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L'importanza
di un matrimonio felice o almeno non troppo infelice.
Ettore
e Andromaca nel VI dell'Iliade (vv. 429-432; 440-455) Odisseo e Nausicaa
nel VI dell'Odissea (vv. 180-185).
Odisseo,
il suo non dimenticare il ritorno (mh; laqevsqai) da Penelope.
Amore
volgare e Amore celeste in Platone. Tiziano: amor sacro e amor profano. La
trasfusione delle anime. L'intesa è il
principio vitale del matrimonio. La potenza di una coppia solidale.
Ovidio e Leopardi.
Primi accenni alla Medea di Euripide. L'Ulisse
di Joyce: amore, matrimonio e adulterio. L'attrattiva degli occhi: Leopardi,
Dante, Petrarca e altri.
L'indulgenza nei confronti dell'adultera: Joyce, la Yourcenar , Saffo,
Carisio di Menandro e Cristo nel Vangelo di Giovanni.
Condanne
dell'adulterio: Teocrito. Callimaco e Catullo: la chioma di Berenice. La
polvere come brutto segno. Con Catullo l'amore diventa servitium
dell'uomo alla domina. Virgilio e Orazio tentano di assecondare le
diverse leggi di Augusto contro l'adulterio. Queste verranno eluse. L'ipocrisia
del despota. W. Reich e la Psicologia
di massa del fascismo. 1984 e la Jiulia di Orwell. La repressione sessuale,
l'adorazione dei capi e il consumismo.
Donne
dell’Iliade e dell’Odissea
I
nuclei dell'Iliade e dell'Odissea risalgono, nella prima
composizione e trasmissione orale, alla cosiddetta età oscura, seguìta
all'invasione dorica che, poco dopo il 1200 a . . , abbatté la potenza della civiltà
micenea. Nell'ottavo secolo visse Omero al quale tradizionalmente si
attribuisce la più antica redazione scritta dei poemi epici la cui
comunicazione in ogni caso continuò a lungo ad essere orale[1].
Nel
corso dei secoli successivi questi Libri o Bibbie che costituiscono "le
fondamenta vere e proprie della coscienza"[2]
dei Greci prenderanno la forma definitiva che ora leggiamo.
La
lingua usata da Omero è mista, artificiale e fortemente stilizzata (Kunstsprache), e quindi presenta forme,
talora oltretutto modificate dalla necessità metrica, di vari dialetti: accanto
allo ionico predominante, e più recente, sussistono vocaboli arcado-ciprioti,
che sarebbero derivati dal miceneo in quanto riconosciute nelle tavolette in
Lineare B decifrate da Ventris e Chadwick nel 1952, inoltre parole eoliche, e
infine alcuni atticismi dovuti alla redazione ateniese pisistratea.
Le
donne omeriche più significative, secondo l'ottica del nostro percorso, sono
Andromaca, Elena, Nausicaa e Penelope.
La
moglie di Ettore significa la sposa innamorata, bisognosa del marito e a lui
assolutamente devota: nel VI canto dell'Iliade
dichiara il suo amore all'eroe troiano, dicendogli che per lei rappresenta
tutti gli affetti e pregandolo di non esporsi troppo nella guerra
sterminatrice:
vv.
429-432
testo greco.
“Ektor ¢t¦r sÚ mo… ™ssi pat¾r kaˆ pÒtnia m»thr
ºd kas…gnhtoj, sÝ dš moi qalerÕj parako…thj·
¢ll'
¥ge nàn ™lšaire kaˆ aÙtoà m…mn' ™pˆ pÚrgJ,
m¾ pa‹d'
ÑrfanikÕn q»Vj c»rhn te guna‹ka·
"Ettore,
tu per me sei il padre e la veneranda madre/e anche il fratello, tu sei pure il
mio sposo fiorente;/allora, ti prego, abbi compassione e rimani qui sulla
torre,/non rendere il figlio orfano e vedova la sposa" (vv. 429-432). -ejssi: forma
eolica = ei\.-povtnia: è il
corrrispondente maschile di povsi", "sposo". Dalla radice
indoeuropea *potis si forma anche il
latino potis, e, "che può",
"potente".
-parakoivth": formato
da parav e koivth, letto.
Vedremo che questo è il mobile fondamentale nel nostro percorso.
Tra
Odisseo e Penelope che non si vedevano da venti anni il segno certo, evidente (shvmat j ajrifradeva, Odissea, XXIII, 225) di riconoscimento
non è, come con Euriclea quello della cicatrice, ma quello del letto comune
agli sposi (eujnh'"
hJmetevrh",
del letto nostro, dice Penelope a Odisseo, v. 226).
Vedremo
meglio più avanti l'importanza del letto che del resto è bivalente: in alcune
tragedie (p. e. nell'Alcesti e nella Medea di Euripide) costituisce appunto
"il mobile più importante"[3]
della casa;
mentre nell'Agamennone di Eschilo significa il luogo di un agguato:" ma
una rete è la compagna di letto (ajll j a[[rku" hJ xuvneuno" ), la
complice/dell'assassinio" vv. 1116-1117). In questo caso il letto (eujnhv) diviene
una trappola e la moglie (xuvneuno" è appunto formato da suvn ed eujnhv) è
quella che la tende.
Anche
sposa dunque ha una doppia valenza.
In greco si può dire a[loco" : nello
stesso canto dell'Iliade Andromaca è a[loco"
poluvdwro"
(VI, 394) la sposa dai molti doni, fatti del resto da Ettore, il quale la portò
via dalla casa di Eezione dopo che ebbe dato "muvria e{dna"
(XXII, 472), infiniti regali di nozze.
L'uso
che sia il marito a portare la dote alla sposa risulta da vari passi dell'Odissea (p. e. VIII 318, XI 282, XV 16
sgg).
Ebbene
il sostantivo femminile a[loco" è formato da aj-copulativo
+ levco" ,
"letto", derivato dalla radice lec-loc- che dà luogo anche a lovco" , "imboscata".
Quindi si tratta di un termine dal doppio senso.
In
Andromaca prevale quello dell'accoglienza e della protezione, offerta e
richiesta. Altrettanto in Alcesti.
Il contrario, ovviamente in Clitennestra.
Torniamo
a povtnia. L' idea
di potenza contenuta dall'epiteto che accompagna le dee o anche, come qui, le
madri, può risalire a una precedente epoca matriarcale ipotizzata da Bachofen[4]
in maniera talora fantasiosa. Che la figura femminile sia stata predominante in
una fase della storia del resto "non è inconcepibile se si pensa alla
corrispondenza tra il gr. gunhv 'donna' e l'ingl. queen 'regina'[5].
Vedremo che Andromaca sarà, in due tragedie di Euripide[6],
il tipo della moglie casalinga, silenziosa, sottomessa; è piuttosto nel poema
omerico più recente che si possono trovare residui di matriarcato.
Qualche
cosa della non bassa condizione della donna nell'Odissea si vede già alla fine del primo canto quando, scesa la
sera, i proci tornarono a dormire nelle loro case e pure Telemaco andò a letto,
accompagnato dalla saggia Euriclea che Laerte aveva comprato molto tempo prima,
ancora giovanissima per venti buoi, pertanto doveva essere stata anche
bellissima, e l'aveva onorata come una sposa, però non si era mai unito a lei
nel letto, ed evitava l'ira della moglie:"eujnh'/ d j ou[ pot& e[mikto, covlon d&
ajleveine gunaikov"" (I, 433).
Nell'Iliade
in effetti Amintore, il genitore di Fenice, dovette pagare caro il tradimento
inflitto alla sposa che gli mise contro il figlio spingendolo a diventare
amante dell'amante del padre il quale poi lo maledì (IX, vv. 450 e sgg.).
Torniamo
al VI canto e vediamo la posizione del marito buono. Seguono sette esametri
(433-439) che il filologo alessandrino Aristarco[7]
espungeva come spuri. Quindi abbiamo la risposta di Ettore.
Testo Greco vv. 440-455.
T¾n d'
aâte prosšeipe mšgaj koruqa…oloj “Ektwr·
à kaˆ ™moˆ t£de p£nta mšlei gÚnai· ¢ll¦ m£l' a„nîj
a„dšomai Trîaj kaˆ TrJ£daj ˜lkesipšplouj,
a‡ ke kakÕj ìj nÒsfin ¢lusk£zw polšmoio·
oÙdš me qumÕj ¥nwgen, ™peˆ m£qon œmmenai ™sqlÕj
a„eˆ kaˆ prètoisi met¦ Trèessi m£cesqai
¢rnÚmenoj patrÒj te mšga klšoj ºd' ™mÕn aÙtoà.
eâ g¦r ™gë tÒde oda kat¦ fršna kaˆ kat¦ qumÒn·
œssetai Ãmar Ót' ¥n pot'
ÑlèlV ”Ilioj ƒr¾
kaˆ Pr…amoj kaˆ laÕj ™ãmmel…w Pri£moio.
¢ll'
oÜ moi Trèwn tÒsson mšlei ¥lgoj Ñp…ssw,
oÜt'
aÙtÁj `Ek£bhj oÜte Pri£moio ¥naktoj
oÜte kasign»twn, o† ken polšej te kaˆ ™sqloˆ
™n kon…Vsi pšsoien Øp' ¢ndr£si dusmenšessin,
Ósson seà,
Óte kšn tij 'Acaiîn calkocitènwn
dakruÒessan ¥ghtai ™leÚqeron Ãmar ¢poÚraj·
A
lei allora rispose Ettore grande, agitatore dell'elmo: 440
"certo
anche a me tutto questo sta a cuore, donna; ma davvero terribilmente/441
mi
vergogno di Troiani e Troiane dal lungo strascico, 442
se
come un vile fuggo lontano dalla guerra; 443
né
il cuore mi esorta, poiché ho imparato a essere generoso 444
sempre
e a combattere con i primi Troiani, 445
cercando
di conservare la grande gloria del padre e la mia stessa. 446
Io
infatti so bene questo nell'anima e nel cuore: 447
giorno
verrà quando la sacra Ilio verrà annientata 448
e
Priamo e il popolo di Priamo dalla buona lancia.
Ma
non tanto dolore mi accora per il futuro dei Troiani
né
della stessa Ecuba, né di Priamo sovrano 451
né
dei fratelli, che molti e generosi
cadranno
nella polvere buttati giù dai nemici, 453
quanto
per te, quando uno degli Achei dalla corazza di bronzo 454
ti
trascinerà piangente, togliendoti libero giorno.
CONTINUA
[1] Per la genesi e la storia dei
poemi omerici vedi la parte introduttiva (pp. 9-47) della mia antologia Ulisse, il figlio, le donne, i viaggi, gli
amori, Loffredo, Napoli, 200.
[2] Hegel, Estetica, p. 1381.
[3] J. Kott, Mangiare Dio, trad. it. Edizioni Il Formichiere, Milano, 1977, p.
120.
[4] J. J. Bachofen, Il potere femminile, trad. it., Il
Saggiatore, Milano, 1977.
J.
J. Bachofen, Le madri e la virilità
olimpica, trad. it. Edizioni Due C. Roma, 1975.
[5] E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee,
trad. it. Einaudi, Torino, 1976., p. 15.
[6] Andromaca e Troiane.
[7] Di Samotracia (215-144
ca.) convinto dell'origine ateniese di Omero, tendeva ad atticizzare il testo e
si oppose ai separatisti attribuendo l'Iliade
alla gioventù del poeta e l'Odissea alla
sua vecchiaia. Aristarco corredò la sua edizione critica di segni marginali che
completano quelli già usati dai curatori precedenti. Tra questi segni
"diacritici", che si trovano in un codice della biblioteca Marciana
di Venezia, "un manoscritto pergamenaceo del decimo secolo, e dei più
importanti della tradizione medievale di Omero" (C. Del Grande, Storia della Letteratura Greca , p. 45,)
segnalo, per curiosità e anche perché, data la loro evidenza, si possono
ricordare, l'ojbelov", lo spiedo, ossia
un trattino, che "infilzava" il verso spurio; l' ajsterivsko" , la stelluccia,
che segnalava un verso ripetuto; e l'ojbelov" met& ajsterivskou , lo spiedo con
stelluccia davanti a ripetizione abusiva. Come gli altri filologi alessandrini
Aristarco era fautore dell'analogia, la quale vuole individuare norme e regole
nell'uso della lingua; inoltre asseriva che bisognava spiegare Omero con Omero
(" JvOmhron
ejx JOmhvrou safhnivzein",
cfr. Schol. B a Z 201).
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