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domenica 15 aprile 2018

La Commedia antica. Aristofane: "I Cavalieri". Parte 1

"I cavalieri", regia di Mario Perrotta


I Cavalieri (425 a. C.)

Aristofane visse tra il 450 e il 385, sempre ad Atene. La sua prima commedia, i Banchettanti, fu rappresentata nel 427. Ne scrisse 40. Ne rimangono 11 Acarnesi (425), Cavalieri (424), Nuvole, Vespe, Pace (421), Uccelli (414), Tesmoforiazuse (411), Lisistrata (411), Rane (405), Ecclesiazuse (392), Pluto (388).
Pirandello Saggio su l’Umorismo. L’uomo che cerca di ribellarsi invano al suo destino è come la lumaca che “gettata nel fuoco sfrigola e pare ridere, invece muore”. Così Atene muore nell’amara risatadi Aristofane.
24 coreuti
Negli Acarnesi Aristofane immagina che la guerra fosse stata provocata dal ratto di tre prostitute. Quasi una parodia del proemio delle Storie di Erodoto il quale riferisce che i dotti persiani facevano rialire l’ostilità tra Greci e Barbari ai rapimenti di 4 donne: Io di Argo (dai Fenici), Europa fenicia dai Greci, Medea della Colchide dai Greci, Elena dai Troiani.
Aristotele nella Politica scrive di un doppio pubblico di spettatori: quelli colti e quelli grossolani, meccanici vili, teti, gentaglia (Politica 1342 a)
Lo rileva anche Aristofane nelle Ecclesiazuse (1155-1156)
Elementi compositivi
Prologo; Parodo, Agone epirrematico, Parabasi, Esodo. Nella Parabasi spesso il corifeo è portavoce dell’autore. Nelle Ecclesiazuse (392) e nel Pluto (388) la parabasi è assente.
I Cavalieri rappresentato alle Lenee del 424 è la prima commedia della quale Aristofane fu anche regista. Prima lo era stato Callistrato i Banchettanti del 427 i Babilonesi del 426, gli Acarnesi del 425.
I Banchettanti probabilmente contenevano già un attacco a Cleone
Nella parabasi delle Vespe, Il coro dice al pubblico che Aristofane non ha reso mezzane le sue muse e non se l’è presa con gente dappoco ma con i più potenti con impeto degno di Eracle che attaccò mostri immani (1030).
 L’autore si è messo subito a lottare proprio con lo zannuto (xusta;ς tw̃/ karcarovdonti, 1031). E’ Cleone che ha la voce di un torrente rovinoso e fetore di foca e coglioni immondi di Lamia[1] e culo di cammello (prwkto;n de; kamhvlou, 1035)
I Babilonesi affrontavano il tema scottante del rapporto tra Atene e le città alleate-suddite. Probabilmente aristofane faceva qualche riferimento al brutale intervento di Cleone a proposito della ribellione di Mitilene nell’assemblea dell’estate del 427.
Cleone dopo la rappresentazione intentò un processo contro Aristofane come sappiamo dagli Acarnesi rappresenti alle Lenee del 425 (vv. 377-382) “Cleone mi trascinò davanti al Consiglio e mi calunniava (dievballe) e usava la lingua per dire menzogne (kai; yeudh' kateglwvttizev mou, 379) e urlava come il torrente Cicloboro, un diluvio. E oramai morivo sotto la melma dei suoi imbrogli. Ora che siamo alle Lenèe prosegue Diceopoli, Cleone non potrà calunniarmi dicendo che infamo la città davanti afli stranieri. Siamo solo noi: l’agone è qu. I ello lenaico e gli stranieri non ci sono. Io sono un mendico ma parlerò della città e dirò cose terribili ma giuste ejgw; de; levxw deina; mevn, divkaia dev (501). La figura di Diceopoli è autobiografica e dichiara guerra alla guerra
Alle Lenèe del 424 Aristofane presentò i Cavalieri e ottenne il primo premio. Nell’estate del 425 c’era stato l’episodio di Sfacteria con la cattura di 120 Spartiati da parte di Cleone. E’ questo il filo rosso dei Cavalieri scritti dunque tra fine agosto del 425 e inizi gennaio del 424
Il coro è formato dai cavallieri ateniesi, ostili al regime ma fedeli alla madre polis, e pronti a sacrificarsi per lei
I personaggi sono Demo un vecchio che sembra rimbecillito e plagiato da Paflagone ma poi si fa furbo, una specie di finto pazzo, personificazione del popolo di Atene. Sotto la maschera di Paflagone gli spettatori riconoscevano il demagogo Cleone.
Si può etimologizzare con il verbo paflavzw (mi agito). Al v. 919 il salcicciaio dice di Paflagone ajnh;r paflavzei.
Nella Pace (del 421), Trigeo, il contadino bramoso di pace, dice al Coro di contadini state attenti che Cleone quel Cerbero là sotto paflavzwn kai; kekragwv", agitandosi e urlando, come quando era qui, non ci sia d’impaccio a tirare fuori la dea, la Pace imprigionata da Polemo in un antro.
 Cleone era morto nel 422, al pari dello spartano Brasida, l’altro pestello dell Grecia (v. 259-288)
 Paflagone è un bursopwvlh" un cuoiaio (buvrsa è pelle conciata, cuoio) che divora i beni comuni. Il suo nome rivela l’origine barbara e servile (oriundo dalla Paflagonia nel nord dell’Asia minore). Ma il liberto ha acquistato grande potenza (come quelli dell’imperatore scimunito Claudio 41-54) e i
Due servi anonimi di Demo (I e II servo che il pubblico identificava negli strateghi Demostene e Nicia) hanno saputo da un oracolo che come alleato contro Paflagone devono chiamare Agoracrito, un salcicciaio ajllantopwvlhn-ajlla'"-anto" oJ salsiccia e sanguinaccio, insigne per malvagità. I cavalieri saranno contro di lui. L’agone si svolge tra questi due ignobili. Agoracrito prevale poi fa bollire Demo ringiovanendolo (cfr. Medea e Pelis). Cleone viene malamente esautorato. L’Argomento I finisce così: “To; de; dra'ma twn' a[gan kalw'" pepoihmevnwn
Agoracrito ha il sopravvento solo perché è più canaglia dell’altro. Pirandello L’umorismo: “Aristofane non ha nulla da fare con l’umorismo” (p. 27) “L’antichità non ebbe, né poteva avere letteratura umoristica. Aristofane fece la satira dei sofisti, Luciano degli dèi.
L’uomo che cerca di ribellarsi invano al suo destino è come la lumaca che “gettata nel fuoco sfrigola e pare ridere, invece muore”. Così Atene muore nell’amara risata di Aristofane.

Ma vediamo il testo
Sull’orchestra entrano i due servi del popolo. In fondo all’orchestra si vede la casa del popolo
Il primo servo identificabile con Demostene lamenta la sventura toccata a lui e al suo compagno servo II (Nicia): un terzo servo Paflagone, un cattivo acquisto recente, infligge continuamente botte agli altri servi- plhga:" ajei; prostrivbetai toi'" oijkevtai" (5)
Il servo II lo chiama il primo dei Paflagoni, e ne lamenta le calunnie.
I due si lamentano insieme mumu' 6 volte. Poi cercano di concordare una reazione. Una prova dell’esistenza degli dèi è che “io sono in odio agli dèi” (34) dice servo II.
Servo I poi descrive il padrone: Dh'mo" Puknivth", Popolo di Pnice (la sede dell’assemblea) duvskolon gerovntion, un vecchietto scontroso (42) ujpovkwfon un po’ sordo-kwfov", sordo. E’ un masticafave kuamotrwvx (41). Si accedeva ai pubblici uffici, una fonte di reddito per i più in questo stato assistenziale, grazie a un sorteggio effettuato con le fave kuvamo" e trwvgw, rodo.
Cfr. Il Gerontion di Eliot (1920) Here I am, an old man in a dry month,/ being read by a boy, waiting for rain” 1-2. Non è stato at the hot gates, alle Termopili, My house is a decayed house (7) e il padrone è the Jew, l’ebreo rannicchiato sul davanzale
E’ a dull head among windy spaces (16), una testa intronata fra spazi ventosi. Aspetta un segno. Nella giovinezza dell’anno venne Cristo la tigre nel maggio depravato per essere spartito, mangiato e bevuto. Ma prevalgono personaggi equivoci come mr. Silvero, l’affarista omosessuale with caressing hands (25) e altri che origliano. Dopo tale conoscenza che cosa è il perdono? La storia è un labirinto con passaggi nascosti e corridoi tortuosi. L’eroismo è figlio di vizi innaturali i delitti impongono le virtù.
E’ la confusione morale, estetica, quella dove sguazza Paflagone appunto. La tigre balza nell’anno nuovo.
 The tiger springs in the new year. Us he devour 51.
Il vecchio si è irrigidito in a rented house (54) in una casa d’affitto
Ha perso beauty in terror, terror in inquisition (60) e
I have lost my passion: why should I need to keep it
Since what is kept must be adultereted? (61-62)
Altri protract the profit, prolungano il profitto
Tenants of the house, padroni della casa
Thoughts of a dry brain in a dry month (79-80)
Aridità, confusione, impotenza. Profittatori

Dunque il padrone ejprivato dou'lon (44) ha comprato un nuovo schiavo bursodevyhn Paflagovna, il conciapelli P.-buvrsa e devyw, stropiccio, uno capacissimo di tutto- panourgovtaton- e calunniosissimo. Costui si è messo a carezzare e adulare il Popolo e gli ha fatto il dono del triobolo e[ce triwvbolon (51). Cleone dopo Sfacteria nel 425 aveva alzato la paga degli Eliasti da due a tre oboli. Sicché lo nutre rubando i piatti preparati dai due colleghi
Servo I (Demostene) aveva impastato a Pilo ma'zan lakwnikhvn (55) una focaccia laconica, Paflagone gliel’ha rubata e ha imbandito lui th;n uJp j ejmou' memagmevnhn (57) quella impastata da me (mavssw).
Rincitrullisce il vecchio, poi spaccia calunnie kav/ta mastigouvmeqa e poi noi prendiamo le frustate. Nulla gli sfugge dice servo II; tiene una gamba a Pilo e una in assemblea. Con tale scoscio il prwktov" si trova Caoni (popolazione dell’Epiro) ejn Cavosin con il doppio senso dericato da cavskw, sono aperto, gli aperti, i busoni in bolognese, le mani tra gli Etoli, etimologizzato con aijtevw , i petulanti, la mente tra i Clopidi, abitanti di un villaggio del nord est dell’Attica, etimologizzato con klophv, furto, significa tra i ladri (79)
Droysen istituiva un’analogia fra Cleone e il “selvaggio Mario”, o peggio ancora il “sanguinario Robespierre”[2].


CONTINUA


[1] Mostro che si ciba di carne umana.
[2] J. G. Droysen (1808-1884), Aristofane (del 1835), (a cura di Giovanni Bonacina), p. 33. dell’Introduzione.

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