondo
Ecuba, fu attirata dallo splendore di Paride: sia quello della bellezza, sia
quello delle ricchezze che portava con sé e che possedeva a Troia dove l'oro
scorreva a fiumi. L'adultera, lasciata Sparta, sperava di sommergere nelle
spese la città dei Frigi, poiché non le bastavano i palazzi di Menelao per
trasmodare nel lusso (vv. 994-995).
Quanto al suo
parteggiare per i Troiani o per i Greci durante la guerra, la bellissima stava
sempre dalla parte del vincitore: se prevaleva Menelao, lo esaltava per
umiliare Paride, se avevano successo i Troiani, lo spartano non era più nulla
("oujde;n h\n o{de", v. 1007). La figlia di Zeus
insomma seguiva la fortuna, non la virtù. In effetti non solo l'adultera di
Sparta ma le femmine, umane e no, in genere hanno senso pratico e stanno sempre
dalla parte di chi ha i mezzi per vincere. "Le donne non perdonano
l'insuccesso", dice bene Kostantin, il ragazzo suicida de Il gabbiano [4] di Cechov: "Se una donna non tradisce, è perché non le
conviene" sostiene Pavese[5]. Inoltre: "Le puttane battono a
soldi. Ma quale donna si dà altro che a ragion veduta?"[6].
ut : conclusivo.
-inliciaris
: verbo formato da in +lacio (attiro, irretisco).
Per non
lasciarsi sedurre bisognerebbe mangiare soltanto l'esca, senza essere mai
presi, come suggerisce Kierkegaard. Prima di innamorarci di una donna dovremmo
guardare, oltre che al suo aspetto, importantissimo per carità, anche alla sua
moralità, alla sua educazione, alle sue abitudini. Abbiamo già detto di Swann
che, adescato, non vede l'insufficienza dell'educazione di Odette.
"Nam vitare,
plagas in amoris ne iaciamur,/non ita difficile est quam captum retibus
ipsis/exire et validos Veneris perrumpere nodos " (1146-1148), infatti
evitare di gettarsi nelle reti d'amore, non è così difficile come una volta
incappato nei lacci stessi uscirne e spezzare a forza i robusti nodi di
Venere.-plagas ... retibus ... nodos : l'amore ancora una volta[7]
che imbriglia, allaccia, inceppa.
Ma si tratta sempre di amori sbagliati, anzi di rapporti
malevoli che tendono appunto a depotenziare e sottomettere. Come questo
descritto da Pavese:"Quale mezzo migliore per una donna che vuole
fottere un uomo, se non portarlo in un ambiente non suo, vestirlo in un modo
ridicolo, esporlo a cose di cui è inesperto, e-quanto a lei-avere nel frattempo
altro da fare, magari quelle cose stesse che l'uomo non sa fare? Non solo lo si
fotte davanti al mondo, ma-importante per una donna che è l'animale più
ragionevole che esista-ci si convince che va fottuto, si conserva la buona
coscienza"[8].
Tale pessimismo nei confronti dell'amore e delle donne certamente non è
estraneo al suicidio di tali autori.
CONTINUA
[1]I.
Dionigi, La Natura Delle Cose , p. 413.
[2]Sei personaggi in cerca d'autore (parte
prima).
[3]
C. Pavese, Il mestiere di vivere, 10 marzo 1938.
[4]Atto
secondo. Cechov è vissuto tra il 1860 e il 1904. Il gabbiano è del 1895.
[5]Il
mestiere di vivere , 31
ottobre 1938.
[6]Il mestiere di vivere , 17 gennaio 1938.
[7]
Cfr. il già citato Agamennone di Eschilo, v. 1116.
[8]C.
Pavese, Il mestiere di vivere , 26
aprile, 1936.
Giovanna Tocco
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